Il legame fra mutui e spread: Castelli o Padoan?

26 Novembre 2018 di Stefano Olivari

Lo scontro sulla correlazione fra spread e mutui fra il sottosegretario all’economia Laura Castelli e l’ex ministro Pier Carlo Padoan, avvenuto a Porta a Porta, è stato uno dei video più cliccati e inoltrati degli scorsi giorni. Un po’ per l’argomento di stretta attualità e un po’ per lo scontro di maschere, di caratteri, che fa la gioia di giornalisti e pubblico: da una parte la giovane Cinque Stelle un po’ arrogantella, quasi fiera di non avere esperienza né un grande curriculum al di fuori della politica, dall’altro l’economista consulente di più governi (già in pista con D’Alema) e con tanti incarichi internazionali, dall’OCSE a tutto il resto, con tutta la sicurezza della competenza. Materia del contendere, appunto, il legame fra spread BTP-Bund e tassi dei mutui, evidentemente quelli a tasso variabile o quelli a tasso fisso di futura erogazione. Interessante il tema, perché la casa interessa sempre, ma anche interessanti anche le reazioni del popolo della rete, che a parte qualche ultras pentastellato del genere ‘scie chimiche e No Vax’ si è schierato dalla parte di Padoan, sfottendo la Castelli e la sua laurea triennale (in realtà la laurea triennale andrebbe sfottuta in quanto tale, un mostro che ha generato solo confusione). Eppure la Castelli non ha torto, anche se da lei ha preso le distanze quel Sole 24 Ore di cui aveva citato un grafico che ci permettiamo anche noi di riportare.

Nella sostanza il grafico mostra che l’andamento dell’Euribor a un mese è nel medio periodo insensibile alle variazioni, anche violente, dello spread: in altre parole, questa ossessione di ‘Tutto lo spread minuto per minuto’, che preso anche i pensionati che fino a ieri leggevano solo DiPiù, è infondata e nel presente ha ragione la Castelli. Padoan infatti non la contraddice sull’Euribor ma fa invece un discorso generale da professore, dicendo che l’aumento dello spread fa diminuire il valore degli attivi delle banche (esempio: i BTP che per motivi anche politici le banche italiane hanno nella pancia possono valere di meno, anche se ci sono correnti di pensiero che sostengono che sarebbe più corretto valutare il titolo a scadenza), traendo poi una conclusione da politico dicendo che le banche in difficoltà sarebbero costrette ad aumentare il costo dei finanziamenti e quindi anche i mutui per noi del popolo che andiamo in difficoltà anche soltanto a pagare DAZN. In realtà le banche possono andare male per tanti altri motivi, tipo finanziamenti al Ligresti della situazione o proprie partecipazioni in società gestite da cani, e la minor valorizzazione dei titoli di Stato italiani che detengono è soltanto uno di questi, per quanto importantissimo.

Secondo la Banca d’Italia lo scorso luglio le banche italiane detenevano titoli di stato italiani per circa 373 miliardi di euro (in pratica il 16% dell’intero debito pubblico) e avevano sofferenze lorde (probabilmente sottostimate) per circa 127: è quindi chiaro che un problema di credibilità dello Stato italiano ha sui loro bilanci un impatto più immediato di un debitore insolvente, ma anche minore in termini percentuali: una diminuzione del valore dei BTP, se proprio li volessimo vendere oggi in perdita, sarà sempre meglio dello zero ricavabile da un debitore insolvente o del 25% di un debito da ristrutturare e di un NPL (Non performing loans: crediti di difficilissimo recupero) affannosamente venduto. E l’Euribor, da cui è nato questo scontro televisivo? Essendo un tasso interbancario europeo, che ovviamente cresce al crescere della scadenza del prestito (l’Euribor a 12 mesi è di solito più alto di quello a 6, quello di 6 di quello a 3), dipende solo in minima parte dai problemi dell’Italia e quindi l’eventuale aumento dei tassi per i mutui futuri, variabili (quindi agganciati all’Euribor) o fissi, sarà legato più all’incapacità delle banche stesse che al cattivo andamento dei titoli di Stato. Il tasso del nostro mutuo non dipende quindi in senso stretto dallo spread, ma dalla situazione finanziaria di banche che potrebbero avere la tentazione di aumentare lo spread (un altro…) rispetto all’Euribor per finanziare la propria incapacità o il dovere di interventi politici a sostegno di questa o quella azienda.

Poi è chiaro che in linea teorica e pratica più spread significa più spesa per interessi per lo Stato e più difficoltà nel collocamento di nuove emissioni, come si è visto in questi giorni. La prima mossa è di solito quella di costringere in vari modi le banche a caricarsi di ulteriore debito pubblico, in qualche modo minando la loro gestione caratteristica. Da qui i danni per il consumatore del futuro, parlando di mutui, ma stiamo parlando di movimenti abbastanza lenti. Più veloci potrebbero essere i ricarichi al confine dello strozzinaggio per quanto riguarda il credito al consumo, già adesso oltre l’8% di tasso medio. Conclusione? Parafrasando la citatissima ma poco compresa frase di Sciascia: in generale né con la Castelli né con Padoan. Ma sui mutui in senso stretto la ragione pende dalla parte della Castelli. E comunque non resistiamo lo stesso alla tentazione del ‘Di qua o di là’: Castelli o Padoan?

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