Hacker russi di Midterm: Trump ha vinto o perso?

6 Novembre 2018 di Indiscreto

In base al risultato delle elezioni di Midterm potremo dire se gli hacker russi hanno influenzato o no il voto americano, dopo aver fatto vincere i Cinque Stelle, la Brexit, Bolsonaro e avere alterato anche alcune assemblee di condominio della periferia ovest di Milano (anche le ripartizioni millesimali vengono decise a Novosibirsk). In attesa di Inter-Barcellona e della Maratona Mentana segnaliamo intanto che secondo alcune indagini i cattivi Stati Uniti e la pessima Italia rimangono fra i paesi meno orrendi del pianeta. Uno dei parametri, secondo noi il primo ma per tutti sicuramente fra i primi, è la libertà di espressione sul web. In questo senso secondo il report della Ong Freedom House la situazione è nell’ultimo anno peggiorata in 26 dei 65 paesi analizzati e migliorata in 19.

Negli Stati Uniti la libertà sul web è diminuita, ma il paese rimane (rimarrebbe) comunque in questo senso fra i più liberi al mondo dopo Islanda, Estonia, Canada, Germania e Australia. Al decimo posto l’Italia, dove la situazione è rimasta stabile, moltissimo indietro la Russia e agli ultimi tre posti Etiopia, Iran e, avete indovinato, Cina. Nei paesi dove si commettono il maggior numero di violazione alla libertà sul web la legislazione e i controlli si basano ufficialmente sulla necessità di ridurre il numero di fake news. In altre parole il supercontrollo tanto invocato da alcuni vip nostrani, quando basterebbero normali querele per diffamazione, altro non è che autoritarismo mascherato. Ed infatti esiste soprattutto in paesi pericolosi e al tempo stesso ridicoli, ammirati da politici pericolosi e giornalisti ridicoli. Tutto giusto, però…

Piccola nota su Freedom House, citatissima dai giornalisti di tutto il mondo per supportare una propria tesi (e noi non facciamo eccezione) o per spacciare per articoli comunicati rimasticati (nel calcio questo succede con il mitico CIES, una volta con l’IFFHS, ma in questi casi parliamo di realtà che valgono il bar sotto casa): si tratta sì di una ong fra le più prestigiose (nel 1941 fra i fondatori Eleanor Roosevelt) e con l’obbiettivo, difficile e lodevole, di misurare la libertà di espressione nel mondo, ma è finanziata quasi interamente dal governo americano e non c’è bisogno di essere Giulietto Chiesa per saperlo. In altre parole, potrebbe essere uno dei tanti strumenti con cui gli Stati Uniti effettuano divisioni fra buoni e cattivi e le fanno interiorizzare al resto del mondo. Insomma, report da leggere con interesse ma usando il proprio cervello. Certo la battaglia contro le fake news è autoritarismo puro, non c’è bisogno di veline filoamericane per ammetterlo. Ah, signora mia, i giornali di una volta che troncavano e sopivano con classe e grandi reportage. Quelli sì che erano articoli, e pazienza se i lettori leggevano soltanto necrologi e orari dei cinema.

Ci siamo fatti trascinare dall’entusiasmo, in realtà volevamo soltanto proporre un ‘Di qua o di là’ sulle elezioni americane riguardanti tutta la Camera e un terzo del Senato. Visto che si tratta anche di un referendum su Trump, a due anni dall’inizio del suo mandato, la banale contabilità direbbe che il presidente USA potrà dirsi vincitore se i repubblicani conserveranno la maggioranza sia alla Camera sia al Senato. La situazione per lui peggiore sarebbe ovviamente perdere entrambe le camere, cosa che al di là degli editoriali giornalistici permetterebbe l’impeachment per qualsiasi cosa (hacker russi compresi). Un pareggio negativo per Trump sarebbe conservare il Senato e straperdere la Camera, mentre uno accettabile sarebbe perdere sì la Camera ma di poco (è ciò che dicono i sondaggi, fra l’altro), in modo da staccare la sua immagine da quella del partito. La domanda è quindi chiarissima, anche se la risposta potrebbe essere difficile: Trump ha vinto o perso queste elezioni di Midterm?

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