Miami più temibile di Riad

31 Ottobre 2018 di Stefano Olivari

Chissà se il grande calcio europeo riuscirà a portare stabilmente in America alcune sue partite ufficiali, di sicuro Infantino è diventato il primo nemico di Barcellona-Girona a Miami (ma stranamente non di Juventus-Milan di Supercoppa in Arabia Saudita, il prossimo gennaio) e non vuole creare precedenti pericolosi, con club che rinforzino troppo la loro visibilità mondiale oscurando quella della nazionali e dei tornei che il presidente FIFA ha in mente (primo fra tutti una Nations League planetaria, del resto lui era stato insieme a Platini fra gli ideatori di quella europea). Di certo il football si prepara ad invadere l’Europa, visto che dalla prossima stagione le partite NFL, partite del campionato e non amichevoli, disputate a Londra diventeranno quattro, dalle tre (più quella da giocarsi a Città del Messico) di questa già disputate a Wembley. La lega probabilmente meglio amministrata del mondo, dove l’equilibrio competitivo non è un argomento da bar ma una realtà (9 diversi vincitori negli ultimi 10 tornei, ognuno faccia i confronti del caso), ha annunciato che le partite londinesi passeranno da 3 a 4 (come nel 2017, per metà a Twickenham) di cui 2 nel nuovo stadio del Tottenham e 2 a Wembley. Confermata la trasferta messicana e porta aperta anche per una sesta partita. Ma il calcio rimane un’altra cosa, anche per la banale considerazione che si gioca ad un livello decente in mezzo mondo mentre il football americano no. Infantino parla per convenienza, come tutti gli esseri umani, ma non ha torto. Certo fa ridere, o piangere, che ci si pongano problemi per Miami e non per Riad. Vale anche per i giornalisti, indifferenti al fatto che un loro collega sia stato fatto a pezzi dai sauditi. Cosa ci importa? L’importante è viaggiare con la squadra.

2. Dopo la sostanziale uscita di scena anche di Calgary davvero Milano-Cortina 2026 rischia di diventare una realtà. Speriamo con un antidoping più serio rispetto a quello del calcio o anche soltanto a quello dei recenti Giochi Invernali a PyeongChang, dove gli atleti risultati positivi sono risultati 4 (due russi, un giapponese e uno sloveno) su 3.100 controlli effettuati, poco più dell’1 per 1000… Insomma, una farsa a livelli Acqua Acetosa dei tempi che portarono alle dimissioni di Pescante dalla presidenza del CONI. Una farsa certificata dallo scoop della ARD, che ha mostrato un documentario riguardante proprio una delle sale antidoping dei Giochi coreani. In pratica si vede come nella realtà le provette passino in mani non identificabili, senza alcuna tutela e con moduli di accompagnamento nella più totale confusione. In altre parole, la WADA dovrebbe vergognarsi mentre invece continua incredibilmente a godere di buona stampa, essendo espressione di quel mondo angloamericano che sa come colpire mediaticamente i nemici: in Corea serviva dimostrare che senza i russi cattivi (ammessi solo pochi e a titolo individuale) lo sport era tornato pulito, missione compiuta. Il problema non è quindi solo che a PyeongChang ci sia stata una percentuale di dopati inferiore a quella di alcuni tornei aziendali, ma che i pochi trovati colpevoli in questo e in altri casi potrebbero tranquillamente far ribaltare la sentenza.

3. Il fatto che l’ottavo scudetto consecutivo della Juventus sia pagato a 1,16 non deve sorprendere, vista la differenza di cilindrata fra i bianconeri e le presunte concorrenti. Magari, con i playoff… ma in un campionato andata e ritorno riteniamo anzi che un rendimento del 16% (più della media annuale dei guadagni del fondo di Warren Buffett) sia notevolissimo. Se avessimo soldi veri li metteremmo lì. Come curiosità segnaliamo che Napoli e Inter pur a pari punti in classifica sono viste dal mercato (fatto da scommettitori reali, non dal rating di Moody’s o da commentatori cattivi) in maniera diversissima: la squadra di Ancelotti a 7,50 e quella di Spalletti a 14,00. Numeri interessanti, perché le quote vengono fatte dai soldi veri dei sindacati e non dallo sfaccendato di Secondigliano o Carugate. Non significa che abbiano un fondamento sportivo esatto, non ci sono Happel e Michels a decidere le quote, ma che il mondo degli scommettitori la pensa così. Il bookmaker si limita a ripartire il rischio, bisogna dirlo a chi cita le quote come se fossero previsioni.

4. Al netto di tutte le questioni di politica sportiva ma anche di politica pura, visto il sostegno di troppi alle non ragioni delle squadre del proprio territorio, tutto il calcio italiano sembra adesso compatto verso la difesa della serie B a 19 squadre. Tutto tranne i sei club che a vario titolo tuttora ambiscono ad essere ripescati e aspettano metà novembre come nuova data di svolta anche se adesso, dopo l’accettazione di Gravina della sentenza del Consiglio di Stato, il tempo lavora contro di loro. L’unico con più di una speranza rimane l’Entella, con la situazione da settimane oltre i confini della realtà: né in B né in C, dove è stata bloccata, in attesa di istruzioni, dopo la prima partita. Non è fantacalcio ipotizzare che il club ligure dovrà avere in ogni caso almeno i quasi 5 milioni fra diritti tivù e mutualità con la A che avrebbe avuto rimanendo in B. Ma è chiaro che un’altra piazza, più portata ai forconi di quanto lo sia la gente di Chiavari, sarebbe stata trattata diversamente.

5. De Laurentiis o non De Laurentiis, è imbarazzante che al San Paolo ci fossero soltanto 30.037 spettatori per Napoli-Roma, con prezzi abbastanza bassi e pochi giorni dopo la notevole partita giocata a Parigi. Visto che la squadra è in Champions League, bisogna dire che forse del calcio importa meno di un tempo, quando si facevano 75.000 abbonamenti per Beppe Savoldi. Poi De Laurentiis grazie alle televisioni ci guadagna anche, ma l’ambiente è deprimente come la retorica sul grande pubblico napoletano smentita dai fatti. Certo se facessero lo stadio dei Puffi, da 40.000 spettatori, sembrerebbe quasi pieno.

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