L’acqua di Chiara Ferragni

12 Ottobre 2018 di Indiscreto

È più surreale la Evian che vende a 8 euro le bottiglie marchiate Chiara Ferragni o la polemica nazionale sulla Evian che vende a 8 euro le bottiglie marchiate Chiara Ferragni? Risposta esatta la numero due, ma non ditelo a quel senatore di Fratelli d’Italia che rivolto un’interrogazione al ministro dell’ambiente o al presidente del Codacons, Rienzi, che ha accusato la Ferragni di una pratica illegittima, in quanto  avrebbe influenzato il prezzo delle acque minerali. Da lì un botta e risposta fra Fedez e il Codacons che ha rivalutato Tina Cipollari ma dove la ragione era chiaramente dalla parte del rapper di Citylife, che ha osservato come sul mercato da anni ci siano acque che costano molto di più, anche 100 euro la bottiglia, senza che abbiano scatenato l’indignazione del Codacons. Su tutto la banale considerazione che comprare la Evian marchiata Chiara Ferragni non sia un obbligo costituzionale come il Fiscal Compact. E quella ancora più banale che l’operazione Ferragni-Evian risale ad un anno fa e se ne sta parlando soltanto per le reazioni tardive.

Ma al di là della infelice vita di chi su Twitter insulta le celebrità, soprattutto quelle di cui si deve parlare male per sembrare superiori (ma superiori rispetto a cosa?), il discorso sulla Evian a 8 euro è interessante. Intanto perché stiamo parlando di un’acqua che in Italia è poco diffusa (giudizio personale: non è nemmeno buona, fra le naturali molto meglio la Levissima o la San Benedetto anche se noi siamo dell’altro partito e beviamo solo San Pellegrino) e che grazie alla Ferragni, anzi ai Ferragnez, ha fatto parlare di sé come non sarebbe riuscita a fare con campagne milionarie (non che al gruppo Danone manchino i soldi), e poi perché l’acqua minerale è un business che non sta esplodendo soltanto nel terzo mondo, come sarebbe logico (con acqua corrente malsana chi ha un minimo di soldi cerca di evitarsi malattie), ma anche in molti paesi civilizzati. Fra cui l’Italia, dove da qualche anno siamo stabilmente sopra i 200 litri di acqua minerale consumata pro capite. Un dato notevolissimo, vista l’enfasi che in alcune regioni viene messa sull’acqua potabile (ci viene in mente la Toscana) e sul fatto che molti per ideologia preferiscano l’acqua del rubinetto anche in zone dove sarebbe sconsigliabile.

Poi Gianpietro Maffoni, il senatore di Fratelli d’Italia dell’interrogazione, dice anche cose giuste citando il numero di bambini, quasi 4.000, che ogni giorno muoiono per scarsità d’acqua, ma questo non c’entra con un’acqua venduta ai fan della Ferragni o con quelle che quasi ogni stilista del pianeta, da Armani a Versace, ha firmato, visto che stiamo parlando di infinitesimi del totale. Ci ricorda il nonno quando ci obbligava a finire un piatto tristissimo con la motivazione che in Africa stavano morendo di fame: mai salvato nemmeno un bambino finendo quelle minestre. Una delle basi dello spreco idrico, nel primo, secondo e terzo mondo, è l’allevamento intensivo: perché Maffoni, Rienzi e i loro sostenitori non marciano contro il consumo di carne?

Non bisogna poi sfuggire al discorso strettamente riguardante Chiara Ferragni: a molte persone non va giù che una ragazza carina e intelligente, ma come tante, abbia creato un business unicamente attorno al suo nome. Peraltro senza rubare soldi a nessuno, ma chiedendoli gentilmente (è il mercato). Significa, come minimo, che chi la consiglia è intelligente, o che addirittura potrebbe essere intelligente lei. Non è che uno straccio di uno stilista o, peggio ancora, il suo merchandising per tamarri sia eticamente superiore alle acqua della Ferragni, imprenditrice non meno brava di Prada o Gucci.

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