Italiani in panchina con il cellulare

1 Ottobre 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal meraviglioso museo egizio di Torino per sapere dal faraone più famoso quali sono gli dei che non vogliono le nazionali a Torino. Ci eravamo andati col basket e la Croazia ci ha buttato fuori dal sogno olimpico. Ci siamo tornati con la pallavolo che stava infiammando l’Italia e non abbiamo trovato la strada per arrivare alle finali perché i serbi hanno fatto un partitone, mai più ripetuto e infatti se ne sono andati a casa senza medaglie, mentre la Polonia, come si è visto, era lo squadrone da battere e se ne sono accorti i brasiliani in finale, oltre a tutti i maligni che pensavano al sorteggio favorevole quando abbiamo trovato polacchi e serbi e non americani e brasiliani che intanto spupazzavano i russi che ci avevano fatto a pezzi. Gli invidiosi degli altri sport avranno gioito per queste lezioni slave e forse anche quelli del basket che mal sopportavano tutti gli elogi per un mondo come quello del volley che cammina più avanti del basket, pur non pretendendo di essere un altro sport.

Allo stesso faraone abbiamo chiesto cosa mangiano e cosa bevono i belgi se hanno una staffetta 4×400 maschile da podio mondiale, una delle più grandi atlete dell’eptathlon, le donne del basket arrivate quarte al Mondiale di Tenerife, ciclisti favolosi e forse hanno in casa anche il nuovo cannibale come si è visto ad Innsbruck, mentre nel titolo mondiale dei pallavolisti polacchi hanno messo un loro cervello, certo dopo quelli italiani che avevano scoperto il tesoro dei grandi atleti di quel paese come vi diranno i competenti di atletica. All’accademia dei maestri dello sport, che ricorderanno giustamente Onesti, chiediamo anche un’indagine su questo Belgio stradiviso fra fiamminghi e valloni, nella speranza che possano dare ispirazione al maestro La Torre che ha accettato la patata bollente della nostra piccola atletica che deve reclutare meglio, come del resto il basket.

Cari faraoni, avrete anche sentito questa storia dei cellulari aperti anche negli intervalli, il grido di dolore di Romeo Sacchetti che, come tanti suoi colleghi di molti sport inquinati da questi apparecchietti del diavolo, non ne può più di spogliatoi invasi dai telefonini, con giocatori collegati a tutto meno che a quello a cui dovrebbero pensare. Non se ne può più di pranzi e cene dove si mangia insieme, ma, in realtà, quasi tutti sono collegati con un mondo esterno alla squadra. Di certo non era un problema ai tempi in cui si costruivano le piramidi, anche se il sospetto che avessero già inventato qualcosa di simile ci è venuto girando fra le stanze del museo.

L’abbiamo presa larga, scrivendo di notte, perché il lunedì di questa rubrica è stato invaso dalla presentazione del campionato di basket dove la supercoppa ha mandato un messaggio ai naviganti dopo la terza vittoria consecutiva dei pretoriani di re Giorgio, dell’Armani che, anche questa volta, partirà in campionato con la convinzione di poter fare tutto quello che vuole mentre le sue avversarie faranno quello che potranno. Eh sì, il Pianigiani belli capelli ha messo insieme una squadra che sfrutterà il vissuto dell’ultimo anno e, in più, ha aggiunto tre giocatori davvero bravi ed importanti: ci piace tantissimo Nedovic, siamo convinti che Jeff Brooks sarà con il chirurgo Micov il vero collante del gruppo, mentre su James non scopriamo nulla di nuovo salvo il fatto che quando costava poco lo abbiamo lasciato andare e lo abbiamo riportato in Italia pagandolo anche più di Zaytsev che non scherza come compensi se prende quasi un milione di euro giocando a pallavolo.

Grazie al faraone abbiamo anche trovato la macchina che ci ha portato da Torino a Brescia per vedere il nuovo palazzo che è stato rifatto nell’arena che un tempo fu della bellissima squadra di Pedrazzini e Sales e che ora è il regno di una società bella, dinamica, simpatica anche se la partita persa in semifinale contro Milano ha fatto scoprire che le distanze dal vertice sono aumentate se pensiamo alle semifinali scudetto perse l’anno scorso con Milano dopo dura battaglia. Bella atmosfera, bel palazzo dove, finalmente si respira anche se fuori fa caldo. Col Pala Vela di Torino, il Forum, il Pala Dozza, se faranno funzionare quello che aveva pensato Enzo Lefebre, ci stiamo allargando verso la civiltà per gli sport al coperto. Pazienza se su altri 13 campi sarà forno e invece di pallacanestro si giocherà con il pallone saponetta.

Peccato che per la finale non ci fosse il pienone. Ma Tamberi, un grande del salto in alto a cui il basket piace come anche a Paltrinieri divinità del nuoto di fatica, e quelli dello Stato Sociale ci hanno tenuto compagnia e fatto divertire, soprattutto i cantanti bolognesi secondi a San Remo perché quando si sono tolti la giacca avevano sotto la maglia della Fortitudo, giusto omaggio ad una grande del nostro basket che intanto respira libero dopo aver vinto la supercoppa di A2 battendo Casale Monferrato nella sua casa al Madison di piazzale Azzarita.

Nella notte del terzo sigillo consecutivo dell’Armani eravamo soltanto preoccupati di non essere capiti da un grande come Larry Brown che avrà tanto da lavorare con il suo “vecchio” e meraviglioso basket senza posti di blocco anche in spogliatoio, con l’idea che non si deve abusare con il tiro da tre anche se poi la Milano vincente, in finale, ha tirato 34 volte dall’arco mentre Torino ne ha fatti soltanto 15. Certo che ha vinto la squadra campione d’Italia, ma per un quarto ha sofferto e nell’ultimo ha scoperto che la vecchia malattia dei super ricchi di considerare chiuse le partite prima che finiscano resta anche in questa versione bellissima di una squadra che in eurolega farà la sua bella figura, a patto che tutti si ricordino che non ci possono essere pause nelle caccie che danno lo stipendio e la gloria.

Brescia e il suo nuovo mondo, dai saloni vanvitelliani per la coppa al monastero eretto, ai tempi in cui i telefonini tacevano, dall’ultimo re longobardo Desiderio per scoprire il nuovo del campionato che ci sembra vecchio anche se ci sono 100 giocatori nuovi. In quelle sale è stato presentato il “futuro” nella speranza che sapendo già chi sono i padroni si tiri a campare cercando, come dal primo giorno in cui l’organizzazione Armani ha deciso che doveva fare qualcosa per la squadra della città con più scudetti. A proposito, avrete sentito del nuovo Monza di Berlusconi e Galliani. Con quei soldi la polisportiva che un tempo era il sogno del cavaliere avrebbe vissuto alla grande per anni. Peccato.

Scriviamo di notte perché avevamo paura di cedere all’emozione. Arrivando a Brescia abbiamo pensato a come sarebbe stato felice Ersilio Motta, grande amico, eccellente collega del Giornale di una città che ancora aspetta di sapere chi l’ha ferita davvero, che sognava giornate come quelle che fanno vivere la Bragaglio e la sua squadra. Motta che ci portava a Botticino Mattina per far capire il mondo dell’ex calciatore Padrazzini diventato ricco e poi presidente del basket, per sostenere il barone Sales, per farci scoprire un mondo che non era illuminato soltanto da buoni vini e cene eccellenti, ma dove c’era entusiasmo, affetto, c’era il basket che non avremmo mai voluto diventasse un altro sport. Motta il rugbista che ai Mondiali di Manila ci teneva allegri raccontando le storie della palla ovale affermando, senza voler essere smentito e lo confermeranno anche lassù, che quando è stato chiamato e gli hanno chiesto se avesse meritato il paradiso e l’inferno lui non avrebbe avuto dubbi: “Carissimi santi protettori, per chi ha giocato a rugby come pilone e vissuto la mischia l’inferno è già stato frequentato per cui adesso fate voi, ma per meno del paradiso non accetterei nessuna collocazione”.

Della presentazione del campionato, se riusciranno a darci qualche emozione, vi riferiremo più avanti, ma, come diceva la regina d’Inghilterra che doveva autorizzare lady Viola de Lesseps a sposare lord Wessex, magistralmente interpretato da Colin Firth, serviranno più dei fuochi d’artificio di parole ben dette per farci credere che, alla vigilia del viaggio europeo per molte delle nostre squadre, Milano partirà il 12 ottobre da Podgorica, tutti quelli che lavorano in questo sport stanno facendo del loro meglio anche se adesso la Federazione e la Lega hanno comprato sulla Gazza lo spazio che già si era presa il volley, anche ora che, per l’ennesima volta, sembra che il futuro sia legato ad un canale basket, tipo quello del tennis, quando invece servirebbe spendere per mandare in giro gente che recluta e insegna. Nella finale di supercoppa davanti a Sacchetti e a Petrucci i due quintetti base non avevano un giocatore italiano in campo e vi diremmo una bugia se dovessimo giurare che ci ricorderemo degli italiani che hanno giocato, con tutto il rispetto per Poeta e con tutte le speranze che abbiamo per vedere Della Valle diventare un giocatore completo.

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