Il rating europeo dell’Armani

20 Ottobre 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dal tavolo traballante di quello che fu il ristorante del vero Duranbeis al Pireo, la culla del sano basket ateniese, vista protetta sul palazzo della Pace e dell’Amicizia, anche se non risulta che dentro quell’arena ci sia mai stata pace ed amicizia. Nostalgia canaglia dei tempi in cui il vecchio Duranbeis scopriva con entusiasmo che Arnaldo Mussolini, inviato del Gazzettino, era il nipote di Benito, notti senza fine inseguendo tartufi di mare anche se non con la voracità di Claudio Pi che adesso, per chi lo segue sul suo splendido blog, ama andare a funghi animando un mondo che sembra quello dei Kingsman di Colin Firth dove le specie sono ben protette e rispettate. Atene e i miracoli di Galis e Yannakis, ma anche di Fassoulas e della gente in tribuna, come vi direbbero i russi e non soltanto loro. Tutto questo per farvi capire che le trasferte nella terra della lingua geniale, come scrive la signora Andrea Marcolongo, non sono mai state facili, dai tempi in cui Varese si trovava i proiettori di luce in faccia dentro lo stadio dove giocava l’AEK che adesso è affidato a Luca Banchi, l’ultimo dei viaggiatori viaggianti con Milano che abbia saputo tener testa ai greci.

Preambolo necessario per far diventare cartolina di auguri la partitona dell’Armani sul campo dell’Olympiakos che, per molti, era la miglior difesa di eurolega, una squadra che già assomigliava al pitbull Blatt, un allenatore che ha fatto sempre benissimo. Ne ha presi 99 di punti, giocando in casa. Se questo non è un vero messaggio alle grandi dell’Eurolega allora non ce potranno essere altri di più efficaci. Lo sanno benissimo il CSKA, con i suoi sbalzi d’umore, e il Fenerbahce.

Atene dove in pratica finiva la storia di Julio Velasco con la pallavolo maschile italiana ribaltata, esaltata, emancipata. Non tanto tempo dopo sarebbe partito il progetto donne del sommo maestro argentino, italiano di Modena, con la stupenda invenzione del Club Italia. Chi ha sofferto, gioito con le azzurre, lo squadrone con età media sotto i 23 anni che ha illuminato il Mondiale, capirà la fortuna del volley e la sventura del basket che davanti a certe scelte tentenna sempre e adesso non può che morire d’invidia per questi della pallavolo che fanno ascolti e vincono abbastanza per essere credibili, splendidi messaggeri della multietnicità di società che si devono evolvere senza frontiere anche se pure da loro dicono “prima gli italiani”: vogliono però misurarli sul campo. Speravamo che Tanjevic, altro genio, avesse sul nostro basket lo stesso impatto di Velasco, ma si è trovato circondato da indiani piccoli piccoli e non è che puoi batterti con tutti.

Ma torniamo al Pireo e al Simone Pianigiani che guarda il cielo dal charter con un certo tremore, perché il ritorno a casa meritava il trionfo davanti ad Armani imperatore, ma accidenti a Siena hanno organizzato un Palio straordinario proprio per il sabato che doveva essere dedicato agli elogi e la sua Lupa, vincitrice ad agosto, era sul Campo. Ne riparleremo lunedì e se dovesse rivincere, be’, allora la maga Circe è davvero diventata la sua musa.

Concessa la pausa mistica, ma non possiamo e non potremo dimenticare questa partita che è il messaggio di Milano all’Eurolega: ci siamo anche noi e non ci fa paura nessuno. Giusto. Dovevano metterli insieme i tre dell’Ave Maria per arrivare a dare una prova di tale potenza, mandando al diavolo noi criticoni che vedevamo sempre crepe nella difesa, qualche debolezza nel restare concentrati per 40′ e il Real Madrid lo aveva scoperto al Forum anche se per avere lo scalpo Olimpia ha dovuto chiedere qualche aiutino. Reagire così alla prima sconfitta dell’anno, andare ad Atene e dominare con un Micov straordinario nella prima parte, un James caterpillar nella parte del fuoco, al centro della sfida, trovando in Nedovic il suonatore che ha fatto diventare quasi tutti principi i suoi compagni in campo. Capolavoro di gruppo dove persino il Jerrells che ci sembrava doppione pericoloso è andato bene e Kuzminskas è stato rasoio per il contropelo agli uomini di Blatt.

Ci siamo gente, forse una società italiana tornerà nelle finali di eurolega dopo 8 anni. L’ultimo ad arrivarci fu Pianigiani quando era a Siena con Minucci. Ora si arrampica sui boschi verticali della grande città e bisogna dire che quando si vanta di lavorare tante ore per studiare gli avversari non dice il falso. Lui e i suoi assistenti, partendo da Spielberg Fioretti, hanno lavorato bene se i più temuti fra i nemici hanno fatto le figuracce che tutti hanno visto: Llull annientato a Milano, Spanoulis trattato come un vecchio arnese nella sua Atene e quell’1 su 9 al tiro dice che era in serata nera, ma anche che aveva davanti le chele di una difesa che magari non aggredisce ancora a tutto campo come potrebbe, ma è organizzazione ben fatta, pazienza se Brooks, il collante, paga con i falli magari un po’ troppo presto.

Dopo le discese ardite, le risalite fatte benissimo ecco un momento di quiete, sette giorni dove Pianigiani potrebbe rimettere a posto, mentalmente diciamo, Ciancirini, finito in fondo alla panchina di coppa, così come il Burns che ormai gioca secondo centro soltanto in campionato. Se ci deve essere una critica forse è questa fretta di asciugare subito tutto, senza aspettare la primavera della verità come l’anno scorso. Ma come si fa ad essere critici con un generale che ha camminato all’Arco della Pace portando lo scalpo dell’Olympiakos che sembrava rigenerato? In giornata di maledizioni e computer rotti vi rimando all’appuntamento di lunedì.

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