Il Mike James di Omegna

15 Ottobre 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sdraiato sotto gli alberi parlanti del bosco di Piegaro, fra Città della Pieve, Perugia e il lago Trasimeno. Meglio loro dei cocoricò televisivi, radiofonici, della scrittura su carta oleata e pagata dai padroni. L’albero maestro ci dice che abbiamo fatto bene a non andare al Brianteo dove tornava Berlusconi per vedere il Monza di Galliani: sapevamo che avrebbe parlato male di Gattuso e ci avrebbe irritato. La foresta sussurra e spiega che l’unica mossa giusta di Cassano, da molti anni a questa parte, è stata di darci l’annuncio del ritiro. Peccato che abbia voluto mettere il carico delle zozzerie, tipo il sesso in ritiro, alla faccia del professionismo, dei compagni, della verità su certa gente che non cambierà mai, anche se è nata ben dotata, almeno nei piedi e forse un po’ più su, ma non tanto più in su dello scroto.

La betulla sussurra che il calcio di Mancini ci ha dato l’illusione della resurrezione. Lo sa per primo, parlando di solite illusioni italiote, questo artista che ieri ha onorato il suo presidentissimo della Sampdoria, il Mantovani che scelse Boskov e lo lasciò insegnare anche agli scettici che non capivano l’ironia, come succedeva con Liedholm. Da Trento dove il volley vola e il basket arranca il messaggio di Federica Pellegrini che assicura di riuscire a vivere fra acqua e cloro fino ai Giochi del 2020: ne siamo felici, ma poi non si lamenti se gli smemorati che scrivono e parlano in TV si dimenticheranno dei suoi prodigi, per cercare di capire perché la corsa contro generazioni montanti non darà i premi desiderati, perché, come si sarà accorta, quello che prude oggi, inserto gazza dixit, è il nuovo amore di Magnini, fingendo di non voler chiedere perché i due figli di Nettuno si sono separati.

Gli alberi che guardano verso il Lago sorridono pensando all’agitazione di SKY per l’inizio del torneo NBA: rullo di tamburi, la voce dei superstiti, il Beli e il Gallo che assicurano affetto per la Nazionale e saranno credibili se ci diranno, essendo i migliori, cosa fare con quelli che probabilmente ci porteranno in Cina, se ci assicureranno che l’amore per la maglia azzurra non è legato a nessuna sponsorizzazione e, se lo fosse, faranno anche loro come il professor Carlo Cottarelli, infamato da chi vende lucciole e le spaccia per lanterne, devolvendo il tutto alle scuole che allevano giovani talenti in uno Stato dove lo sport a scuola è quasi peggio delle vaccinazioni.

Nel bosco per sentire piangere l’albero della FIBA dopo la scomparsa di Patrick Baumann a soli 51 anni. Era a Buenos Aires per i Giochi olimpici giovanili, ahi quante esagerazioni intorno a gare che creano illusioni premature, negli anni dove si deve imparare tutto senza l’ossessione del successo. Una perdita grave per la federazione mondiale del basket, di cui era segretario dal 2002, e anche per l’organizzazione degli sport che presiedeva in nome del CIO di cui faceva parte. Dire oggi che ci era simpatico sarebbe da ipocriti e smascherato da tutti gli alberi intorno. Però stimavamo l’uomo della sfida globale, anche se esagerava e non capiva che l’eurolega di Bertomeu era già molto più avanti del mondo costruito intorno alle nazionali: non ci sono più squadre di Nazioni, ma legioni straniere, qualche lanzichenecco, molti mercenari, però appare evidente che nessun club rappresenta davvero il suo Paese e dire, ad esempio, che il basket italiano spera di rivedere una sua squadra alla finale di eurolega è un mezzo falso. Sì, certo Milano ci rappresenta come movimento. Di italiano ha il mecenate, l’organizzazione, l’allenatore, per il resto legione, bella legione, ma la realtà è questa come lo era anche Siena semifinalista col Pianigiani nel 2008 e nel 2011.

Amareggiati per non aver potuto ribattere alla sua ultima intervista, quella che Mario Arceri ha fatto per Basket Magazine, ultima trincea del basket che un tempo sognava con il settimanale di Giordani e le invenzioni bogarelliane intorno ai vecchi Giganti che fra i fondatori non avrebbero mai preso un caffè con nessuno di quelli che oggi si spacciano per continuatori della missione che, purtroppo, chiede ancora molta guerriglia e non trova conforto dal servilismo, soprattutto verso giocatori di casa nostra che recitano la parte delle vittime, ma poi sul campo arrancano. Vanno davvero piano e non progrediscono tanto o si fanno inciucchire da chi naviga appiccicato ai loro successi, cosa utile come sanno i lettori dell’inserto domenicale della Gazza, un mondo così lontano da quello che è stato magistralmente servito nelle giornate trentine.

Del basket vi parlerò poco perché siamo ancora nella fase dove chi ha sbagliato squadra, tipo Trento, può rimediare, come ha fatto l’anno scorso, dove chi pensa di competere contro Milano ha il diritto alla grande illusione, soprattutto se si batte come la Virtus o la la Brindisi della prima giornata. Cara gente, dicono gli alberi e i sassi, contro il Pianigiani belli capelli ci si dovrà accontentare delle sconfitte onorevoli. Era già più forte l’anno scorso, in Italia, anche dopo lo schiaffone preso in coppa dal Sodini e da Cantù, ma aveva un piano, quello dei generali temporeggiatori che sanno aspettare. Certo devi avere intorno tipi diversi dai mangia allenatori. Lui è stato bravo a cambiare la natura delle persone, per cui ha scelto di lavorare dopo un esilio fra il lusco e il brusco, fingendosi paggio Fernando, ma facendo capire cosa stava costruendo. Ora questa Milano, anche prima dei veri cimenti europei, ci sembra fatta bene, molto più forte dell’ultimo anno mentre le sue avversarie da noi sembrano più deboli.

La sfida Bologna-Milano, Virtus-Olimpia numero 171, ha eccitato il mondo dei cesti per la polemica a distanza fra Baraldi, plenipotenziario dello Zanetti Segafredo, e il presidente dell’Olimpia che amministra i tesori, non soltanto sportivi, di re Giorgio Armani. Mancava questo pizzico di sale su giornate insipide ma, senza voler prendere le parti di nessuno, la partita di domenica ha detto quali sono le differenze. Certo due aggiustamenti Virtus e forse non si parlerebbe di zona fuori tempo, di esperienza salutare o, meglio ancora, come dice mister caffè, non è certo su Milano che questa Bologna deve fare i suoi conti. “Ohibò, perché mai?” ha urlato dalla sua sedia il Cazzola che sfidava e batteva i colossi del suo tempo con le Vu Nere. Ora il bue che dà del cornuto all’asino fa ridere e mettere in campo le proprie competenze sembra eccessivo. I due personaggi ci vanno bene così, basta che quello di Bologna prenda qualche giocatore in più e quello di Milano tenga fede, nella scelta degli uomini, al concetto che non era certo quello dei tempi di Banchi e Repesa: noi, non io. Sapete dove porta l’ego smisurato. Spesso neppure nelle leghe minori americane ed è assurdo che qui da noi vengano idolatrati giocatori che oltre l’Oceano facevano tiro a segno e non giocavano davvero a basket.

Prima di lasciarsi per il breve tragitto delle pagelle un pensiero a Tex Winter che nel nostro immaginario è stato davvero l’uomo dei sogni per grandi campioni che il giorno del suo addio a 96 anni è stato ricordato con il rispetto che spesso manca ai campioncini d’argilla. Era un grande,lo sanno a Chicago e Los Angeles dove i Lakers erano grandi prima di LeBron, insegnava ad onorare il gioco di squadra scrivendo spartiti comprensibili anche per chi giocherebbe da solo ogni pallone.

Le pagelle come le chiedono gli alberi parlanti.

10 A Mike James, asso Armani, cresciuto sotto il figlio di Bobby Knight, se sarà così carino da non ricordare ai soloni del basket nazionale che non tanto tempo fa giocava ad Omegna per 80 mila dollari l’anno. I giocatori non vanno guardati quando segnano, ma quando giocano con l’anima.

9 A Romeo SACCHETTI per aver dimostrato che i maestri dove è stato giocatore gli hanno insegnato a mangiare quello che c’era nel piatto. Ora Cremona, con meno talento dell’anno scorso, vince credendo nella difesa che non è mai stata la fede vera anche nei tempi del triplete per chi è sempre stato a metà strada fra Guerrieri e Gamba. Bel salto. Ma, come dice Meo, meglio tenere i piedi per terra. Lo fanno in tanti, il fatto è che i giocatori preferiscono volare dove non possono.

8 Al Fabio BORGHI che si è inventato la tensostruttura per il centro dei padri Somaschi dove dovrebbe rinascere il vero basket canturino. Un segnale anche per la Cantù di oggi e per Pashutin al primo successo in campionato. Il Cantuchi era terra promessa prima che i soldi cambiassero tutto, ma il denaro, come diceva Winter, non è tutto.

7 A PAPETTI e BIANCHI che da giocatori ci facevano venire il nervoso, talenti che non riuscivano a graffiare, per la seratona che hanno organizzato, anche pensando alla beneficenza, nel ricordo delle sfide milanesi, il derby che manca. Spedite le immagini in Lega e alla FIP: il pienone al fu Palalido, poi nel fu palazzo in piazza Sei Febbraio con il Percudani che si ribellava a Rubini, quindi al fu palazzo di San Siro. Dolorosi questi “fu” e anche doloroso pensare a Jura e Kenney.

6 A RICCI e MORASCHINI due italiani che si sono fatti notare nel mare tempestoso dei nuovi stranieri che eccitano platea e critica. Il primo ci ha stupito, il secondo ci fa arrabbiare perché che fosse un talento lo sapevano in tanti.

5 Alla TERNA della sfida di BOLOGNA che si è ricordata del minuto di silenzio chiesto dalla FIP per la scomparsa di Baumann soltanto all’inizio del terzo tempo.

4 Agli ITALIANI che fanno fatica a tenere il passo cominciando da ARADORI e DELLA VALLE, i due che costrinsero Reggio Emilia a cambiare squadra, i due che in Nazionale, contro la Polonia hanno fatto qualche numero e poi in Ungheria, tre giorni dopo, sono scomparsi. Uno pesa troppo, l’altro troppo poco.

3 A TRIESTE se non cercherà fra le 2600 barche della Barcolana il maestro dei venti per tenere in linea di galleggiamento una squadra che sembra perseguitata dalla sfortuna e un po’ anche dalla supervalutazione di certi giocatori che ancora devono imparare da uno come CAVALIERO.

2 Per AVELLINO che nel finale di Cremona sembrava sfinita dai viaggi di coppa: iscriversi ai tornei europei ha un senso se poi hai i mezzi per reggere il doppio impegno, la fatica dei viaggi, i giorni con pochi allenamenti. L’allenatore Vucinic rifiuta le scuse e questo sarà un bene per tutti.

1 A BUSCAGLIA che deve sempre partire inseguendo con la sua bella Trento. Forse dovrebbe farsi benedire, ma anche pretendere di avere qualcosa che assomigli almeno a chi se ne è andato come SHIELDS e SUTTON.

0 Alla RAI suddivisione italiana degli sport se a fine stagione metterà in bilancio per fare la media ascolti la partita vinta da Cantù contro Trento alla stessa ora di Polonia-Italia di pallone da resuscitare. Masochisti sfortunati anche nelle pause, intervalli contemporanei. Avanti così mentre benediciamo EUROSPORT che riporta il basket alla sua ora, fra le 17 e le 19, lontano dal calcio, in zona franca, anche se magari non l’hanno fatto apposta.

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