Come trovare un telefono pubblico in Italia

9 Ottobre 2018 di Stefano Olivari

Esistono ancora i telefoni pubblici in Italia? Ma soprattutto: da quanto non fate una telefonata da un telefono pubblico? Di sicuro da una ventina d’anni, forse anche di più. Non è un caso che sia le classiche cabine sia i telefoni per così dire ‘scoperti’ siano gradualmente diminuiti, complice il costo ormai irrisorio delle chiamate voce effettuate da cellulari e smartphone. Un problema che non ci eravamo mai posti, nemmeno in chiave nostalgica: il pensiero delle monetine raccattate in mezzo Alto Adige per trasmettere alla Voce (dettandola ai dimafoni…) un’intervista a Pasquale Luiso dopo un’amichevole con la selezione della Val Venosta è ancora dentro di noi. Poi arriva la realtà e ti mette con le spalle al muro, sotto forma di una mezza giornata al pronto soccorso in veste di accompagnatori, in zona Città Studi a Milano, con l’iPhone che fra lavoro e telefonate di stalker ci ha abbandonato ancora prima del solito. Nel 2018, invece di aggiungere fotocamere e riconoscimenti facciali, sarebbe simpatico che la Apple inventasse batterie migliori.

Per farla breve, ci siamo trovati all’improvviso senza poter comunicare, cosa che nel mondo di oggi ci manda nel panico più di una guerra nucleare, con il dispiacere di vedere tutti intorno con i loro telefoni belli carichi. Tutti sanno come funziona al pronto soccorso: sai quando entri, ma poi i tempi si allungano in modo esponenziale e si viene giustamente scavalcati da chi sta peggio. È quindi scattata la geniale idea: “Che problema c’è? Chiamo da un telefono pubblico”. All’ingresso del pronto soccorso, dribblando barelle, infortunati e accompagnatori, ecco un telefono pubblico. Ingenuamente tiriamo fuori la carta di credito, ma nemmeno entra. L’unica scheda ammessa è quella telefonica, ma dove si comprano le schede telefoniche? Chiediamo a chiunque, nessuno lo sa. Però noi cresciuti negli anni Settanta siamo pieni di monetine nello zainetto che è la triste appendice dell’uomo moderno, così ci riavviciniamo al telefono, mentre una vecchia probabilmente già morta, piazzata lì sotto, ci guarda male. Sul display la scritta ‘Temporaneamente non funziona con monete’ o qualcosa del genere. Chiediamo a  varie infermiere dove si trovi un altro telefono pubblico ed iniziamo un giro dell’ospedale che ci porta dopo un quarto d’ora al secondo apparecchio. ‘Temporaneamente fuori uso’, o qualcosa del genere la scritta. Sempre più in affanno, vista la quantità di persone in attesa del responso medico e quindi da avvertire, cerchiamo il terzo telefono prima di renderci conto che probabilmente non esiste.

È passata mezz’ora e allora torniamo al secondo, sul display non appaiono messaggi (solo che la macchina non dà resto) e quindi magari funziona. Ci basta poter fare una telefonata urbana a una persona che poi avvertirà tutte le altre, una sola cazzo di telefonata urbana. Ma quanto costa? Boh. Inseriamo 20 centesimi, nessun segnale di vita. Proviamo con 50, sembra vada. Iniziamo la nostra telefonata ma dopo nemmeno un minuto parte il fischio che segnala di dover inserire altre monete. Un minuto di telefonata urbana a mille lire? Da segnalare ai sostenitori dell’euro, quelli che in periferia pagano una pizza l’equivalente di 20.000 lire ma poi ti dicono che risparmi sul Suv e non capisci i vantaggi della globalizzazione: dalla tua cameretta puoi shortare sul palladio e ti lamenti anche?

Vogliamo esagerare e proviamo a fare una seconda chiamata, ma il display ci dice che il telefono è di nuovo fuori uso. Forse l’apparecchio della TIM non regge più di una telefonata ogni mezz’ora. Usciamo nella fresca serata e camminiamo a caso: entriamo in un tremendo bar con sul bancone tartine che hanno visto il trattato di Maastricht e chiediamo se hanno un telefono pubblico. I due ragazzi al lavoro, asiatici di un’Asia che non inquadriamo (non cinesi, forse thailandesi), ci guardano come se li stessimo prendendo in giro. Si gira addirittura uno degli avventori incollati ai videopoker. Camminiamo un altro mezzo chilometro, quasi tutto è chiuso e in ciò che è aperto è meglio non entrare. La città ci è totalmente estranea, ma soprattutto non riusciamo a telefonare. La vera scoperta alla fine di questa giornata da ‘Ritorno al futuro’ è che tutto può funzionare anche senza stare attaccato al telefono come scemi. Non puoi dire una cosa alle otto di sera? La dirai alle undici oppure il mattino dopo.

Terminata la nostra grande avventura, la nostra vita è piena di emozioni, abbiamo voluto saperne di più. E con la puntigliosità di Indiscreto Tech abbiamo scoperto che non è facile trovare telefoni pubblici. Di base se ne vede qualcuno in stazioni, ospedali e uffici pubblici, ma davvero pochi e spesso fuori uso vista anche la loro utenza media. La pagina ‘Cerca telefoni pubblici’ del sito di TIM dà errore, ma più che altro ci interessavano i prezzi. Ebbene, per chi avesse l’idea di usare le monete gli scatti alla risposta sono due (ma perché due?), da 10 centesimi l’uno, quindi è chiaro che per telefonare occorra inserire almeno 30 euro. Lo scatto successivo avviene dopo 43 secondi, quindi si spiega il fischio sentito: ci avvertiva del fatto che c’erano soltanto 20 centesimi di credito o che comunque erano già passati 43 secondi. In sostanza una telefonata nazionale a un telefono fisso, non vogliamo nemmeno pensare al cellulare, per dirsi ‘Ciao, arrivo’ costa un minimo di 30 centesimi di euro. Sempre ammesso di trovare il telefono da cui farla. Ma quanti ne sono rimasti? Un’inchiesta del Giorno dice 770 solo a Milano, davvero molti di più di quanto credessimo. In Italia si stima che siano circa 3.000, un decimo di quanto erano nel 2010 quando la TIM iniziò l’opera di dismissione. Il passato è da rimpiangere? No. Ma il telefono pubblico, in versione riveduta e corretta (con connessione internet, presa per ricarica elettrica, eccetera), avrebbe ancora un senso.

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