NBA Store e le città tutte uguali

11 Settembre 2018 di Stefano Olivari

La NBA aprirà fra poco a Milano, in galleria Passarella, il suo primo NBA Store in Europa e la nostra anima liberale-liberista esulta: buon per chi ci lavora e per chi vuole comprare prodotti della NBA senza la freddezza dell’online. E poi non è che per far posto all’NBA Store sfrattino un’associazione di volontariato o di assistenza all’infanzia maltrattata: le attività economiche vanno e vengono a seconda della bravura di chi le gestisce e dell’esistenza di una clientela, bisogna dirlo sia agli estremisti del centro commerciale sia a quelli del negozietto sotto casa. Non stiamo facendo una marchetta pro NBA (nulla contro le marchette, comunque: Indiscreto è gratis avremmo tutto il diritto, forse anche il dovere, di farle), visto che questo tipo di negozio non è fra i primi mille dove vorremmo entrare: a dirla tutta è piuttosto triste anche l’NBA Store di New York, per quanto nobilitato dal nostro infantile entusiasmo dell’essere sul posto.

Cosa stiamo cercando di dire? Una cosa che meditiamo da qualche mese, quando a Barcellona siamo entrati nel negozio ufficiale del club blaugrana per un regalo on demand a un bambino, comprando cose che avremmo potuto comprare originali anche a Baranzate o a Locri. Insomma: le città, o per meglio dire i centri delle città, non hanno più niente di interessante se non per turisti che vengano da zone depresse.  Ma proprio molto depresse. Nel momento in cui puoi comprare tutto online avrebbe in teoria senso differenziarsi, invece le tendenza è nettamente verso l’omologazione. Non siamo più ai tempi in cui chi andava a Londra veniva bersagliato di richieste terribili (il Barbour la peggiore di tutte, per l’odore tremendo di quella giacca, l’Elisabethan Rose di Penhaligon’s la più gradevole) ma pur nello sbattimento aveva almeno l’orgoglio di essere in un posto diverso dal solito e di avere qualcosa da raccontare in periferia.

Se l’NBA Store, comunque la si pensi sull’NBA Store, c’è in pochi posti del mondo, non è invece così per i grandi marchi dell’abbigliamento, dell’elettronica, del food e per i loro numerosissimi imitatori. Una tendenza contro cui non si può ma soprattutto non si deve fare niente, perché il cliente ha sempre ragione: l’esistenza della prostituzione non è certo colpa dell’offerta di prostitute, ma della domanda. Sarebbe però interessante chiedere a un lituano, ma anche a un pugliese, perché viene a Milano a comprare una maglietta dei T-Wolves. Magari glielo chiederemo. Per fortuna una città non è fatta solo di negozi e viaggiare ha quindi ancora un senso, però un po’ meno di prima.

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