L’urina B di Schwazer e l’hacker russo Sanvito

21 Settembre 2018 di Stefano Olivari

La storia infinita del doping e soprattutto dell’antidoping riguardanti Alex Schwazer fatica ormai a conquistarsi anche solo le brevi dei giornali, ma rimane secondo noi molto interessante, quasi più per le vicende collaterali che per quella centrale. Nemmeno l’ennesima udienza al tribunale di Bolzano, una settimana fa, è riuscita a scrivere una parola definitiva sul caso. Senza metterci a riscrivere tutta la storia, queste le ultime notizie. In estrema sintesi: i RIS di Parma hanno presentato la loro perizia sui due campioni di urina di Schwazer (quelli del controllo a Capodanno 2016, A e B) e da questa perizia è emerso che non sono risultate prove assolute di manipolazione delle urine stesse, pur essendoci fra un campione e l’altro una molto differente concentrazione di DNA, oltretutto in direzione contraria rispetto alla logica (la concentrazione dovrebbe diminuire con il passare del tempo, invece è avvenuto il contrario). Il giudice, un po’ perplesso per questo colpo di scena in cui i periti hanno smentito quanto da loro stessi precedentemente sostenuto, ha preso tempo. E l’avvocato di Schwazer, Brandstaetter, ha deciso di puntare diritto sulla tesi del complotto, citando la mail di un dirigente della IAAF in cui si citava proprio l’esistenza di un complotto contro Schwazer (in realtà le parole erano ambigue e lo stesso termine ‘plot’ in inglese ha varie gradazioni di gravità, dal maneggio alla congiura). Mail per così dire rubate alla WADA da Fancy Bears’ (i presunti hacker russi, in parole povere), mail di cui aveva parlato Nando Sanvito sul Sussidiario qualche settimana prima del processo.

Ed è a questo punto che il sito Lamarcia.com, che sul caso Schwazer è colpevolista, ha accusato Sanvito, per tanti anni giornalista Mediaset (inviato sul calcio internazionale, soprattutto) e adesso in pensione ma attivo come giornalista d’inchiesta, di essere stato a conoscenza di queste mail prima delle loro divulgazione da parte di Fancy Bears. In sostanza Sanvito sarebbe secondo Lamarcia.com in rapporti con gli hacker russi, al punto che la IAAF starebbe meditando di denunciarlo, cosa al momento non avvenuta: il fatto che quelle mail in versione indiscutibilmente originale circolassero da molto tempo nelle redazioni e che nessun giornalista fra quelli che le hanno viste avesse avuto il coraggio di parlarne prima di Sanvito nemmeno ha sfiorato il cervello dei dirigenti IAAF. Per chi è abituato a dettare è inconcepibile che qualcuno non scriva sotto dettatura, come se Schwazer fosse una multinazionale e non invece un uomo rovinato (per colpa sua, ma il prodotto non cambia).

Una storia che sta diventando ridicola e che nella nostra modestia di appassionati di atletica abbiamo un po’ studiato, arrivando alle seguenti conclusioni. Uno: Schwazer era sì nel mirino della IAAF e della WADA, ma per il suo passato di dopato e il suo futuro rientro sotto la tutela di Donati (ultimamente il professore è quasi scomparso: che inizi ad avere dei dubbi?), non certo perché la federazione internazionale di atletica sia pregiudizialmente nemica dei marciatori italiani (forse solo della Giorgi…). Due: le provette sono state trasportate male e conservate peggio dal laboratorio di Colonia (con tanto di consegna di parte del campione B in una provetta aperta…), ma l’urina che c’è dentro è indubbiamente quella di Schwazer. La concentrazione di DNA diversa non è tale da poter certificare una manipolazione, ma non ha una spiegazione scientifica credibile. Tre: si è perso di vista l’aspetto sportivo, che era quello di un atleta ormai marchiato che voleva dimostrare di essere a 31 anni e da pulito, dopo 4 di inattività, più forte di quanto fosse a 27 da dopato. Il tutto sotto la guida di un paladino dell’antidoping del tutto digiuno di marcia.

Insomma, la parte veramente folle e dopata della vicenda è stata questa: un’operazione di pulizia e redenzione trasformatasi rapidamente in campionismo deteriore, cavalcato dagli adesso silenti CONI e FIDAL. Come se il rientro avesse avuto senso soltanto con la medaglia d’oro a Rio, cosa peraltro mediaticamente vera in un paese di tifosi in canottiera per cui nella finale olimpica uno arriva ‘soltanto quarto’ però il calciomercato della sua squadra è sempre da scudetto, almeno fino alla prima di campionato. Quanto al caso in senso stretto, non vogliamo fare gli equilibristi: pensiamo, pur senza averne la certezza, che Schwazer abbia sbagliato ancora una volta (e quindi che la squalifica sia giusta) ma anche che con queste modalità e questa mancanza di trasparenza IAAF, WADA e qualsiasi federazione e agenzia possano incastrare chiunque, anche un innocente. La WADA che si riunisce alle Seychelles per deliberare è poi una cosa meravigliosa, lo sport mondiale si libererà prima del doping che degli scrocconi a sette stelle, che poi te la menano anche con lo spirito di servizio e cose del genere… Per questo pur detestando la logica sportiva dell’operazione ‘Rientro di Schwazer’ e ricordando il danno da lui procurato a Carolina Kostner non ce la sentiamo di crocifiggere il campione, pur dopato. Sanvito hacker russo rimane però uno scenario fantastico, mentre invece i paesi (per non dire i continenti) pieni di grandi impuniti ci fanno meno ridere.

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