Il Colosseo di Totti

28 Settembre 2018 di Stefano Olivari

Non abbiamo ancora letto l’autobiografia di Totti scritta da Paolo Condò, ma se le anticipazioni più forti sono Spalletti che, spalleggiato da Baldini, lo considerava un giocatore finito (a 40 anni, peraltro) e non voleva che giocasse a carte con Pjanic e Nainggolan, allora il battage pubblicitario ci sembra un minimo esagerato. Però le pre-recensioni non ci piacciono, del libro parleremo dopo averlo letto. Comunque nemmeno se uscisse dalla tomba Moravia presenterebbero la sua nuova opera al Colosseo (la prima volta che ci andammo ci rimasero impressi i centurioni che leggevano il Corriere dello Sport), alla presenza del sindaco e di tutti i dignitari locali. Totti si è ritirato con cinque anni di ritardo e sta facendo di fatto il tagliatore di nastri, ma è ancora spendibile per qualsiasi ruolo all’interno della Roma, dal presidente all’allenatore. Per questo crediamo che non sia stato troppo duro con gli ammerregani, che poi sarebbero quelli che lo vedono come strumento di merchandising e basta.

Non c’era una sola possibilità che la Turchia ottenesse Euro 2024 ed in fondo è giusto così, non soltanto perché la candidatura della Germania era indiscutibile (vittoria per 12 voti a 4 dell’Esecutivo UEFA). L’Europeo è ormai diventato quasi un Mondiale, dopo la svolta a 24 voluta da Platini e l’idiozia da manuale Cencelli del 2020 (ma come si fa ad avere un girone Roma-Baku?), non si può lasciare questa vetrina a una nazione che fra sei anni potrebbe essere tutto: da una splendida democrazia liberale (asterisco: stiamo scherzando) a una dittatura islamica. Da non escludere nemmeno, nel 2024, un partito partito para-nazista al potere in Germania. Ma dovendo scommettere, sempre meglio farlo sui tedeschi che anche a livello di stadi riproporranno una specie di Mondiale 2006 (più Dusseldorf). Per chi avrà tifato Ozil? La linea pro grandi paesi non è comunque di per sé una linea anti-turca: nel 2028, se non ci suicidiamo, sarà il turno dell’Italia.

Prima o poi bisognerà scrivere un libro ‘Le grandi pagelle dei grandi inviati in base al risultato’. Copertina dedicata a Italia-Nigeria ’94, ma qualche riga la meriterà anche la pur modesta Empoli-Milan, che la squadra di Gattuso avrebbe potuto vincere 3-0 in scioltezza e che invece ha pareggiato per un errore di uno dei suoi pochi giocatori di grande qualità, Romagnoli (ma va ricordata anche la grazia a Laxalt, episodio nemmeno rivisto al VAR). Ma al di là dei giudizi sulla dimenticabile partita, colpisce l’esagerata autocritica di Gattuso. Segno al tempo stesso di onestà e di furbizia (mi critico prima che lo facciate voi), che però gli si ritorcerà contro. Comunque deve aver saputo che Conte è ancora ingabbiato, addirittura spera in un cambio di proprietà (al momento solo mediatico) del Chelsea per uscire dalla dimensione personale della vicenda, che peraltro è soprattutto colpa sua. Fra gli altri disponibili l’unico che si presenti bene è Prandelli.

Siamo grandi appassionati della vicenda che sta per disintegrare la serie B, che con il TAR che ha rinviato le cinque aspiranti alla categoria (Pro Vercelli, Novara, Catania, Siena, Ternana) al tribunale della FIGC, per cominciare dall’inizio l’iter della giustizia sportiva che ha tre gradi (questo, l’appello e il collegio di garanzia del CONI) prima di accedere ai due amministrativi (TAR e Consiglio di Stato). Seguendo le procedure non c’è alcuna possibilità che la storia si chiarisca prima di tre mesi e le ricorrenti lo sanno benissimo: la malcelata speranza è che questo governo che parla alla pancia del paese con soldi presi a un’altra parte del paese tiri una riga su tutto e imponga per decreto una serie B a 24 squadre a partire da settimana prossima. Ci sembra fantacalcio anche nella disastrosa federazione del disastroso commissario Fabbricini imposto da un Malagò interessato solo ai grandi eventi, ma molti addetti ai lavori ci credono. Non vogliamo quindi nemmeno pensare al prossimo turno di serie C.

Povero Oxford United, entrato nel mirino di un Erick Thohir che all’ultimo conteggio rimane presidente dell’Inter. Ciclicamente tornano le voci su Zhang che compra il suo quasi 30% e lo saluta e ora stiamo vivendo uno di quei cicli, ma oggi non è cambiato davvero niente rispetto a tre mesi fa: se qualcuno, non necessariamente Suning (che comunque avrebbe la prelazione), darà a Thohir i 150 milioni che sogna o i 120 che realisticamente pensa allora Thohir se ne andrà anche domani mattina a prescindere dall’opzione put che ha in mano per il 2019 (evidentemente di poco inferiore a queste cifre, visto che non sembra avere fretta). E poco importa che parte di quel 30% possa essere rilevata da gente che abbia almeno una parvenza di tifo interista. Nei mesi scorsi certa procuratoraglia ci aveva parlato di un Ronaldo alla ricerca di un investimento europeo e la notizia non era del tutto falsa visto che adesso è il padrone del Valladolid, ma il profilo di questi piccoli soci post Thohir è più italo-milanese da tribuna d’onore, senza ambizioni diverse dalle pubbliche relazioni e dalle confidenze malevole. Ovviamente, dal punto di vista dell’azionista di maggioranza, il delitto perfetto sarebbe poi collocare in Borsa la parte non necessaria per il controllo. Manovrare il corso di azioni con poco flottante è uno scherzo, basta una dichiarazione: è anche così che si creano certe amicizie.

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