Icarus, il mistero di Raul Gardini

4 Settembre 2018 di Stefano Olivari

La morte di Idina Ferruzzi è avvenuta in circostanze ben diverse rispetto a quella del marito, un Raul Gardini che fra i grandi capitalisti italiani è stato quello con la visione industriale più ambiziosa, per gli amici, o velleitaria per i nemici. Proprio al finanziatore del Moro di Venezia è dedicato Icarus – Ascesa e caduta di Raul Gardini, interessante intreccio fra romanzo e saggio che Matteo Cavezzali ha scritto per Minimum Fax e che tiene alta la tensione nonostante tante vicende siano note e nonostante non sia un libro a tesi. Anche se è chiaro che riparlare di Gardini a 25 anni dal suo suicidio o finto suicidio significhi già di per sé accreditare l’ipotesi che sia stato fatto fuori da uno dei tanti poteri con cui era entrato in rotta di collisione.

Cavezzali, giornalista di Ravenna, si gioca molto bene la carta del territorio riuscendo a raccontare le radici di Gardini al di là dell’agiografia sui capitani coraggiosi. Bambino nella città diventata per qualche anno di moda in molti campi (si pensi anche solo alla pallavolo con Kiraly e Timmons) proprio per l’espansionismo, per non dire la mania di grandezza, di Gardini, l’autore avendo respirato inconsapevolmente quell’aria è al tempo stesso attratto e respinto dalle tante persone che contatta per andare al di là di cronaca e storia. Proprio per questo non arriva a nessuna conclusione, nemmeno sulla dinamica dello pseudo-suicidio avvenuto a Milano il mattino del 23 luglio 1993 proprio nel giorno in cui Gardini sembrava intenzionato a raccontare tante cose a Di Pietro. Assurdo che le testimonianze della cameriera e del maggiordomo divergano di un’ora, ancora più assurdo è che un suicida riesca a spararsi due colpi e che sulla sua mano non rimanga la minima traccia di polvere da sparo (di solito le tracce rimangono per due o tre giorni). Una vicenda che dal punto di vista delle indagini è stata chiusa con una fretta sospetta.

Il contesto era quello del Gardini ben conosciuto attraverso i media (il velista, l’uomo della chimica, il trader di Borsa) ma anche di quello meno raccontato, che nonostante orgoglio e autostima in quantità industriali doveva venire a patti con la mafia (si veda la storia di Calcestruzzi) e soprattutto con la politica, con la tangente Enimont diventata per molti versi l’emblema della prima Repubblica. Proprio l’entità e la modalità della megatangente dimostra che nonostante la ricchezza sconfinata Gardini è sempre stato un outsider, considerato dai politici uno da mungere e spesso anche sfottuto: non uno da salotto buono, né da salotto cattivo, ma uno da tenere al suo posto. Il libro è anche una storia di famiglia, affascinante e drammatica: la crescita all’ombra del suocero Serafino Ferruzzi, le tanti morti tragiche (a partire da quella del fondatore) che hanno cambiato il corso degli eventi, le dinamiche di potere in cui questioni personali si mescolano a scelte aziendali. Gardini non era un santo, anzi, e le sue scorribande in Borsa lo dimostrano, ma di sicuro univa l’aspetto finanziario del capitalismo a quello industriale pur non avendo sempre ragione: la stessa ossessione per l’etanolo, che secondo lui in prospettiva avrebbe dovuto sostituire la benzina, era suggestiva ma non adatta a tutti i mercati. Cosa rimarrà di Gardini? La domanda che Cavezzali fa aleggiare è questa. E la risposta è abbastanza chiara: rimpianto in molti ravennati che lo hanno conosciuto, ma per il resto poco. Uno dei tanti grandi misteri italiani, materiale per un bel libro che può piacere sia a chi c’era sia a chi non c’era.

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