Marchionne ha fatto bene all’Italia?

25 Luglio 2018 di Stefano Olivari

Sergio Marchionne è morto, con un finale di partita che a livello di comunicazione è stato degno di Andropov e Cernenko. Fra le groupie del mondo Agnelli e i nemici di ogni attività imprenditoriale, fosse anche la vendita di gelati, ogni cosa è già stata scritta sul grande manager italiano, uno che letteralmente si è fatto da solo ed aveva uno spessore superiore a quello del medio padrone delle ferriere (anche perché non era il padrone).

La premessa è scontata: non è nemmeno discutibile che per gli Agnelli e in generale per gli azionisti, anche piccoli, della allora (nel 2004) FIAT Marchionne sia stato straordinario, visto che il valore delle azioni si è (a spanne) decuplicato, i debiti sono stati azzerati, FCA ha una dimensione multinazionale, dopo lo spin-off la Ferrari è stata valorizzata oltre l’immaginazione dello stesso Marchionne. Altrettanto scontata è la domanda: per gli italiani Marchionne è stato un bene? Siamo limitati, non ci viene in mente un parametro di giudizio diverso dal lavoro e dall’occupazione.

Ecco, senza calcolare l’indotto i dipendenti italiani di FCA rispetto all’inizio dell’era Marchionne sono un quarto, ben sotto quota 30.000. Anche troppi, per come Marchionne ha sempre considerato l’Italia, tanto è vero che FCA ha sede legale in Olanda e fiscale in Inghilterra. Nel 2004 furono immatricolate in Italia 2,26 milioni di auto con un aumento graduale fino a prima della crisi generalizzata: nel 2007 furono sfiorati da noi i 2,5 milioni di immatricolazioni, con la quota di mercato FIAT intorno al 23%. Arriviamo agli ultimi dati ufficiali, quelli del 2017: 1.970.497 auto immatricolate in Italia, di cui 557.500 con marchi FCA: quota di mercato del 28,2%. Sono chiaramente dati grezzi, che non tengono conto di margini né delle fasce di mercato, ma mostrano che gli italiani acquirenti di automobili esistono ancora e che in valore assoluto le auto che nella nostra testa sono sempre FIAT si vendono ancora.

E quindi? L’automazione ha portato alla scomparsa del 75% dei posti di lavoro? Qualcuno di sicuro lo ha fatto scomparire, ma la spiegazione l’aveva data 4 anni fa lo stesso Marchionne anticipando che per vari motivi (costo del lavoro, ma anche relazioni sindacali) in Italia non si sarebbero più prodotte auto di massa ma solo di fascia alta. Quindi, traducendo, Alfa Romeo, Maserati e adesso anche le Jeep. Con il marchio FIAT ormai limitato a Punto e Panda, essendo in via di abbandono tutti gli altri modelli (qualcuno ha comprato la Tipo?). Nostra conclusione, rispettando l’uomo Marchionne e parlando solo dei suoi atti pubblici: qualunque manager preferirebbe produrre auto di massa non diciamo in Bangladesh, ma in Polonia sì (vedere Panda), mentre per emergere nella fascia alta bisogna azzeccare i modelli e, in parole povere, le macchine. Bisogna capirne, non a livello di progettarle ma di capire chi è il più bravo a progettarle. Quindi dal punto di vista di un italiano e senza nemmeno entrare nel discorso degli aiuti di Stato secondo noi il Marchionne manager non è stato un bene per l’Italia, pur avendo ben presente che con una FIAT fallita forse (ma non è detto, il caso Parmalat insegna) non ci sarebbero più nemmeno quei 30.000 posti di lavoro. Ci piaceva di più come politico, Marchionne, crediamo che sarebbe stato un buon leader del centro-destra post-Berlusconi. La domanda è quindi chiarissima, nella sua durezza: Sergio Marchionne ha migliorato o peggiorato l’Italia che ha ritrovato nel 2004?

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