Il bisogno di sentirsi eroi

30 Luglio 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalle colline vietnamite di Bana per una passeggiata sul ponte costruito a 1400 metri di altezza, sostenuto da mani gigantesche, provando la stessa impressione dei tempi in cui i pivottoni dell’URSS facevano sembrare un mandarino la palla da basket, nei giorni in cui sognavi Chamberlain e Russell prima di Alcindor-Jabbar o del Tim Duncan scoperto ai Duchi d’Aosta prima ancora di essere mago per San Antonio che lo aveva portato all’anello. Avendo letto che in questi giorni il record d’incassi per i film in uscita lo ha fatto Tom Cruise, senza controfigura, nell’ultima versione di Missione Impossibile, questa gita sulla catena degli Annamiti che unisce Laos, Cambogia e Vietnam ci è sembrata salutare.

Stiamo entrando nelle settimane europee degli sport più universali, prima il nuoto, con canottaggio e ginnastica, nelle giornate olimpiche di Glasgow dove, fortuna loro, non hanno mai avuto a che fare con aziende decotte e poi fallite che hanno illuso Milano di poter riavere un Palalido decente dopo la chiusura del 2010. Forse nel 2019, dice il messo comunale, ma, per carità non metteteci il ghiaccio. Anche perché le misure sono le stesse che vennero variate su insistente petizione del Bogoncelli-Olimpia quando si pensava che quello avrebbe dovuto essere soltanto un tempio per il tennis.

Dopo il bagno scozzese, pensando all’europeo di pallanuoto che non è andato bene, come medaglie, ma che ha visto giocare bene le due squadre italiane, avremo l’atletica a Berlino e i troppi non trapattoniani del sistema, quelli che dicono gatto senza averlo nel sacco, fanno previsioni rosee per la nova Italia di Tortu e Vallortigara, nella speranza che Tamberi ritrovi la memoria motoria giusta per superare l’ostacolo del ricordo di un dolore forte, crudele, un po’ come il Colin Firth di Kingsman – Il cerchio d’oro. Attenti ai lupi, quelli che si salvano dai barbari avvelenatori come lo splendido Kaos che salvava vite ed è stato ucciso dagli umani che aiutava, come sempre, come vi direbbero le scimmie che hanno tentato la respirazione bocca a bocca sulla poverina folgorata dall’alta tensione. Dare favoriti atleti italiani è come tagliare i capelli a Sansone. Abbiamo bisogno di sentirci eroici, sempre. A scuola, a casa, in fila per pagare le tasse, sui campi sportivi. Se ci fate caso la bella nazionale di calcio under 19 ha fatto tutto benissimo fino alla finale dove si è davvero battuta alla grande pur perdendo al supplementare con un bel Portogallo, ma si vedeva che non erano più i bei ragazzi di un maestro come Nicolato che li aveva tenuti nella cesta, accompagnandoli come fa un vero insegnante, senza badare al contorno, agli agenti, a quelli che fantasticavano di un valore miliardario sul mercato. È andata bene, a qualcuno sarà andata di traverso il ricordo che hanno fatto in tanti del progetto Sacchi costretto a fuggire dai “so mi” del sistema, ma perché avevano potuto stare in pace, pensando al gioco come se fosse davvero un gioco. Ora sappiamo che quelli del nuoto sono meglio vaccinati degli italiani che cercano di far tornare nella gente l’amore per l’atletica, ma lasciamoli arrivare sereni in piscina e sulla pista.

Noi, per rispettare la mistica delle vere vigilie importanti svolazzeremo sul nostro amato basket tornando sul ponte vietnamita e mettendo un materassino sulle mani che sostengono quell’opera d’arte. Per dormire e pensare che l’anno prossimo il basket farà davvero incassi importanti: eh sì, la missione impossibile stimola la curiosità e tutti sperano che Milano e Pianigiani pensino davvero all’Europa, lasciando le briciole del campionato a quelle che sanno bene cosa dicono i maghi di casa Armani, anche quelli che non assomigliano davvero a tipi come il geniale Al Harrison che portò gli uomini sulla luna: come possiamo arrivare secondi in una gara dove partiamo mille metri avanti agli altri e il traguardo è 500 metri dopo?

Certo il campo ci dirà se tutto si armonizza chimicamente. Non è facile fare il pastore di 16 giocatori che si credono tutti, a torto e a ragione, importanti. Guardate come si è congedato il Kalnietis finito a Villeurbanne, dove Milano pagherà ancora metà del suo stipendio. Ce l’aveva con il Pianigiani bifronte che ti parla se pensa che potrai essere utile alla sua causa, ma poi finge di non conoscerti e ti lascia nelle liste nere anche dopo averti giurato che sei il suo preferito. Possiamo scriverlo per esperienza personale. Ora il lituano che sa soltanto guidare il go kart della sua nazionale, lo sappiamo fin troppo bene, un giocatore mai capito da Milano, si è preso pure i rimproveri dei prefetti vestiti come confetti rosa. Gli chiedono perché non ha parlato prima. Forse, pensando allo stipendio, per non fare la fine di del Repesa dopo Torino, per farsi prendere a schiaffi come il Goudelock che sul campo, per fortuna dell’Armani, ha pensato che forse conveniva vincere, intascare i premi, pur sapendo di essere già divorziato in casa e con in tasca un biglietto per i milioni cinesi.

Con questo fuoco di sbarramento, con tutto il benessere trovato sul mercato ci fanno tenerezza quelli che pensano di poterla davvero impensierire Milano. Qualcuno arriverà a vedere le provette della nobil casa, ma per scoprire cosa? Avversarie da considerare drappo rosso per il toro? Venezia, Torino, la stessa Virtus Bologna, si pensa Avellino se non staranno troppo in aria con l’elicottero presidenziale, Brescia e, probabilmente, Sassari o Varese, nella speranza che Trento riscopra miniere trascurate da altri ora che ha visto fuggire figli ingrati, sì non alteratevi diamo speranze anche a troppa gente, insomma ci sarebbero delle nemiche invisibili per far credere che il campionato sarà davvero equilibrato. Meglio per tutti se vincerà almeno questa illusione, anche se sappiamo bene che i fili del teatrino sono nelle mani dei più ricchi che non hanno neppure da pensare ai debiti come stanno facendo ad Istanbul quelli del Fenerbahce che, secondo una voce popolare, vivevano da miliardari nel sistema Uleb. Non è tutto oro quello che luccica dicono ora in Turchia, Grecia, forse anche a Mosca.

Seguendo il titolo dell’ultima fatica letteraria di Gianni Corsolini proviamo anche noi ad andare a vanvera sugli appunti presi in queste giornate del finto silenzio dove i nostalgici si domandano quante belle storie di sport avrebbero potuto scrivere su un inserto come quello domenicale della Gazzetta dove si sostiene, sicuramente a ragione, che la gente ha bisogno di cazzeggio pilotato: mercato e gossip, diete alimentari di stelline e stelloni, abbigliamento. Si parlano fra gente che può.

Dunque gli appunti.

° Grande Zanardi sulle sceneggiate di Neymar: la diseducazione planetaria.

° Speriamo che Luca BANCHI trovi all’AEK Atene la pace negatagli in Italia un paesello provinciale dove se fai una grande stagione come il Sodini di Cantù poi ti mandano in A2.

° Chissà se i dirigentoni del sistema, ora arroccato per difendersi da troppe stelle legate, avranno capito bene le parole del PAPA: lo sport insegna a convivere.

° Ci siamo sbagliati suo fratelli GASOL, amavamo Pau, quello che adesso è a San Antonio, ma poi Marc, su quella zattera, fra i naufraghi, ci ha fatto capire che bisogna approfondire, mai fermarsi alle foto con gli sponsor, agli affetti per tutta la vita, basta che qualcuno paghi le spese per ogni viaggio, persino quello in Nazionale.

° Siamo contenti che alcune società, cominciando da Trento con il lungo Mezzanotte preso a Treviglio, abbiamo guardato alla under 20 di Dalmasson, Ciani e Abbio con meno superficialità di chi pensa ancora che un allenatore debba avere il cappello di mago Merlino.

° Onore alla nuova Virtus con aroma che ha deciso di far giocare il memorial Porelli al Pala Dozza. Sarà un derby con la Fortitudo. Il derby che ci manca da troppo tempo.

° Alla SIENA ritrovata che deve i suoi successi a Fontebranda: la ritrovata saltatrice di Schio Vallortigara è allenata in città da Stefano Giardi, contradaiolo del Montone, un angolo meraviglioso prima di arivare in fondo alla chiesa dei Servi, cattedrale del neogiornalismo, di una città che dovrebbe anche riproporre il meeting dell’amicizia che era meraviglia UISP ai tempi del Corsi e del Ceccarelli. Non solo atletica. Oro nel fioretto per un’altra figlia di contrada come la Volpi. Serie A di pallavolo conquistata in terra che era dominio del basket.

° Sarebbe bello davvero se Trento potesse inserire nella sua bella squadra tecnica anche Tomas Ress che avrebbe dovuto restare a Venezia, che avrebbe potuto lavorare per la Reyer dove sembra prevalere il concetto che gli allenatori devono costare poco, come ci segnala l’osservatorio Pea, vedetta per chi pensa di farla sempre franca.

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