Cristiano Ronaldo, Bargiggia, Bari, Cesena

17 Luglio 2018 di Indiscreto

Perché la presentazione di Cristiano Ronaldo non è stata fatta allo stadio della Juventus davanti ai tifosi? Non c’è alcuna spiegazione commerciale o di ordine pubblico (anzi) per una scelta al ribasso, piuttosto triste, con una conferenza stampa ingessata e nobilitata solo dal carisma del campione. Nel segno della tradizione della casa, certo (Platini non fu nemmeno presentato, nel 1982 andò direttamente a Villar Perosa tre settimane dopo la notte di Siviglia), ma sottovalutando l’entusiasmo popolare per quello che è il giocatore più famoso del mondo. Nove anni fa il Real Madrid, cioè uno dei pochi club al mondo che sono grandi a prescindere da ciò che vince (Dal 1966 al 1998 è rimasto il Real Madrid) e da chi ci gioca, lo presentò al Bernabeu senza temere di essere oscurato da CR7. A meno che non sia stato lui a pretendere la presentazione minimal, facendo capire subito chi comanda chi.

Buona parte del 99% degli italiani che ha tifato Croazia nella finale del Mondiale lo ha fatto perché è più naturale identificarsi con i croati che con i francesi, per questioni anche etniche: certo, la maggioranza dei croati è per storia familiare meno croata di quanto Pogba e Mbappé siano francesi (sono anche nati alla periferia di Parigi…), ma in televisione il dato cromatico vince sul resto. Bisogna dirlo, perché tutti siamo razzisti anche se non malati dello stesso razzismo: c’è chi discrimina in base alle preferenze sessuali o a quelle politiche, per non parlare di reddito e appartenenza socio-culturale o religiosa. Discriminazioni trasversali, nel senso che i ‘contro’ si aggregano a seconda dell’argomento generando anche curiosi fenomeni, come le stesse persone che difendono il mondo LGBT e la costruzione di nuove moschee, ma non divaghiamo e veniamo al punto e cioè a Mediaset (non proprio l’azienda, ma i siti del TgCom e di SportMediaset) che si è dissociata da Paolo Bargiggia per un suo tweet riguardante proprio il suo tifo creato per questioni di razza. Siamo nella zona del reato di opinione, visto che quasi certamente il concetto opposto (Tifo Francia perché proprio non mi piacciono i popoli di una sola etnia e di una sola cultura) non sarebbe stato censurato. Un tema di grande interesse, visto che si possono pagare a caro prezzo (a noi è capitato più di una volta e sempre per stupidaggini, mentre almeno quello della razza è un tema serio) tweet o post scritti liberamente, al di fuori del lavoro. Dall’altro lato segnaliamo la beceraggine di alcuni tweet contro Sandro Piccinini, reo di avere detto in telecronaca che la Francia è una squadra multirazziale e moderna: ma almeno quelli venivano da subumani anonimi, non dalla sua azienda.

Bari e Cesena non esistono più, la probabilità del 99% è ormai diventata certezza. Due situazioni che abbiamo seguito bene anche durante il Mondiale, grazie ad amici (che non sono Messi e Neymar, ma pur sempre calciatori professionisti) incerti riguardo al proprio futuro e ai propri crediti (qui adesso ci sono solo certezze, pur se negative). Due situazioni accomunate dall’addio obbligato alla serie B e da una ipotetica ripartenza dai dilettanti, ma con caratteristiche ben diverse. Nel caso del Bari il problema erano solo i soldi: sintetizzando al massimo per non perdere i lettori juventini, interisti e milanisti diciamo che sarebbero bastati circa 3 milioni di euro per tirare avanti in una B che in prospettiva avrà più visibilità (si pensi solo alle seconde squadre), soltanto che l’entrata in scena ipotizzata da Andrea Radrizzani (cioè il proprietario del Leeds) e di Ferdinando Napoli non è avvenuta e quindi Giancaspro chiuderà la sua era portando i libri in tribunale. Secondo noi più grave la vicenda del Cesena ben salvatosi con Castori, in cui ai debiti per così dire normali si sono sommati quelli verso l’Agenzia delle Entrate (70 milioni fra tutte le tipologie), anche senza entrare nel merito delle tante plusvalenze gonfiate insieme al Chievo e ad altri: non sono servite a farsi beffe del fair play finanziario UEFA, ma solo a rimandare di poco la resa dei conti. Giancaspro e Giorgio Lugaresi (figlio dell’indimenticato Edmeo di ‘Mai dire gol’, a sua volta nipote di Dino Manuzzi), come mille loro colleghi, asseriscono di essere stati lasciati soli. Ma al di là della retorica su una squadra che scompare, bisogna dire che il calcio professionistico non è un genere di prima necessità. Chi non se lo può permettere vada a giocare a bocce, faccia un abbonamento a teatro, si impegni in un progetto (evidentemente low cost) di volontariato. Se di Bari e Cesena non importa neppure, con numeri significativi, a Bari e Cesena perché dovrebbe importare al resto d’Italia?

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