Breakfast Club, il messaggio di Ally Sheedy

19 Luglio 2018 di Stefano Olivari

La freschezza di Breakfast Club rimane intatta ad oltre trent’anni dalla sua uscita, con tutta la forza eterna che solo i migliori teen movie possono avere. Stiamo parlando del film fondamentale degli anni Ottanta, al di là del culto che si può avere anche per opere dall’importanza meno, diciamo così, condivisa (ieri stavamo discutendo con un amico della grandezza di Maurino Di Francesco in Giochi d’Estate) o decisamente brutte.

Cinque liceali di Chicago nel 1984 vengono costretti ad un sabato a scuola come punizione, insieme al preside e al bidello. Tutto si svolge all’interno della scuola, dalle 7 del mattino alle 4 del pomeriggio, ma non c’è niente di pesante o claustrofobico. Il ragazzo sportivo, la ragazza leggera, il ragazzo secchione, la ragazza ombrosa, il ragazzo ribelle: cinque caratteri, forse anche cinque stereotipi, di sicuro cinque figure che tutti abbiamo incontrato, con i problemi e le ansie dei 16 anni. Situazioni e dialoghi adattabili tranquillamente al 2018, con un nucleo di attori indimenticabili: Molly Ringwald, Anthony Michael Hall, Emilio Estevez, Judd Nelson e soprattutto lei, Ally Sheedy. L’icona delle icone giovanili del decennio, coprotagonista in Wargames (il protagonista era Matthew Broderick), in Breakfast Club e in St. Elmo’s Fire, con quest’ultimo film che di Breakfast Club schierava anche Emilio Estevez, oltre a una serie di giovani che sarebbero diventati famosi: Demi Moore, Amy McDowell, Rob Lowe… Il famoso ‘Brat Pack’, definizione che faceva il verso al Rat Pack dei cortigiani di Frank Sinatra.

Ma sono tutte cose che si trovano su Wikipedia e che non avremmo scritto se non ci fossero venute di getto. Avevamo soltanto l’urgenza di comunicare un flash che ci è venuto l’altra notte alla ventesima visione di Breakfast Club: quando Allison (la meravigliosa Ally Sheedy, appunto) verso la fine entra in sintonia con Claire (Molly Ringwald), si fa da questa truccare e sistemare i capelli, trasformandosi da scontrosa e quasi pazza in una specie di principessina, con tutti che rimangono a bocca aperta dicendole che è migliorata. Ma è diventata in realtà un’altra persona: l’adolescenza termina nel momento in cui vuoi fare una buona impressione agli altri, scendendo a compromessi (anche solo perché prima per tuo conto scendevano a compromessi i poveri genitori). Per qualcuno quindi l’adolescenza non c’è mai stata, per altri non è mai finita, per la maggioranza ha un termine naturale. Il grande messaggio del geniale John Hughes (regista fra le altre cose anche di Sixteeen Candles, con la Ringwald e Hall, e sceneggiatore pop come pochi) ci è sembrato questo, ci volevano decenni per capirlo.

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