Arese e Liquori, i miler del sogno

11 Luglio 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla vecchia trattoria milanese Aurora per un giorno che non dimenticheremo. Grazie alla regia di Fabio Monti, che continua a sentirsi fuori posto in un mondo giornalistico dove è stato un principe. Giornata davvero speciale. Di emozioni, di bei ricordi. Grazie ad Arese e alla sua generosità, grazie a Marty Liquori che non ha mai dimenticato le sue radici italiane e le sfide con Franco da Centallo. Erano i re del mezzofondo, i miler del sogno, due che facevano che facevano impazzire i trentamila dell’Arena quando Mastropasqua e Giani davano alla città immemore un capolavoro organizzativo, la grande atletica nella vecchia Arena napoleonica che oggi è una schifezza, nella città che diventa rana per candidarsi alle Olimpiadi invernali.

Cari amici di questi siti anarchici che danno gli spazi negati dai giornaloni dove preferiscono uno che gioca a calcio per San Marino alle grandi vicende sportive che hanno fatto davvero la storia dello sport. Ci siamo emozionati davvero vedendo i due gladiatori che da Stoccarda 1969 al miglio di Toronto del 1972 hanno così ben interpretato la loro vita nell’arena dello sport. Grazie a Nicola Roggero, autore di un capolavoro teatrale sul 1968 delle rivoluzioni anche nello sport, dai pugni neri di Smith e Carlos, dal sacrificio del grande australiano Norman del Messico all’Ajax, i due campioni hanno potuto parlarsi di nuovo. Liquori dopo la leucemia, Arese, dopo un viaggio fantastico nell’atletica che con troppa fretta lo ha liquidato come presidente federale, nel lavoro dove, per fortuna sua, dipende soltanto da quello che è sempre stata la sua forza: non fermarsi, come ha scritto nel suo bellissimo libro.

Giornata milanese per due colossi che hanno infiammato la gente, hanno detto che l’atletica era davvero speciale perché si alzavano i gomiti nelle volate, si facevano i record, ma nessuno rotolava goffamente sul campo come le marionette di questo mondiale calcistico che vede trionfare l’Europa con squadre dove ci sono figli dell’Africa tradita. Siamo stati bene nella baia della nostalgia. Due giganti, amici per sempre. Rileggendo e ascoltando. Dal Berra, sublime che sull’Arena, sull’atletica di cui era cantore illustre, diceva cose che oggi andrebbero rilette, al novantunenne Loriga, comandante di una legione che gli deve riconoscenza perché non ha dimenticato quasi nessuno. Straordinario il ricordo delle riunioni dove Barra, prima di Rossi, parlava al cuore della gente: non urlavano ma coinvolgevano, contrariamente a quelli di oggi che americanizzano a sporcano anche se i colori della volpe di Zagarolo irritavano il lucifero che guidava la squadra di pugilato.

Un mondo che non c’è più e chi guida l’atletica nel mondo e in Italia farebbe bene a non dimenticare, anche se poi chi ci vive da re travicello può far fuori un Rondelli che, fortunatamente, continua ad allenare, pazienza se la televisione preferisce altri servi di scena. Un giorno da non dimenticare per quei momenti di gloria, come ci ricorderà per il poco che resta, che Arese ha regalato con una maglietta che è tutto, che rappresenta tutto. La sua vera natura di uomo da battaglia, di campione, di gigante che abbiamo anche preso in giro quando cercava di salvare un mondo che vive nell’inganno anche davanti alla cruda realtà del cronometro, del metro. Grazie amici e grazie a Marty Liquori che ha scoperto tardi di poter gareggiare come italiano. Arese ne aveva abbastanza con Del Buono e Finelli, grandissimi, ma gli sarebbe piaciuto camminare nell’Europa che aveva dominato ad Helsinki con questo fenomeno che aveva spodestato Jim Ryun, l’immenso sul miglio.

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