Alisson nel paese delle meraviglie (più Leotta, Gravina e Piccinini)

19 Luglio 2018 di Stefano Olivari

La cessione di Alisson al Liverpool per 75 milioni di euro ci ricorda che sia Monchi, con le sue pose da finto prete, sia Sabatini, con il suo atteggiamento tormentato, godono di buona stampa ma che restringendo il discorso alla Roma per il momento le grandi strategie dello spagnolo si riducono a vendere a peso d’oro giocatori acquistati per poco da Sabatini nella sua vita giallorossa, terminata nell’autunno del 2016. Il portiere brasiliano era stato acquistato da lui proprio all’inizio di quell’anno per meno di 10 milioni di euro: sembrava un’esagerazione, per quello che sarebbe dovuto essere la riserva di Szczesny e che in Brasile era tutt’altro che indiscutibile (3 sole presenze nella Selecão, nel momento in cui Sabatini lo prese). Da Salah ad Alisson, passando per Rudiger, Paredes e Nainggolan: in un anno la Roma di Monchi ha ceduto cinque giocatori che una semifinalista di Champions League con ambizione di migliorare non dovrebbe cedere mai. Con ambizione, appunto. La mentalità ammerregana, molto amata da italiani cinquantenni con la maglietta dei T-Wolves, è quella di partecipare al banchetto e di aumentare il valore dell’azienda insieme al numero dei clienti: vincere non è la prima cosa che conta e nemmeno la seconda. E Monchi al momento al momento è nella storia giallorossa solo per avere accompagnato Totti alla porta d’uscita. Non è poco, ma nemmeno abbastanza. Poi è chiaro che con un presidente diverso da Pallotta avrebbe altre indicazioni e possibilità.

2. Le grandi domande del canottierato ruttante con sette telecomandi (noi abbiamo anche aggiunto di recente anche quello per il Fire Tv Stick di Amazon, quando ci sgozzeranno in maniera halal nemmeno ce ne accorgeremo): perché Diletta Leotta è andata a Dazn proprio adesso che a Sky la D’Amico si è parzialmente tolta di torno, non soltanto a causa di Buffon al PSG? La risposta dei bene informati (che non siamo mai noi, è bene precisare) è la seguente: ufficializzata la tristezza delle tre partite delle 15 della domenica pomeriggio, che già era nei fatti (ma quasi mai con sole tre partite) l’anno scorso, Sky sta pensando di abolire Sky Calcio Show e di organizzare studi ad hoc per le grandi partite. Che a questo punto saranno quasi solo quelle della domenica alle 18 o di sera, visto che il sabato sera è di Dazn. E la D’Amico? Condurrà la trasmissione di commento della Champions.

3. Qualcuno sa che fine abbiano fatto le mitiche seconde squadre? Quelle chieste da decenni perché così diventeremo tutti come Real Madrid e Barcellona? Nessuno è in grado di rispondere, per la semplice ragione che nel delirio di fallimenti e mancati requisiti per l’iscrizione alla serie C (anche ‘solo’ per fideiussioni tarocche o emesse da finanziarie di dubbia solidità), il numero di club da escludere potrebbe anche essere intorno ai 14-15. Nostra stima, visto che allo stato attuale le escluse probabili sono solo tre. Come è noto da tempo, la prima scelta per i nuovi ingressi andrà alla seconda squadra del club di A (quindi la Juventus), la seconda alla migliore fra le retrocesse della scorsa stagione e la terza alla migliore fra le non promosse dalla D. Poi il giro riprende, fino a toccare quota 20 per ognuno dei 3 gironi. Perché il format non è cambiato, anche se il presidente della C Gravina ha realisticamente anticipato che per mancanza di squadre si potrebbe arrivare subito a tre gironi da 18, quindi a una C da 54 squadre. Veniamo al punto, visto che Prato e Cavese non portano lettori: chi c’è di pronto oltre alla Juventus, con le seconde squadre? Risposta facile. A parole solo il Milan, che sarà allenato da Marco Simone ma la cui rosa B (per non parlare di quella A) è totalmente nel vago visto che i fuori quota, nel senso di over 23, possono essere soltanto 3 più un portiere: il rischio è quindi quello di costringere la Primavera agli straordinari. E le altre? Nessuna ha intenzione di mettere in piedi la seconda squadra prima dell’anno prossimo, ma tutte sperano di non dover dire di no perché sarebbe una ben misera figura dopo anni di discussioni esterofile. A dirla tutta, anche nel 2019 non dovrebbe esserci grande entusiasmo.

4. Sandro Piccinini è andato in pensione? No, ma Francia-Croazia è stata la sua ultima di tante telecronache per Mediaset (la più bella, secondo noi, Manchester United-Bayern Monaco finale di Champions 1999, con i gol nel recupero dei supersub Sheringham e Solskjaer) in quasi 30 anni, prima di un periodo sabbatico che vivrà a Londra in attesa di nuove idee e progetti. Nella interessante intervista concessa ad Andrea Saronni per Libero ha tracciato un bilancio di questa parte della sua vita, in cui leggendo fra le righe (ma nemmeno tanto) si capisce bene quali siano stati i suoi problemi con Mediaset. Noi dal di fuori abbiamo solo notato che nella telecronaca più importante della sua vita non gli hanno affiancato il partner preferito, cioè Aldo Serena, ma il tautologico Di Gennaro con il quale la freddezza era evidente.

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