1978, il Mondiale desaparecido come l’informazione

9 Luglio 2018 di Indiscreto

C’è ancora qualcosa da aggiungere sul Mondiale del 1978 in Argentina? Non il primo e non l’ultimo ad essere accompagnato da favoritismi nei confronti dei padroni di casa, non il primo e non l’ultimo (dopo 44 anni il Qatar tornerà a tenere alta la bandiera di uno stato non democratico) a fare da spot a un governo impresentabile. Eppure in ‘1978, Il Mondiale Desaparecido’, che da qualche giorno Sky Sport sta trasmettendo a un po’ tutte le ore, Matteo Marani riesce a rispondere a nuove domande con un documentario in cui il calcio è soltanto sullo sfondo.

Tante le testimonianze raccolte, da Zoff a Tardelli, da Daniel Bertoni a Carraro, ma quella più inquietante è dell’ex vice console italiano a Buenos Aires Enrico Calamai. Perché nell’Argentina governata dai militari con pugno pesantissimo c’erano oltre un milione e mezzo di persone con passaporto italiano e facendo una proporzione non è assurdo ipotizzare che fra i 30.000 desparecidos di quegli anni almeno 2.000 potessero essere in qualche modo salvati dal nostro governo dell’epoca (monocolore DC con presidente del consiglio Andreotti e l’appoggio esterno del PCI) e dai nostri diplomatici.

Quel Mondiale non fu un’invenzione di Videla, Massera e Agosti, che se lo trovarono servito visto che era stato assegnato all’Argentina addirittura nel 1964 mentre la dittatura militare propriamente detta era (ri)cominciata nel marzo 1976 con il colpo di stato e la fine del controverso e breve periodo di Isabella Peron (non democratico nemmeno quello, va detto). I militari però compresero l’importanza dell’evento e  investirono cifre enormi sugli stadi, sulla tecnologia (tutto il mondo poté vedere le partite a colori, ma non gli argentini) e sull’immagine. Non solo ingaggiando Buston-Marsteller, la grande società di comunicazione americana, ma agendo direttamente sui media dei paesi più importanti.

A quelli italiani ci pensava Licio Gelli, buon amico di Videla e soci (non era un grande appassionato di calcio, il Venerabile, ma partecipò alla festa al Monumental dopo la finale), con alcuni giornalisti più realisti del re: il comportamento di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport, con la Rizzoli nelle mani della P2, era scontato, ma non è che gli altri (e Marani qualche esempio concreto lo fa) si distinguessero per spirito critico. Il solito pattume sulle gente felice, sull’allarme sicurezza che era una bufala, sul pallone che supera le divisioni politiche, che avremmo letto in tante altre occasioni, dai Giochi Olimpici di Pechino ai Mondiali che si stanno disputando in questi giorni in Russia. Del resto ci sono politici che tornano entusiasti dalle loro visite guidate in Corea del Nord, quindi la gente può davvero credere a tutto.

Fra le varie cose che non sapevamo, anche perché avevamo 13 anni e i giornali non ne parlavano, c’è anche il ripetersi dello stesso schema per il Mundialito di due anni e mezzo dopo in Uruguay, un paese con lo stesso tipo di governo e le stesse influenze massoniche. Con l’appello di 41 calciatori e allenatori italiani per denunciare la situazione, censurato nel modo più efficace possibile e cioè con il silenzio. Un bello spunto, che vorremmo approfondire sentendo qualcuno dei firmatari. Di certo c’è che quello del 1978 rivaleggia con quello del 1966 come sporcizia calcistica, mentre è fuori categoria per quello che accadeva fuori dal campo e non soltanto all’Esma.

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