Neymar come Pelé 1966?

20 Giugno 2018 di Stefano Olivari

Le botte prese da Behrami e compagni ci ricordano una volta di più che nel calcio di oggi soltanto Neymar e pochi altri hanno il coraggio di sfidare gli avversari con un dribbling, più o meno irridente. Restringendo il discorso al calcio di alto livello, ovviamente, quello ossessionato dal numero di tocchi e da altri discutibili parametri di efficienza (tutti vogliono fare Moneyball di stocazzo, in uno sport dove il peso specifico della singola giocata è incalcolabile). Questo non significa che i pochi dribblatori debbano essere massacrati di falli, oltretutto in un’epoca in cui gli attaccanti sono per altri versi fin troppo tutelati con il risultato di gonfiare tante statistiche e di sottovalutare i giocatori del passato per vendere meglio l’immagine di qualche scemo tatuato. Nella partita d’esordio mondiale del Brasile Neymar ha subito 10 falli, contando solo quelli effettivamente sanzionati: era da Francia ’98 che qualcuno non ne subiva tanti in un Mondiale (Alan Shearer contro la Tunisia), mentre restringendo il discorso al Brasile bisogna tornare a Inghilterra 1966, al Pelè contro la Bulgaria: le statistiche non sono nostre, ma di ESPN. La stella del PSG, che valuterà il suo futuro di club dopo il Mondiale, ha preso con filosofia i calci degli pseudo-svizzeri di Petkovic, ma è chiaro che tutti stanno pensando ai trattamenti da lui subiti 4 anni fa, con il pazzesco fallo di Zuniga (ginocchiata alla schiena, con frattura di una vertebra) che lo tolse di mezzo nei quarti. Impossibile il verificarsi del Mineirazo con in campo lui e lo squalificato Thiago Silva, anche se magari quella Germania in missione avrebbe vinto lo stesso.

Impossibile anche non ricordare il Mondiale 1966 e il trattamento a cui fu sottoposto Pelé, che aveva la stessa età di Neymar oggi (26 anni) e uno status senz’altro superiore per ciò che aveva già vinto con il Brasile e con il Santos. Pelé si avvicinò all’appuntamento inglese con grandi aspettative: pochi giorni prima dell’inizio diede spettacolo in un’amichevole nella ‘sua’ Stoccolma, contro l’AIK: due gol, contro una squadra rinforzata da Kurt Hamrin che era lì in vacanza, e momenti di arroganza tecnica assoluta. Ancora due gol pochi giorni contro il Malmoe, prima della partenza per Liverpool, e media di tutto il mondo impazziti per una squadra che prima del Mondiale aveva disputato in Europa ben 12 amichevoli amichevoli vincendone 10 e pareggiandone 2. In proporzione all’epoca una pressione maggiore rispetto a quella che deve sopportare oggi Neymar, anche se con il vantaggio di condividerla con altri grandi firme come Garrincha, Djalma Santos e Gilmar.

Nel ritiro di Lymm Pelé venne più volte richiamato da Feola perché in allenamento stava facendo troppi numeri, ma lui gli rispose che non si era mai sentito così bene. Martedì 12 luglio l’esordio contro la Bulgaria, che annunciò quella che oggi chiameremmo ‘gabbia per Pelé’. La gabbia e le botte non impedirono però a Pelé di dare spettacolo e di segnare il primo gol del Mondiale (Inghilterra-Uruguay del giorno prima era finita 0-0) con un gran calcio di punizione. Risultato poi perfezionato da Garrincha, anche lui su punizione, in un crescendo di entusiasmo per una squadra che sembrava lanciata verso la conquista definitiva della Coppa Rimet. Nel dopopartita Pelé, cioè uno abituato ad entrate criminali (soprattutto in patria, a dispetto dei luoghi comuni), disse che in vita sua non aveva mai preso tanti calci come con la Bulgaria, in particolare da Zekov. L’arbitro, il tedesco occidentale Tsenscher, lasciò fare di tutto e anche di più.

La seconda partita, il 15 luglio contro l’Ungheria sempre a Liverpool, vide Pelé regolarmente in formazione, intendendo proprio le formazioni ufficiali distribuite pochi minuti prima della partita. Ma in campo Pelé non scese e dallo staff medico brasiliano arrivano varie informazioni, in un crescendo di confusione tipo Ronaldo 1998. Ha il ginocchio destro gonfio, no anzi è il sinistro. Ha uno stiramento alla coscia. Sta bene, ma è affaticato. Un autentico giallo, al momento, con una verità però semplice: Pelé era al limite e avrebbe potuto in teoria giocare, ma Feola ritenne che l’Ungheria potesse essere battuta anche senza il suo miglior giocatore, da conservare quindi per le partite decisive. Non siamo al Leonidas 1938 non schierato contro l’Italia, ma quasi. L’Ungheria vinse 3-1 e così diventò decisiva la sfida con il Portogallo di Eusebio. In allenamento anche un Pelé acciaccato cercò di seminare ottimismo, addirittura si mise a giocare in porta come sempre faceva quando era su di giri. In realtà aveva fortissimi dolori dappertutto, soprattutto al ginocchio destro.

E veniamo al 19 luglio, fatidico anche per noi essendo il giorno di Italia-Corea del Nord a Sunderland. Si era creata una situazione per cui i campioni del mondo dovevano battere una delle nazionali più forti del momento, se volevano passare ai quarti. Il Portogallo non aveva picchiatori di fama, ma a Goodison Park per Pelé il trattamento fu specialissimo e ben più duro (ci sono le immagini) di quello riservato dalla Svizzera a Neymar. Le informazioni circolavano anche nel 1966 e i portoghesi vennero a sapere che il problema di Pelé era al ginocchio destro. Così iniziò un martellamento quasi scientifico, perfezionato prima da Coluna e poi da Moraes. Pelé venne portato fuori dal campo a braccia, rientrò fasciato e zoppicante: non c’erano sostituzioni e così provò qualche giocata eroica prima di vagare per il campo. Il Portogallo vinse 3-1 con l’aiuto di Manga (buon portiere in giornata nera) e due gol di Eusebio: Brasile a casa. Nel dopopartita Pelé perse tutte le sue certezze e in lacrime parlò di un possibile ritiro, a nemmeno 26 anni… Come tutti sanno avrebbe invece giocato per altri 11, chiudendo la carriera nei Cosmos. Di culto una dichiarazione di Joao Havelange, grande capo dello sport brasiliano ma non ancora della FIFA (lo sarebbe diventato nel 1974, grazie al sostegno dell’Adidas), che sparò bordate contro la FIFA, presieduta dall’inglese Stanley Rous, asserendo di aver voluto in maniera premeditata far fuori il Brasile per spianare la strada all’Inghilterra. Arbitro di Portogallo-Brasile? George McCabe, inglese. Un Mondiale tendente allo sporco, come poi anche i quarti avrebbero dimostrato.

Adesso non vogliamo dire che Neymar nella storia del calcio abbia la stessa importanza di Pelé, anche se in Brasile è oggetto di un culto paragonabile a quello di Pelé e soprattutto a quello di Garrincha. Però le botte prese con la Svizzera hanno il merito di ricordarci che per i giocatori di talento le cose erano molto peggiori prima, con buona pace di chi compila classifiche di bravura in base a statistiche drogate.

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