Gonella e i denti di Neeskens

21 Giugno 2018 di Stefano Olivari

Una volta non era tutto meglio, anzi. Il calcio no di sicuro. Il nome di Sergio Gonella rimarrà per sempre legato alla finale del Mondiale 1978 fra l’Argentina padrona di casa senza Maradona e la Grande Olanda senza Cruijff, con i due fuoriclasse per motivi diversi e tuttora incomprensibili nemmeno convocati fra i 22 da Menotti e Happel. L’arbitro di Asti è da poco scomparso, a 85 anni di età, ed è chiaro che dirigere una finale di tale importanza è qualcosa che supera tutto il resto della carriera messo insieme: anche se hai arbitrato 175 partite di serie A e tante altre a livello internazionale, fra cui la finale dell’Europeo 1976 vinta dalla Cecoslovacchia sulla Germania Ovest. Unico altro nella storia a riuscire nella doppietta di finali europea e mondiale lo svizzero Dienst, quello (sintetizziamo la sua vita, perché magari ha scoperto un vaccino contro una malattia rara e non lo sappiamo) del non gol di Hurst nella finale di Inghilterra 1966 e della prima finale di di Euro 1968 fra Italia e Jugoslavia, quella finita 1-1.

Tornando a Gonella, che i più giovani conoscono per i vari incarichi dirigenziali nel mondo arbitrale (è stato anche designatore, fra l’altro in uno dei rari periodi con un sorteggio quasi vero, nella stagione dello scudetto del Milan di Zaccheroni), bisogna ricordare che nel 1978 la sua partecipazione mondiale era tutt’altro che scontata. In lizza per rappresentare l’Italia c’erano lui, considerato un arbitro severo e vecchia scuola, e Alberto Michelotti di Parma, più portato (in rapporto ai tempi) al dialogo, sia pure a modo suo. Entrambi sarebbero stati un’ottima scelta, ma la decisione della commissione designatrice della FIFA (con a capo il potentissimo Artemio Franchi, all’epoca presidente UEFA e vicepresidente di Havelange alla FIFA) premiò Gonella, mentre Michelotti dovette accontentarsi di essere nelle’elenco delle riserve.

Dirigente della Banca Commerciale Italiana, in quel 1978 Gonella lavorava a La Spezia: Argentina 1978 fu a 45 anni il suo premio alla carriera, pur ricordando che un arbitro internazionale in quegli anni poteva scendere in campo anche oltre i 50 anni. Prima designazione di prestigio: Brasile-Spagna il 7 giugno a Mar del Plata. Tutto bene, 0-0 e poche proteste, quindi a Gonella bastò non fare danni nelle partite da guardalinee (la famigerata Argentina-Perù e Tunisia-Messico) per essere il favorito per la finale. L’Italia e Zoff lo aiutarono raggiungendo ‘soltanto’ quella per il terzo posto, quindi Franchi ebbe buon gioco nel vincere le resistenze degli argentini che volevano l’uruguayano Barreto (designato come guardalinee, insieme all’austriaco Linemayr) e inserire un po’ di Italia nella finale. Designazione accettata dagli argentini e sgradita agli olandesi, che temevano una sorta di vendetta per il gioco duro nella partita contro gli azzurri, con Arie Haan protagonista negativo e impunito. E premevano per l’israeliano Klein, altro arbitro caro a Franchi (lo avremmo incrociato in Italia-Brasile 1982, per la gioia di Zico).

Di quella finale del 25 giugno 1978 si è scritto di tutto. Certo è il clima di intimidazione che accompagnò l’Olanda dal suo albergo allo stadio, certo è che Gonella fece tutto a termini di regolamento. Fece togliere a René Van de Kerkhof la fasciatura rigida al polso destro, dopo le proteste degli argentini, e cercò di stroncare sul nascere il gioco duro. Senza successo, però. Poco a poco la situazione degenerò e anche con il senno di poi bisogna dire quello di Gonella non fu un buon arbitraggio. Niente di scandaloso, pensando alle tante porcherie nella storia del Mondiale, ma anche niente di cui essere orgogliosi. Rivedendo le immagini della partita si può notare però che non abboccò a un tuffo di Luque in area che altri arbitri avrebbero trasformato in rigore e che non fece invenzioni a favore dei padroni di casa. Lasciò però che gli argentini affondassero ogni entrata, non vedendo una gomitata con cui Passarella spaccò qualche dente a Neeskens, che poco dopo si vendicò su Tarantini. Capito il metro di giudizio, anche gli olandesi cominciarono infatti a farsi giustizia da soli e Gonella ebbe il buon senso di tenere in tasca anche i cartellini rossi che avrebbero meritato loro.

Partita brutta, come spesso sono le finali, ma anche violenta come raramente è capitato di vedere nell’era moderna. Gonella ebbe la fortuna di non dover gestire vere situazioni da area di rigore, ma non seppe farsi rispettare in un contesto in cui, va detto, probabilmente nessun arbitro sarebbe stato capace di farsi rispettare. Quasi superfluo ricordare che nei giorni seguenti alla finale l’arbitraggio fu elogiato soltanto dai media argentini, soddisfatti, e da quelli italiani che educavano le masse al culto degli ‘arbitri migliori del mondo’. Un atteggiamento mediatico che tutto sommato è cambiato di poco, nonostante varie evidenze, anche ai giorni nostri. Una finale di questa intensità vale una vita, per questo poco dopo Gonella annunciò il suo ritiro nonostante avesse davanti ancora diversi anni di carriera internazionale.

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