L’arresto di Enzo Tortora annunciato da Sibilia

18 Maggio 2018 di Stefano Olivari

Sono trent’anni che Enzo Tortora è morto, stroncato da un tumore e soprattutto dagli anni passati a combattere contro uno dei più clamorosi errori giudiziari della storia italiana, sia per la notorietà della persona sia per i meccanismi mediatici e politici che la vicenda scatenò. Con il giornalista-presentatore, totalmente estraneo ai fatti addebitatigli (spaccio di droga, in pratica sulla rubrica telefonica di un malavitoso c’era un nome simile al suo, con un numero di telefono che nemmeno era di Tortora, e da lì partì tutto con tanto di testimonianze tarocche: inarrivabile quella di Melluso), esibito come un trofeo e ostaggio di una guerra fra magistrati ipermanettari ed altri che si erano subito accorti del clamoroso errore.

Una storia che dovrebbero conoscere tutti, a cui ci permettiamo di aggiungere un ricordo personale dovuto ai racconti dell’indimenticabile Franco Rossi, che stiamo insieme ad Enzo Palladini riordinando per un libro di prossima uscita. Anche fra i suoi fan molti non sanno che per un breve periodo, negli anni Ottanta, Franco si mise in aspettativa dal suo giornale (ai tempi era una delle prime firme di Tuttosport, responsabile del calciomercato) accettando le insistenti proposte dell’amico e fornitore di notizie Antonio Sibilia, presidente dell’Avellino, per diventare consulente di mercato del club irpino, in pratica direttore sportivo. La serie A era ai tempi il campionato più importante del mondo ma tutta l’organizzazione era artigianale e basata su rapporti personali, con pagamenti che in gran parte avvenivano in contanti (nel senso proprio di soldi nella valigetta) e strategie aziendali che venivano decise al ristorante. Come adesso, viene da dire, solo che negli anni Ottanta non c’erano chief ed executive… Ad Avellino Franco durò molto poco: in Campania gli mancava la sua variopinta corte di amici, capitan Di Somma lo vedeva in prospettiva come un concorrente e l’ambiente lo considerava un intruso, con l’aggravante di essere il cocco del presidente. Che rifiutò più volte le sue dimissioni, prima di farlo tornare a Milano.

Questo per dire quanto fosse legato a Sibilia, personaggio che incuteva un certo timore ed esibiva amicizie come quella con Raffaele Cutolo (di culto l’episodio con Juary). La facciamo breve: il 16 giugno 1983 Sibilia gli telefonò (a Franco Rossi, non a Cutolo) dicendogli le seguenti cose: 1) So per certo che domani mi arrestano, ma non scappo; 2) Arresteranno centinaia di persone in tutta Italia, fra queste anche Enzo Tortora; 3) Dovresti farmi il favore di tenere qualche mio soldo a casa tua, mi potrà servire. Una notizia, la seconda, così inverosimile che Franco si mise a ridere. Di sicuro fa riflettere che i nomi degli arrestati di questa maxi-inchiesta fossero noti il giorno prima dell’arresto non solo a Sibilia ma anche a tanti giornalisti, alcuni dei quali misero sull’avviso Tortora. Il presidente dall’Avellino sarebbe uscito relativamente bene da questa e da altre vicende giudiziarie, senza preoccuparsi troppo per la sua immagine, mentre su Tortora ci sarebbe stato un accanimento incredibile: nell’arresto l’errore degli inquirenti poteva starci, ma la condanna a dieci anni in primo grado rimane, per chi ha seguito anche solo la cronaca, una vergogna e purtroppo, bisogna dirlo, un precedente usato anni dopo da delinquenti veri per trasformarsi in vittime. Nel corso dei suoi ultimi anni Tortora combatté con grande dignità: nel 1984 fu eletto eurodeputato per i Radicali, ma si dimise e rinunciò all’immunità (non come piccoli uomini alla Toni Negri, quindi) per difendersi senza privilegi.

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