Loro 1 e Loro 2, sensibilità e furbizia

15 Maggio 2018 di Indiscreto

C’è qualcosa che non sia stato ancora detto su Loro 1 e Loro 2? All’ultimo film di Paolo Sorrentino non è mancata di sicuro la promozione, quella classica con ospitate da Fazio e altri ma anche quella involontaria dei tanti politici che l’hanno recensito senza averlo visto: mediamente una schifezza per quelli di destra, mediamente un capolavoro per quelli di sinistra. Dopo averli visti in sequenza, come consigliato dallo stesso regista (ma allora perché l’uscita a due settimane di distanza? I 7,50 euro in più li avremmo comunque pagati…), possiamo affermare con certezza che l’avere spezzato l’opera in due parti sia stata una furbata commerciale. Non giustificata sul piano narrativo né su quello quantitativo: 3 ore e 20 circa totali che sarebbero potute diventare due ore e mezzo semplicemente tagliando le insistite scene e inquadrature ginecologiche, soprattutto quelle di Loro 1, e qualche fellinismo telefonato.

Detto questo, il film ha molti punti di forza. Prima di tutto non è un film di denuncia, del resto parlando di Berlusconi è impossibile superare la realtà storica e giornalistica. Nemmeno con il registro del grottesco, quello usato nel Divo ‘contro’ Andreotti. Qui Sorrentino fa l’Allegri più che il Sarri: all’interno di un racconto poco organico ha la grande sensibilità di stare dentro il film e di mettere in campo i giocatori al momento giusto. Permette a un ottimo Scamarcio (che interpreta Sergio Morra, una specie di Tarantini) di dominare la prima parte, per far entrare in scena Servillo-Berlusconi quando lo spettatore è ormai entrato emotivamente nel mondo di ‘Loro’. Che poi saremmo noi, che non organizziamo serate di mignotte a beneficio dei politici ma fin dalla nascita ci confrontiamo con il mondo del ‘saperci fare’: una risata alla battuta di uno che può in prospettiva esserci utile non è filosoficamente molto diversa dall’andarci a letto, anzi.

Toni Servillo ai suoi massimi livelli, interpretando senza imitare e concedendosi il lusso di fare anche un memorabile Ennio Doris in una delle scene più importanti del film, Elena Sofia Ricci brava nell’essere una Veronica che a seconda dei momenti si ama o si odia, Kasia Smutniak una credibile simil Sabina Began, alcuni altri come Bentivoglio poco al di sopra del livello macchietta, le tante ragazze da coreografia un po’ vittime e un po’ colpevoli. Quasi nessuno viene chiamato con il suo vero nome, ma i riferimenti sono abbastanza chiari. Sorrentino procede per flash e intuizioni, con momenti struggenti (l’apparizione di Concato, la delusione di Mike Bongiorno-Ugo Pagliai) e prese in giro nella presa in giro, come il calciatore democratico che rifiuta il Milan. Geniale l’invenzione di una sorta di segretario-alter ego-narratore di Berlusconi, interpretato da Dario Cantarelli che noi fan di Nanni Moretti adoriamo. Coraggioso e riuscito l’utilizzo di tanti attori raramente usciti dal ghetto dorato della fiction televisiva. Alla fine l’effetto è puro cinema: ogni spettatore rielabora uno dei tanti Berlusconi e si identifica in lui, nella sua solitudine e nella sua lotta senza causa. Film notevole e poco politico, che delude i lettori del Fatto Quotidiano e quelli del Giornale ma fa pensare tutti gli altri.

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