Robin Hood al Mandela

19 Febbraio 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sulla coda del dragone in via Paolo Sarpi a Milano per fare della stupida ironia sull’inizio dell’anno che i cinesi dedicheranno al cane, proprio come quelli del basket vedendo la Coppa Italia. Chinatown, la vecchia casa di Carlo Recalcati. Già che eravamo sul posto avremmo voluto chiedergli se non era pentito di aver lasciato la sua Anna Karenina torinese, ma forse avrebbe dovuto pentirsi di più quando accettò di sostituire il Luca Banchi che meriterebbe più di un pezzo di quella Coppa Italia vinta per la prima volta da Torino. Restando in città ci era venuta anche la voglia di cercare il Cappellari da toccata e fuga fiorentina, città dove, sembra, ci potrebbero essere fondi per averla davvero la seconda squadra di Milano, odiosi al punto di chiedergli se non era pentito di aver lasciato, seppure con tutte le ragioni del mondo, la Cantù del proprietario in esilio perché nessuna squadra ci ha incantato più di quella che ha messo insieme il Sodini. Capolavoro di un allenatore che farà strada, perché ha qualcosa da dire e insegnare. Bastava resistere, anche senza contratto, come i giocatori dell’Ottobre rosso canturino, che bella sorpresa questo Parrillo, perché in quel gruppo c’è gente vera: per noi sono la squadra e l’allenatore dell’anno anche se i titoli li vinceranno altri.

Al Pala Mandela di Firenze sembravano davvero i novelli Robin Hood in una coppa Italia dove l’arciere di Nottingham era diventato il simbolo: portare via alle favorite, spesso anche le più ricche, per far godere quelle che erano vestite da Cenerentola. Una goduria per troppi, non soltanto gli invidiosi, vedere lo sceriffo dei ricconi sbattere la testa, pestare i piedini, lasciare la sala per aver capito che quei birbaccioni da vestire con sacchi di plastica piuttosto che con dolce velluto non stavano seguendo i piani partita studiati dall’allenatore che ha vinto così tanto nella contrada senese della palla a spicchi. A quei tempi dicevano che aveva i più forti, che andavano bene perché li pagavano in nero. Mah. Adesso sembra ancora alla guida dei più forti, questa volta pagati alla luce del sole, pagati anche tantissimo, ma poi deve aver scoperto che ci vuole qualcosa di diverso per non trovarsi un’armata in rotta dopo essere scesa tracotante fino all’Arno, una squadra che passerà alla storia dell’inverno come la scandalosa Gilda svestita anche per Giorgio Armani.

Certo fra i pentiti dobbiamo mettere tanta gente. Noi per primi. Tutte previsioni sbagliate, ma chi poteva immaginare? Un po’ come il tormentato Malagò che ai Giochi invernali ha scoperto che anche lo sci italiano ha gli stessi difetti del calcio appena commissariato. Parole, parole, ma poi, al momento dei fatti, la perdita del rispetto reciproco un po’ come ha scritto con eleganza la moglie di Marchisio pensando che Allegri sia più delicato con Ambra Angiolini che con il suo compagno di vita che è costretto a sorridere soltanto negli spot pubblicitari per prodotti che danno energia. Ironia del momento.

Certo a Firenze sono caduti nel fiume non più d’argento un sacco di presuntuosi. Noi per primi e ci costa dirlo adesso che abbiamo scoperto che se hai buone idee anche una passerella stucchevole come la partita delle stelle diventa qualcosa che è piacevole guardare. A Los Amgeles gli assi della NBA si sono divisi in squadre scelte dai due angeli del parquet come si fa ai campetti: da una parte LeBron James che ha rubato Durant al gattino Curry e poi anche i 100 mila euro del premio individuale per i vincitori della sfida. Dunque idee, soldi e anche una parata di stelle in vacanza può diventare qualcosa di speciale perché i campioni sono tali per la loro voglia di competere. Meglio trovandosi in una squadra, meglio se lo amano fare passandosi pure la palla e difendendo. È successo in California, non in Toscana. Le favorite hanno tutte pagato un debito a giovanotti ben pagati che se la tirano, spesso in faccia, che non la passano quasi mai. Tutti grandi tennisti, schermidori, ma non cestisti da ricordare.

Brutta da vedere Avellino che tradiva se stessa. Orribile l’immagine di Venezia che sembrava davvero una Mimì consumata. Della Milano che ha preso 105 punti contro una Cantù dove, alla fine, erano tutti in pezzi, con i crampi, guardati con nostalgia sicuramente da Culpepper e con tristezza da Crosariol, di questo Emporio diviso in clan, torneremo ad occuparci quando farà ancora la voce del padrone nei play off scudetto. Restano i favoriti perché, come detto tante volte, hanno tanta roba sugli scaffali, magari gente che non vuole parlare la stessa lingua, ma con una carriera dietro le spalle. Certo roba invenduta se poi sul campo giocano in sette, otto, se il patrimonio per poter fare difese dure viene lasciato in spogliatoio portandosi sul campo cipria e piumino. Chi paga, chi comanda, ha detto che tutti, compreso lui, lo ha sempre fatto, dovrebbero vergognarsi, tutti meno l’allenatore, sembra, anche se lo ha certamente indebolito dicendo che la squadra non aveva fatto nulla delle cose preparate nei due giorni di vigilia. Lui c’era, lui ha visto, valutato. Poi ha guardato il prodotto finito sul campo. Niente. Ma dirlo in giro è pericoloso, perché poi dovresti cambiare tutti i sordi del gruppo. Certo Milano lo fa da sempre, sia negli anni di poche vittorie sia in quelli delle vergognose delusioni, ora però avrebbe bisogno di cercare un Dulcamara tipo il Paolo Galbiati di Vimercate che pure era nella cantera Olimpia. Ma anche questo è un vizio della real casa. Mandare via chi trova poi gloria altrove, tipo il Melli. Fare come il Barcellona che infilzato due volte dal Pianigiani ha cacciato l’allenatore e poi è andato a prendersi la coppa del re contro il Madrid un tantino meno regale del solito? Non ci sembra il caso. Non dovrebbe andare così anche se è stata fatta una squadra, l’hanno fatta tutti insieme è stato cantato nel primo capitolo della nuova saga dai pubblicitari della ditta, che potrebbe, dovrebbe dominare, ma non divertirà mai perché è tutta gente a cui piace il miele, ma non la fatica che fanno le operaie per raccogliere il nettare.

Torniamo a Firenze dove i tradimenti sono stati tantissimi e la fortuna ha detto male alla Virtus che aveva davvero una grande occasione, che certo doveva presentarsi al Mandela con due giocatori in più piuttosto che in meno. Un po’ quello che ha fatto Torino, ohi come sarà contento il papà presidente delle scelte del figliolo che ha portato nel gruppo due decisivi come Colo e, soprattutto, il Blue eletto MVP, uno difficile dice la storia della sua vita sportiva, ma questo lo scopriremo più avanti se le vipere diventate leoni torneranno a mordersi fra loro invece che a passarsi la palla. Tradimenti di ogni tipo e non soltanto quello dei Briganti che hanno portato alla depressione il professor Carlà perché questo allenatore dell’anima ci teneva a portare gli amici nella sua tana dove lo spaghetto ha un senso.

Siamo felici per questo epilogo con la vittoria di Torino perché la città andava riconquistata, perché ci sono mondi, ci sono giornali, c’è una storia e siamo sicuri che De Stefano, ignorato nella ricostruzione storica, e Dido Guerrieri si siano abbracciati nel campetto dove si trovano adesso. Inferno o paradiso? Chissenefrega. La Torino che vinceva quando la Fiat sponsorizzava le ragazze, dava loro lavoro, creava spazio per grandi allenatori, non ultimo fra questi il bruno Arrigoni diventato poi anche un manager eccellente, forse l’unico che al momento non si stupisce se Trinchieri sembra sulla strada del divorzio col Bamberg. Non perché sappia di ingaggi importanti altrove, potrebbe essere, ma perché ha imparato a conoscere la gente.

Sì, certo, importante la sponsorizzazione Berloni, belle le scelte, bravi i giocatori, ma questi di oggi, i Karenina boys, hanno fatto un capolavoro. Alzi la mano chi non faceva il sorrisino ironico parlando delle golosità di Garrett, delle dolci follie di Washington, dei treni perduti da Poeta e Mazzola, del siluramento dello Iannuzzi che pure era stato inserito nel giro di Azzurra da Sacchetti, della punizione per il ribelle Patterson che con Banchi faceva meraviglie. Poi l’allenatore di Vimercate. Giovanili, tanti video preparati per i boss. Insomma Torino da non prendere in considerazione e invece eccola lassù. Bravi davvero e noi nella coda del dragone a farci bruciare le piume dell’arroganza.

Niente pagelle, ma stati d’animo per un vecchio che ha scoperto la laurea ad honorem dell’incompetenza ancora una volta. Ci sarebbero altri che meritano lo stesso riconoscimento, ma girano ancora vestiti da pavoni, da galli anche se il loro anno è finito.

PRIMA GIORNATA FIORENTINA

Stupiti da CREMONA, DRAKE DIENER, persino da SIMS, incantati da MAZZOLA, sarà anche poco simpatico e un po’ presuntuoso, però la braga lunga non nasconde il marone rovente, dallo stesso WASHINGTON un po’ folle. DELUSI dall’atmosfera di strapaese con majorette da pollaio, dai mori di Venezia, da TONUT, da AVELLINO presa in blocco e dal WELLS inguardabile.

SECONDA GIORNATA AL MANDELA

Tutto bellino, tanti amici loro, persino la certezza che il futuro del nostro basket andrà affidato ai legaioli concedendo la gestione degli arbitri dove, nella guerricciola fra guelfi e ghibellini, ci ha rimesso ancora una volta Sahin non visto in semifinale, né all’ultimo atto anche se chi ha diretto è stato bravo. Lo sarebbe stato anche lui.

STUPITI DA

CANTÙ come araba fenice per tanti che ancora criticano e parlano a vanvera quando si discute su stranieri ed italiani. Escono da trionfatori pur avendo lasciato quel poco che avevano nell’inferno di un derby stravinto, dominato. Nel clan dei commentatori convinti che le gesta sportive debbano essere raccontate ai nipotini (che palle) questa impresa cantuchiana sarà al primo posto nell’anno in cui Milano ha deciso di complicarsi la vita pure d’inverno. Negli ultimi due anni l’aveva vinta la coppa, persino con Repesa.

SODINI e una vera squadra, questo BURNS che Brescia dovrà rimpiangere, che molti soloni non vedevano neppure come panchinaro per Azzurra, magari avessimo creduto più in lui che in altri presunti centri, ma Messina lavorava pensano al domani e, anche se pentito, ha chiesto al naturalizzato di essere paziente.

Dai fratelli VITALI nel giorno in cui ai fratelli GENTILE tutto è andato storto. A TRAINI per aver dato quello che ha, Al vecchio OERTNER che le prende per tutti.

DELUSIONI

PIANIGIANI e la sua ciurma, tutti. Nessuno escluso. BALDI ROSSI perché la Virtus in emergenza aveva bisogno di lui come mai prima.

TERZA GIORNATA TOSCANA

Facciamo appena in tempo ad arrabbiarci avendo scoperto che la comunicazione di coppa, seppure fatta bene, non aveva più il tocco che per dieci anni ci aveva regalato il gruppo di Dario COLOMBO, cominciando da Botta e Federica, ma è già tempo di bellezza perché Fiona MAY porta al centro del campo il trofeo accompagnata dalla figlia Anastasia che, per fortuna, sembra appassionata di basket anche se, nata da lombi prestigiosi, finirà pure lei nell’atletica, aggrappata al quarantunenne Donato, come la sorella LARISSA che già salta in lungo più di sua madre alla stessa età.

STUPITI DA

Cremona perché anche se battuta da chi poi vincerà la coppa ha fatto cose davvero belle. Bravo Meo e fai bene a dire che in giro c’è poca pazienza: ci vergogniamo di aver chiesto proprio a lui, alla vigilia del campionato, approfittando del momento di libertà lasciato dalla moglie che è la vera tigre di una straordinaria famiglia, se ci fossero in giro squadre più deboli della sua. Silenzio. Assenso o compatimento. Diamoci una risposta adesso. GARRETT fa pensare che eravamo impazienti, ma lui ha talento, BLUE che non riusciamo a valutare senza farci condizionare. La notte di LUCA VITALI e di DIANA anche prendendo spesso a calci il secchio. Sorpresi dalla sapienza e dalle qualità di CHAPPELL, ma quello che ci ha sbalordito è stato THOMAS anche più del PARRILLO meravigliao.

ULTIMO ATTO DA DOTTOR STRANGE

L’Antico, vecchio guru, trasforma le serpi in leoni. Torino in festa nel pieno al Mandela, piano con gli incensi, ha fatto il pienone anche la pallavolo femminile, certo grandi squadre, bel gioco, ma il volley è avanti anni rispetto ai legaoli di un basket che, dicono, toglierà la scritta utilizzata dai critici, che non sono soltanto cinici come pensano loro, cioè quello di sentirsi un altro sport. No, no. Meglio contenersi.

STUPITI DA

POETA che va sottobraccio a MAZZOLA verso la coppa, la prima per Torino e per loro. Tocco italiano nella notte in BLUE dove TORINO contribuisce alla storia della redenzione. Bravi i nuovi tori, Colo e Blue, bravissimi i peccatori che c’erano. Stupendo il GALBIATI esordiente che si era già mangiato Venezia. Da ricordare la partita di Brian SACCHETTI. La direzione arbitrale è stata fatta bene, dialogo e non soltanto punizioni, bravi. WASHINGTON che ha dimostrato come non sempre i parrucchieri abbiano un senso logico quando mandano in campo i loro clienti conciati così male.

DELUSI DA

VUJACIC il grande, che ha recitato in maniera hollywodiana la parte del torero per l’ultima stoccata, ma in questo viaggio lui è stato ai margini della lotta più che dentro, come dicevano in Mediterraneo.

I VITALI traditi dalla tensione di una finale. Allo stesso LANDRY che ha segnato tanto, ma è mancato tanto, certo non come HUNT e MOORE, lasciando da parte l’acciaccato MOSS che di solito, anche zoppo, è un tipo da sbarco sulla luna. A DIANA che si è accorto tardi di aver liberato le paure di Torino nelle 3 volte che l’aveva in mano. Ai padroni di TORINO se penseranno di averla fatta franca, di aver pescato bene, hanno preso anche PELLE, di aver fatto dimenticare quello che è successo. La COPPA conta come direbbe ANCELOTTI, ma non nasconde tutto.

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