Cercasi genio disperatamente

8 Gennaio 2018 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalle gelide cucine della Casa Bianca di Washington per scoprire dal cuoco di corte cosa mangia il presidente degli Stati Uniti se, prima del ruttino, fa sapere di essere un genio che adora le polpette della tradizione Mac. L’urgenza della scoperta per tornare in tempo nella palude del basket italiano. Con quel cibo degli dei vuoi non trovare un genio anche nel fiume legaiolo, nelle contrade federali? Certo abbiamo anche chiamato in causa il difensore dei credenti, cercando di far passare la teoria inglese che non si spara al messaggero. L’unica certezza è che alla Lega hanno deciso di fare come dicono i napoletani: se provi ad essere martello batti, ma se tu sei l’incudine è meglio che lasci che altri ci battano sopra. Non ha vinto Petrucci perché non era una partita alla pari. Mancava l’uguaglianza competitiva delle idee. Coda fra le gambe in attesa che il genio occulto che pensa di muovere tutto, soltanto perché gli hanno regalato una coperta dove si annidano strani acari, trovi una strada diversa per imporre la filosofia aziendale così diversa da quella sportiva dove coltivare costa tanta fatica, dove veder sbocciare un fiore non è sempre la cosa più facile.

Certo avremmo risparmiato bitcoin se invece di andare a Washington avessimo puntato subito sul Campus di Varese dove sabato è stata aperta la sala dedicata a Gianni Asti, allenatore, maestro, membro a pieno titolo in una casa della gloria del basket italiano che non ha pareti, ma cieli infiniti perché, se impegnano il presidente federale per salvare i piccoli soldati Ryan del nostro vivaio, non può aver tempo per cercarla una sede dove si possa ricordare passato e anche presente, sognando il futuro. Quelli di Varese, come hanno fatto a Trieste per Rubini, non ci hanno pensato tanto. La facciamo noi per i nostri campioni. Così è stato e alla festa, mentre la moglie del nipote Saibene, impegnato a Rimini con le giovanili del comitato lombardo, consegnava quel trofeo che Sandro Gamba, Cappellari e la commissione assegnarono ad uno degli allenatori più bravi nella storia di questo sport in Italia. C’erano tutti i suoi ragazzi. Dovevano esserci anche i potenti, ma quelli, sapete, hanno altro da pensare.

Lo capiremo da come usciranno prima dal consiglio federale e poi da quello di Lega dove il fazzoletto nel taschino del presidente Bianchi sarà inzuppato da lacrime di coccodrilli convinti di poter fare regole secondo gli algoritmi bocconiani, con la scusa di essere dalla parte del giusto perché pagano, magari non tutti, magari non nella stessa maniera, ma, insomma, fanno sacrifici per trovare tante sponsorizzazioni e tenere in piedi la baracca. Sì, certo, ci sono anche quelli fortunati che hanno trovato Armani e Segafredo, ma a parte Sassari che si è portata avanti con il lavoro creando la società satellite a Cagliari, inventandosi quello che altri scopiazzano da tempo, pregando perché Avellino resista, sicuri che troveranno un loro sostegno a progetti intelligenti Brescia, Venezia, Cremona e, per il bene comune, la Torino sponsorizzata Fiat, come ai tempi in cui dominavano il basket femminile, credevano davvero nell’atletica, nel nuoto, davano spazio a quasi tutti gli sport. Accidenti, dove siete stati fino a ieri? Se valutiamo le dame al ballo di Lega tutte hanno qualcosa per cui vale la pena sperare nella revisione del buon senso, persino la Cantù che sbalordisce sul campo e fa inorridire per quello che avviene fuori, ma serve umiltà, non un genio strapagato come quelli strapagati ed appena congedati. Non fatevi furbi, non cercate di capire cosa mangia il Trump, leggete un po’, date ascolto ai vostri allenatori soltanto quando vi convinceranno che stanno lavorando per la società e non insieme ad una manager per papparsi la fetta più grossa del bilancio.

Serviranno anni per rifare una vigna decente come quella di French Kiss, come quella che ci ha dato i giocatori per stare al vertice internazionale fra il 1980 e il 2004, certo pagando anche stagioni di brutto tempo e cattivo raccolto. Lasciando la ricetta ai giardini Margherita eccoci nella stagione del freddo dove la squadra azzurra di Malagò è pronta per trovare medaglie alle olimpiadi invernali coreane, nella speranza che i geniali capi di stato non stacchino la mano dal pulsante delle puzzette nucleari, medaglie, fortunatamente ancora ben pagate, che cambieranno la vita di professionisti con stipendi che i Nainggolan assetati prendono in una settimana, che andranno a premiare federazioni virtuose, basta che si rimettano a lavorare in fretta.

La regola dovrebbe essere sempre questa, anche per i giocatori italiani di basket che vorremmo vedere sul campo. Soltanto se lo hanno meritato. Certo anche con la possibilità di sbagliare per eccessivo entusiasmo, non per sciatteria, vigliaccheria, egoismo, stupidità, ignoranza tecnica. Quello che i bravi allenatori dovrebbero curare, ma non andando a prendere subito lo straniero che copre il difetto del virgulto mai cresciuto, quello che dirigenti seri dovrebbero fare se non vivranno nell’illusione dei gigolò, nell’idea sbagliata che hanno tutto per cambiare il sistema, comandare soltanto perché hanno una buona servitù a cui permettono persino di sedere sullo stesso sgabello per la foto natalizia.

Ma torniamo al campionato che ci ha detto quello che forse sapevano tutti: dietro Milano, un paio di lunghezze rimontabili se lassù dove possono comprare tutto cercheranno soltanto scuse e non cureranno una squadra a cui manca fosforo e anche generosità perché non c’incantano con la storia delle partite importanti giocate quasi alla pari con tutti. Basterebbe questa scusante da asilo Mariuccia a squalificare chi si difende dall’evidenza. Insomma come pretendere di essere giustificati avendo tutto, avendo potuto fare tutto per cambiare un’altra volta? La vittoria è il minimo in Italia, il successo in almeno la metà delle partite di eurolega era la logica di una costruzione che assomiglia troppo all’eremo dove hanno mandato l’allenatore: palazzo curvo, palazzo storto, palazzo dritto.

Dunque Avellino che ora aspetta pure Laval e ci auguriamo che non aspetti invano, o non si aspetti troppo da un giocatore che spacca le partite, ma, spesso, spacca anche certi equilibri. Dietro di loro Sassari e Trento se la smetterà di avere sfortuna. Su Venezia restiamo perplessi, ma De Raffaele ci ha insegnato l’anno scorso che nel ballo in maschera del campionato ci si può camuffare. Siamo contenti per Torino perché i primi due quarti contro Brescia sembravano esagerati, però ha resistito anche perché la squadra di Diana ha perso l’umiltà dei giocatori con grane ego che stavano bene col saio e non con la marsina.

Per Sacchetti un premio speciale. Ad inizio anno gli chiedevamo se pensava di vedere intorno squadre più deboli della sua. Adesso potrebbe dirci che non ce ne sono tante più forti e certo è stato importante aver inserito Fontecchio, nella speranza di dargli la gioia di un basket giocato senza ipocrisia, dove chi sbaglia paga, ma dove nessuno si tira indietro e dice è colpa loro, io glielo avevo detto, è colpa sua.

Con dolore abbiamo scoperto che Pesaro è laggiù in fondo. Basterebbero due uomini in più, ma non ci sono. Con sollievo per la passione di Brindisi abbiamo riscoperto una squadra che Vitucci è riuscito a cambiare rispetto a Dell’Agnello. Siamo contenti per il doge, amareggiati per il tigre. Certo battere quella Reggio Emilia non è stato così difficile. Mezzi giocatori, nessuna difesa, tante parole al vento, altro che colpa degli arbitri e Della Valle ascolti più Menetti che Bogdanovic, anche se lui è uno di qualità perché si allena di qualità. Ora vedremo se Varese riuscirà a rimettersi in piedi prima che qualche genio vada a cercare difetti nel manico. No, i problemi sono negli ingredienti da mettere sul fuoco.

Pagelle nella speranza di essere capiti persino da quelli che non contano niente nel basket italiano.

10 Ad AVELLINO, come società, squadra, pubblico per come stanno giocando per come hanno ricordato Frederic FORTE, ex giocatore dei Lupi, campione con la Francia, presidente di uno dei club più prestigiosi nella terra dove al vivaio hanno creduto e dove ancora producono più di noi.

9 A Vincenzo ESPOSITO, che certo non sta andando benissimo con Pistoia, per una dichiarazione che dovrebbe essere sul diario di qualsiasi uomo di sport, ma soprattutto del suo sport: vivo per il basket, non di basket.

8 Al BUSCAGLIA che stava cambiando ancora una volta la stagione di Trento, dopo aver convinto tutti, persino Flaccadori, che se non hai tante qualità in squadra è meglio puntare sulla difesa. Forse non sarà alle finali di coppa Italia, ma alla fine molti rifaranno i conti con le Aquile.

7 Al diciannovenne OKEKE, nella speranza che resti sempre amico del suo allenatore e del lavoro in palestra, senza volare dove ci si brucia le ali, perché fra i giovani talenti della serie A ci sembra quello più interessante, cosi come Patterson sembra il più concreto nella squadra di Banchi.

6 Al POLONARA che abbiamo visto soffrire per aggiungere le molte cose che mancano al suo repertorio tecnico. Andando avanti in questo modo avremo un giocatore vero e Sassari avrà la pedina in più che servirà nella battaglia sulla via della seta.

5 A CANTÙ perché quando giocano sono belli da vedere, perché ci viene il nervoso pensando che vivono in una bolla fra essere e non essere, con un popolo che li ama, ma non sa se può davvero amarli. Comunque questo Sodini merita di essere fra gli allenatori dell’anno.

4 Per ARADORI, 1 su 4, Baldi Rossi 0 su 5, Ale Gentile maximo anotador con 18 punti, ma con un plus minus di meno 33, Stefano gentile 0 su 7, per la partitaccia di Avellino che ha fatto urlare Ramagli: vergognosi. Eccoci al punto di partenza. Prima di sentirsi padroni del nuovo villaggio bisogna saperlo difendere aiutando americani non fortissimi, ma di certo non così scarsi come dicono certe facce.

3 A LEUNEN, il vero genio della lampada di Sacripanti, perché fa venire crisi di nervi agli schiavi delle statistiche a chi guarda soltanto le cifre. Contro Bologna ha fatto 0 punti, ma la partita è stata in mano sua da quasi subito, appena ha preso in custodia l’avversario che tirava di più.

2 Alle SOCIETÀ che nella boria si sono dimenticate di imitare quelle che utilizzano i ragazzi del vivaio per pulire bene i campi dove sono state messe vere tagliole pubblicitarie fottendosene dell’incolumità dei loro giocatori, tanto se si rompono ne prendiamo un altro; quelle che non mandano questi ragazzi dagli arbitri nei minuti di sospensione con asciugamano e bottigliette d’acqua. Civiltà sportiva, gente.

1 Alla FEDERAZIONE per aver mostrato in maniera davvero crudele come questa Lega sia un circolo per gente che ama lo specchio, ma non sa cosa sta guardando.

0 Alla LEGA per aver dimostrato di essere qualcosa di coeso, con idee da difendere fino in fondo. Nascendo la rivolta con progetti sbagliati è chiaro che poi si finisce per farsi revocare anche i pochi privilegi. Se avanza qualcosa nel bilancio vadano a chiedere agli americani che in Italia credono che Trump sia un genio.

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