Babylon Berlin e il fascino di Weimar

10 Gennaio 2018 di Stefano Olivari

È impossibile trovare una serie ambientata in un contesto storico più stimolante rispetto a quello di Babylon Berlin, di cui abbiamo appena finito di vedere su Sky Atlantic la sedicesima e ultima (ma non ultima, si spera, visto che i libri da cui la serie è tratta arrivano al 1934) puntata. Parliamo della Berlino del 1929, in piena Repubblica di Weimar e con la fragile Germania dell’epoca che avrebbe potuto andare in tante direzioni: il consolidamento della democrazia liberale, il ritorno del Kaiser, un governo industriale-militare, una rivoluzione comunista, il nazismo. Inutile ricordare la direzione poi presa, ma proprio per questo la Berlino dell’epoca fa ancora di più meditare sulle possibilità perdute. Insomma, questa serie tedesca è partita con buonissime armi (…) in mano.

Protagonista Gereon Rath, commissario che da Colonia viene mandato a Berlino per indagare su un ricatto a luci rosse di cui è vittima il borgomastro di Colonia (cioè Konrad Adenauer, proprio il futuro fondatore della CDU e cancelliere della Germania Ovest), ma che presto viene fagocitato dagli intrighi e dalle personalità incredibili che in quel momento sta producendo la Germania. Un paese umiliato dal Trattato di Versailles, dove l’esercito si sta in segreto riorganizzando a prescindere da Hitler (anzi, la contrapposizione Hitler-esercito ci sarà sempre) e con la fattiva collaborazione di Stalin. Un paese la cui capitale è probabilmente al massimo della sua storia culturale, da Brecht a Billy Wilder. Il ricordo della Grande Guerra è ancora vivo in tutti, soprattutto in chi l’ha combattuta come Rath, che in trincea ha perso un fratello (il dolore non gli ha impedito di mettersi con la vedova) e guadagnato una malattia nervosa che lo costringe a strafarsi di medicinali.

Per quanto riguarda la storia, il punto di forza sono i personaggi molto caratterizzati: il poliziotto ‘deviato’ Bruno, l’intraprendente Charlotte, la pseudocontessa Sorokina, il questore ebreo Benda (nostro personaggio preferito), il trotzkista Kardakow, l’industriale Nyssen e tanti altri. Punti deboli le scene di azione, goffe e fumettistiche oltre i confini del ridicolo (Kardakow sembra Gatto Silvestro), ma anche certi collegamenti e certe coincidenze da romanzetto, tipo che nella stessa pensione si ritrovino a risiedere il commissario, il giornalista di denuncia e il sovversivo russo. Non ci è piaciuto nemmeno il modo in cui la serie è stata promossa, come se l’aspetto peccaminoso e dissoluto delle notti berlinesi fosse centrale. Rimane il fatto che il contesto storico vinca su tutto: quella Berlino del 1929 è il prodotto della sconfitta militare, di Versailles, della rivoluzione spartachista e della relativa restaurazione, del tentato colpo di stato di Kapp, della costituzione liberale di Weimar, del maggio di sangue prodotto da istinti rivoluzionari di segno diverso. Inevitabile l’effetto dottor Zivago: tutti sappiamo che Lara non si girerà, ma continuiamo a sperarci. Tutti guardiamo quella Germania andare verso il nazismo e ci chiediamo come sia possibile. La strada verso il 1933-34 è ancora lunga, comunque. Per lo meno nella fiction.

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