Amico è d’autore (intervista a Dario Baldan Bembo)

23 Gennaio 2018 di Paolo Morati

E all’improvviso, tutta Italia, isole comprese, si ritrovò un motivo da cantare tutta insieme in coro. Intitolato Amico è (inno dell’amicizia), capace di superare i confini nazionali ed entrare di diritto anche tra i cori da stadio, tra il 1982 e il 1983 divenne uno dei tanti successi di Dario Baldan Bembo, organista e tra i primi specialisti Hammond in Italia, nonché cantante e compositore di diversi grandi classici della musica italiana. Lo abbiamo intervistato, ripercorrendo alcune tappe della sua carriera e raccogliendo anticipazioni sui progetti in corso.

Partiamo dalle origini e dalla scoperta della musica…
Di fatto fin da bambino ho avuto il desiderio e la passione di suonare il pianoforte, che avevo in casa e senza il quale, magari, non avrei mai imboccato questa strada. Ero favorito anche dal fatto di avere l’orecchio assoluto, eppure dopo aver frequentato il Liceo Classico mi ero iscritto a Giurisprudenza, visto che mia madre voleva che diventassi avvocato. Senonché ricevetti da un amico di mio fratello Alberto, anche lui musicista, la richiesta di entrare a far parte di un complesso insieme a Ico Cerutti, Bruno De Filippi e altri. Eravamo quotatissimi e venivamo chiamati ad aprire i concerti delle band internazionali che arrivavano a suonare in Italia. Il mio ruolo era quello di tastierista Hammond, che è stato la mia prima vera passione. All’epoca in Italia eravamo solo in tre organisti specializzati e io, non avendo alcuna esclusiva, lavoravo un po’ per tutti, anche per Lucio Battisti suonando in brani come Amore non amore, I giardini di marzo… Dopodiché ho abbandonato la carriera di turnista intraprendendo quella di cantante. Con Bruno De Filippi che mi consigliava di diventare un vero e proprio jazzista anziché dedicarmi alle ‘canzonette’, avendo individuato in me la stoffa per poterlo fare. Mi bastava infatti ascoltare brani di John Coltrane o Miles Davis per impararne gli assoli a memoria.

Come è iniziata la carriera di autore?

Tutto partì da Augusto Martelli che mi chiese una canzone per concludere la colonna sonora di un film, Il Dio serpente, che divenne poi il brano Djamballà. Da lì arrivarono richieste per brani da affidare a Caterina Caselli o Johnny Dorelli, e si sparse la voce di questo organista che scriveva canzoni. Finché non ebbi un contratto con l’etichetta Come il vento e iniziai a scrivere come professione, avviando la collaborazione con Mia Martini, da Minuetto a Piccolo Uomo a Donna Sola, e successivamente componendo per molti altri come Al Bano e Ornella Vanoni, fino all’incontro con Renato Zero per il quale ho scritto una quindicina di canzoni comprese Amico e Più su. Oggi nomi di questo calibro non ce ne sono e non c’è nemmeno più l’abitudine di chiedere i brani agli autori… tutti si scrivono le cose in casa tra di loro, coinvolgendo per assurdo anche ‘il proprio autista’, con la qualità che si è abbassata drammaticamente.

Le canzoni di successo come si scrivono?
È tutto molto semplice, tenuto conto che abbiamo sempre il difetto di mitizzare e dare importanza a quanto riteniamo ce l’abbia. Se vogliamo trovare le origini della sconfitta di Napoleone a Waterloo non possiamo certo dire che aveva mal di piedi, e invece può darsi fosse proprio così… questo per dire che spesso la realtà è legata alle cose più semplici e naturali di quanto si propone invece come mito. Così è successo anche nel mio piccolo. Ad esempio il motivo su cui si basa Aria (del 1975 e primo suo successo da solista, n.d.r.) l’avevo creato registrando qualcosa che avevo in testa su un registratore Geloso, e ho poi ripreso la stessa idea dopo dieci anni, l’ho sviluppata ed è diventata un successo internazionale.

Cosa si può invece dire di Minuetto?
Minuetto è nata inizialmente quasi di getto, mettendo insieme un inizio con un arpeggio che ricorda la musica classica, per poi unire una frase di un arrangiamento alla Billy Joel con il controcanto degli ottoni. A questo punto va detto che in genere quando le canzoni si devono sfogare vanno verso l’alto, come ad esempio O’ sole mio, con gli interpreti che gridano come matti. Io ho ribaltato la cosa, con l’inciso che va verso il basso. Cambiando poi tutto il pezzo nel finale, con un arrangiamento ‘americano’, e un andante completamente diverso. Tra l’altro di recente ho fatto uscire un disco intitolato Io e Mimì dove ho riscritto e suonato i 12 brani fatti per lei affidandoli all’interpretazione di Sabrina Carnevale. Perché non è vero che non si possono ricantare le sue canzoni, ma bisogna trovare un’interprete capace di cantare come lei.

Passiamo ad Autostrada del 1981, un brano lunghissimo e lontano da quelli che sono gli standard imposti dalla discografia odierna…
Mi sono messo alla tastiera, trovando la ‘chiave del pezzo’ da cui dipende poi tutto, l’embrione e il DNA della canzone. Quello che sta sotto, da cui poi consegue tutta la melodia che insegue sempre la chiave iniziale. L’inciso è arrivato di getto tutto in un’oretta di mezzo. Apparentemente semplice ma in realtà complesso nel suo svolgimento. Avrei voluto chiamarlo Viale del Tramonto.

Nel 1982 esce invece l’album Spirito della Terra. Un progetto originale, anche in termini di realizzazione, essendo stato registrato all’aperto, in campagna…
Mi domando come mai nessuno sia andato più a incidere un disco in campagna. Vanno tutti a infilarsi nelle sale di registrazione, che è il modo peggior per registrare. Ho sempre suonato in cantina, a casa. La sala d’incisione è anti idee e anti creatività, è qualcosa di asettico, da ospedale, dove al limite ci si reca per ultimare il lavoro. Per Spirito della Terra siamo andati in campagna convincendo la CGD a realizzare un disco in questo modo. Mi hanno dato tutti del matto, tranne Alfredo Cerrutti allora suo direttore artistico. Si trattava di un progetto presso una cascina con un grande prato, i gazebo, le tende, i bungalow. Una sorta di comunità e da lì è nato il disco, coinvolgendo anche un’orchestra di 40 elementi. Si faceva il bagno nei dintorni, si giocava a pallone nel prato, era un modo di lavorare che prediligo ancora. Nessuno ha copiato l’idea, anche tra quelli che hanno partecipato… peccato.

Veniamo quindi ad Amico è (in origine chiamata Falò) contenuta in Spirito della Terra. Come è stato realizzato questo brano diventato poi anche un coro da stadio in tutto il mondo?
È stato realizzato dopo una pasta e fagioli per 200 persone venute dal paese, mangiata in compagnia di tanto vino rosso. Insieme al coro e a Sergio Bardotti che dirigeva tutti, in piedi su una sedia. Un segnale di allegria che è la spiegazione del suo successo. Qualcosa di non costruito a tavolino, come accaduto anche con altri successi come Soleado, scritta con Ciro Dammico e che, nato come coro, è poi diventato When a child is born, esplodendo negli Stati Uniti e trovando un posto tra i classici di Natale.

Due le partecipazioni al Festival di Sanremo, arrivando terzo con Tu cosa fai stasera nel 1981. Oggi che cosa si può dire del Festival?
Dico solo che di Sanremo parlarne male è facilissimo ma è altrettanto difficile parlarne bene, insomma una via di mezzo. E che una volta uscivano artisti e canzoni che duravano nel tempo. Diciamo che Sanremo è lo specchio dei tempi e quindi se i tempi sono questi….

Quelli dei talent?

I giovani oggi ci sono, ma purtroppo il talent è qualcosa di commerciale, fra il discografico e il televisivo. Bisogna capire dopo un anno che fine fanno. Ne escono successi che durano il tempo della trasmissione, e gli interpreti sono dei ‘fantasmi’, anche bravi, ma supportati da niente. Una volta i cantanti avevano dietro l’autore che scriveva per loro, il paroliere, l’arrangiatore e l’orchestra che li aspettava, e quindi nasceva il disco. Adesso con cosa vengono fatti i dischi?

Quali sono infine i progetti in corso?
Sono 25 anni che non faccio un disco di inediti, ho vissuto molto di rendita su quanto costruito in passato e vivo anche bene. Ma di recente ho avuto una spinta incredibile per rimettermi a fare un disco. Questo grazie a un incontro avuto con dei giovani in occasione di un concorso di voci nuove. A loro richiesta ho cominciato a suonare, il che mi ha fatto capire che anche le nuove generazioni riconoscono i miei brani e la mia capacità di autore. Rispettandomi. Al ritorno a casa avevo in tasca  la loro determinazione, ed ebbi uno scatto d’orgoglio. Ho capito che per gli anziani sono sì un bravo autore, mentre per i discografici un autore bravissimo ma ormai datato: sono miei nemici, Caterina Caselli a parte, vanno in televisione a giudicare senza conoscere nemmeno la musica. Ma ho scoperto una fascia di mercato di giovani che mi ammirano, mi scrivono e che stanno dalla mia parte. Ecco che allora in questo momento sto lavorando a un concept album che si intitolerà Viaggio dentro noi, che uscirà ad aprile anche in vinile. L’idea è quella di raccontare il percorso di Santiago di Compostela, i giovani che vanno alla ricerca di sé stessi abbandonando le comodità. Sarà un viaggio introspettivo sui valori della vita, con l’ultimo brano che si chiamerà Voglia di Dio, con quest’ultimo che alla fine si scopre essere dentro di sé. Ho già fatto sentire il brano di apertura e un commento è stato: “Questa canzone mi ha cantato dentro”. Trovo che sia stata una reazione bellissima.

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