The Square, classe senza coscienza

15 Novembre 2017 di Stefano Olivari

Il classismo esiste in ogni società, ma in quella occidentale è unito ad una vicinanza fisica fra le classi che da budrieriani, appassionati e quasi residenti della zona San Siro da sempre ci affascina e sconcerta. Per questo The Square, appena uscito nei nostri cinema, è un film da vedere nonostante abbia vinto l’ultima Palma d’Oro a Cannes, lo scorso maggio. Il titolo prende il nome da un’opera di arte contemporanea, né più ne meno di un quadrato disegnato per terra, che Christian, curatore un po’ fighetto di un museo di Stoccolma, acquista grazie ad una donazione. Christian spiega al pubblico dell’arte e ad una giornalista (Elisabeth Moss è la Peggy di Mad Men) che il quadrato significa fiducia e altruismo, un perimetro all’interno del quale tutti abbiamo gli stessi diritti e doveri. Le classiche parole vuote da cartella stampa, che sulle prime fanno sembrare l’opera di Ruben Östlund una blanda satira sul mondo dell’arte (lette recensioni in tal senso), ma che invece secondo noi racconta in chiave moderna l’impossibilità di un reale rapporto con gli ‘altri’, senza che ci siano buoni o cattivi (i mendicanti risultano come i ‘barboni’ della nostra quotidianità, non come i romantici ‘clochard’ del Tg3 o di Sky Tg24). Il furto del portafogli ed il goffo tentativo di recupero fanno entrare il protagonista in contatto con una realtà non particolarmente degradata ma comunque spaventosa, di cui Christian non sa niente. Chi di noi realmente frequenta in maniera non superficiale gente di classi sociali diverse, superiori o inferiori che siano? Al di là di quattro cazzate su Ventura e Buffon non abbiamo argomenti in comune… Discorso che vale a maggior ragione nel mondo politicamente corretto di Christian, dove c’è sempre qualcuno di più puro, come dimostrerà una sfortunata campagna pubblicitaria per la mostra. Un film con chiari intenti progressisti, ma onesto e per molti versi decisamente sgradevole (l’uomo-scimmia che da opera d’arte diventa reale dice tutto), che forse non piacerà a chi si batte per le cause senza avere contatti con le persone. Un film vivo, non un compitino da festival come potrebbe sembrare.

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