Troppa fretta con la Zandalasini

9 Ottobre 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dall’accademia degli sconvolti nel regno di Grufolandia dove il portavoce è Paul Auster tornato a scrivere un libro dopo il 2010, un americano con la fortuna di poter dire a Trump che è un demente e dire che Nixon era un razzista, però su molte cose entrambi più a sinistra di Clinton. Beato l’uomo di Newark che si è accorto subito come sia più difficile dire la verità a Grufolandia anche se ci ha spinto a cercare almeno il coraggio per non tacere. Dovrebbe andare così. Qualcuno ci riesce. Luciano Barra che non le manda a dire a quelli della “nova atletica” che non hanno mai capito quella vecchia. Lorenzo Bernardi che onora gli “studi” con Julio Velasco e si prende la prima supercoppa della pallavolo vincendo con Perugia in casa dei campioni d’Italia. Speriamo possa farlo Andrea Giani, altro figlio della squadra mitica dell’argentino senza frontiere, adesso che Milano gli ha ridato una squadra, a Verona gliela tolsero, mentre la Germania lo rispetta e lo aiuta nel nome dell’interesse nazionale.

Quello che non sembra disturbare Federica Pellegrini quando mette il suo tacco dodici sul premio al Moro Morini come miglior allenatore di nuoto italiano per il 2017. Lei avrebbe preferito il suo Giunta. La capiamo. Ma esiste anche il rispetto e lo stile, va bene che col Moro, la guida sicura di Paltrinieri e Detti, le cose per lei non erano andate bene, ma questa protesta stona, anche se fingiamo di non accorgercene e i dirigenti tacciono.

Lo deve fare anche il basket adesso che se la prendono pure con le scelte di Fucka per l’under 14 e di Abbio, sempre per le giovanili, perché il coro fa sapere di aver individuato almeno venti allenatori delle giovanili con più qualità (chi la misura?), più esperienza, può essere, dei due ex azzurri che hanno deciso di dedicarsi al lavoro di reclutamento, ad insegnare quello che hanno imparato. Lontano dalle luci a cui erano abituati. Non va bene neppure questo. Vero che si devono lasciare speranze a tutti, la storia spiega bene che non sempre i grandi allenatori vincenti sono stati anche grandi giocatori. In tutti gli sport. Esistono maestri silenziosi che non hanno mai avuto l’occasione per allenare al vertice, per fortuna la loro passione ha resistito e continuano a lavorare per una base dove restano pochissimi credenti in mezzo ai farisei del pennino e della gomma, facce di cartapesta che per prime avrebbero dovuto aiutare chi andava in miniera, nelle palestre peggiori, ogni giorno. Abbio e Fucka dovranno dimostrare di aver meritato l’incarico, considerando storia e medaglie diciamo che si sono mostrati più umili di tanti altri. Speriamo che lavorino bene. Che possano farlo. Il basket italiano ha bisogno di tutti, meglio se ha pure un passato glorioso. Certo non saremmo stati tanto tempo in carestia, con la Nazionale, con i club, se non fossero mai nati i dirigenti di grufolandia, ne abbiamo conosciuti parecchi, che dopo il terremoto Bosman davano di gomito al vicino nelle riunioni di Lega: “I vivai sono troppo costosi. Non conviene sprecare energie economiche, nel mondo ci sono giocatori per ogni tipo di portafoglio, noi siamo la società dei magnaccioni.”

Sarà per questo che qualcuno straparla e pensa di delocalizzare all’estero come si fa con le fabbriche dove i bambini cuciono palloni o vestiti. Sarà per questo che si finisce sulla lista nera del padroncino di turno, dell’allenatore permaloso se non accogli ogni scelta come devono fare i servi sciocchi. Peccato che le cose vadano così, che si faccia una gran confusione fra realtà e fantasia. Tutti felici per l’esperienza americana della Zandalasini, ma quell’anello vale come il primo degli scudetti di Ress. Siamo sicuri che anche lei come il penna bianca della Reyer avrà la sua gloria nei tempi giusti, ma lasciamola crescere come si dovrebbe fare con i veri talenti senza togliere a loro il gusto della scoperta e della fatica per migliorare, anche se chi balla intorno al campione ha fretta di raccogliere il massimo. Pensate agli equivoci che si fanno parlando del reale valore di un giocatore. Lo confondi. Lo illudi. La storia li giudica e li ha giudicati. Anche quelli che sono andati a cercare fortuna nella NBA, quelli che ci vorrebbero andare perché i cantastorie televisivi fanno sapere che se batti la Turchia in amichevole allora sei in una squadra da finali europee. Si è visto. Oh come si è visto. Non vorremmo che capitasse la stessa cosa nelle coppe europee che si iniziano questa settimana. Chi vende ha fatto diventare straordinarie partite appena decenti, con fasi imbarazzanti e finali più o meno interessanti.

Cosa avranno detto quegli americani che Bob Morse ha portato al Forum per la sfida impari fra la Milano in pantofole e la Varese orgogliosa della sua vocazione a soffrire cercando nella difesa ciò che non potrà mai avere in attacco? Il grande Bob avrà certo spiegato che quella sfida, un tempo, valeva tutto, era tutto. Adesso è la divisione dei mondi sportivi: chi ha tutto e di più, chi ha poco e con quel poco deve fare il massimo. Milano ha considerato la partita come un passaggio obbligato, ci è arrivata avendo caricato al massimo negli allenamenti, sarà per questo che tutti camminavano al passo stanco di Micov e speravano nella golosità di Theodore e Goudelock per portarsi a casa il cioccolatino. È andata bene, forse per chi non vede oltre il dazio regionale, gli altri si aspettano di vedere la palla girare un po’ più in fretta e le livree Armani belle sudate. Guai a dirlo? Questi sono permalosi e per scremare adesso si è scoperto che al Forum puoi spendere in un anno il doppio per il parcheggio rispetto all’abbonamento stagionale offerto con tanta generosità dal club. Anche il Metrò oltre il limite cittadino non è che costi così poco: 5 euro per 30 partite è più o meno quello che paghi per vedere la Milano che vuole lo scudetto e la gloria europea dal secondo anello. In lega lo sapranno? Cosa avranno detto? Ad occhio pensiamo un bel niente. Sono tutti padroncini permalosi che amano far paura e chiudere fuori chi li critica. Non è la sola Milano ad avere liste nere su cui danzare.

Nei canti della cucina all’ostello di Grufolandia tutti in piedi per Torino, consolando Sassari che dopo la rimonta si è riseduta. Hanno problemi. Sarà meglio non nasconderglieli. Felici che la Virtus abbia ritrovato in Ale Gentile quello che lui soltanto aveva deciso di buttare via ascoltando le volpi del sistema più che gli abati Faria, ma l’avversaria era già in buca dall’esordio casalingo contro Pistoia. Fare le coppe è sicuramente prestigioso ed importante, ma reggere viaggi, partite con pochi allenamenti e organici ridotti diventa veleno. Se ne accorgeranno tutti, anche quelli che l’anno scorso ironizzavano sulla crisi di Milano e di Repesa. Certo l’allenatore e chi collaborava con lui ci hanno messo del loro per andare male, infatti l’Emporio si presenta per l’ennesima volta con un quintetto base nuovo ed un allenatore diverso, ma in molti trascurano il particolare che serve a cambiare certe cose. Quando uno degli annunciatori al Forum grida che il pubblico deve farsi sentire quasi non te ne accorgi. Il rumore intorno, quell’aria da festa paesana, toglie la mistica della sfida agonistica. Se perdi quella rabbia e i giocatori devono chiedere il “famoso” pandemonio sei già nei guai. Questo vale in tutti gli stadi, ma i capi popolo sembrano non capire. Registrare le voci intorno ai campi, ascoltare senza sapere cosa succede sul campo. Sempre la stessa tonalità, nel bene e nel male. Si chiamerebbe cultura dello sport. Sarà per questo che ogni manifestazione in paesi emancipati sportivamente, partiamo dall’Inghilterra, ha qualcosa di speciale. Nelle cattedrali non si entra soltanto per strusciare i piedi.

Pagelle in stile Grufolandia adesso che il viale del tramonto si presenta senza tante stelle e con pochissimi emoticon favorevoli.

10 Alla PESARO di LEKA, uno da ius soli per davvero, perché l’impresa di giornata è proprio della squadra di Ario Costa. Cento punti a Reggio, anche con questo grissino di squadra che deve rifare Menetti, sono un capolavoro pensando che mancava pure un americano.

9 A DIANA e al suo braccio destro MAGRO perché questa Germani Brescia ci è piaciuta davvero. I fratelli Vitali, questo Hunt che oscura persino Landry. Dove le società sono sane, dove c’è entusiasmo, scopri che le squadre nascono e vivono meglio. Presto per spostare Brescia dalla seconda fascia? Forse.

8 Ad Ale GENTILE se considererà questa prima giornata di sole dopo tanta pioggia soltanto come un momento per riflettere meglio. Sacchetti lo aspetta, tutti lo aspettano, decida lui.

7Al lituano ORELIK che non immaginavamo così utile per la causa veneziana. Certo serviranno altri test, ma quello contro Trento, in un’atmosfera da rivali scudetto, dove tutto pesava un po’ di più, dice che in Laguna vedono ancora lontano.

6 A Bob MORSE che ha portato al FORUM di Assago un gruppo di americani cercando di spiegare come era la sua vita nel basket italiano. Speriamo ci sia riuscito. Averne di ex che ricordano con tanto affetto e tanta gratitudine il nostro piccolo mondo.

5 Ad EUROSPORT perché ci sta abituando troppo bene, c’è passione in tutto, da chi commenta all’ultimo dei tecnici, facendoci vivere nell’angoscia che pure loro facciano come SKY e un giorno fingano di non aver mai avuto niente a che fare con il piccolo mondo del basket italiano.

4 A MENETTI se questa Reggio Emilia darà ragione agli assenti, a chi se ne è andato via come Polonara, il migliore di Sassari, Aradori nuovo principe della Garisenda con Gentile, persino brontolo De Nicolao, perché nella povertà si dovrebbero scoprire i valori veri. Anche dei finti amici.

3 Al FILLOY che abbiamo tanto ammirato con la maglia di Venezia e in Nazionale, un giocatore che viene dalla città del Che, perché la sua crisi attuale, comprensibile dopo una stagione lunga, faticosa, addolora. Ha avuto il coraggio di cambiare, speriamo trovi l’ambiente per poter dire che ha fatto bene.

2 A CAPO d’ORLANDO e alle altre squadre italiane che si sono avventurate in coppa soltanto per la curiosità di scoprire mondi diversi senza valutare le reali energie societarie e di squadra. Dopo Saratov due musate dolorose.

1 A SASSARI se dovesse arrivare sfinita proprio nella stagione dove questa società ha dimostrato di essere un passo avanti alle altre. Perdere a Torino ci può stare, ma certe lune che calano all’improvviso preoccupano, anche se chi pensa di trovare Pasquini impreparato potrebbe illudersi.

0 Alla FEDERAZIONE se non lascerà iscrivere al campionato di competenza la TAM TAM basket del genio Antonelli, quello che giocava un gran basket e poi lo ha insegnato con la musica, un gruppo di ragazzi immigrati, tutti nati in Italia, perché non possono essere tesserati. Cominciamo da qui la rivoluzione per ritrovare quello che era davvero del basket. Cosmopolitismo e piacere di far stare insieme ricchi e poveri.

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