Adidas Stan Smith, un classico che non se ne era mai andato

18 Settembre 2017 di Glezos

 

Dai campi di tennis degli anni Sessanta alle terraces dei casuals negli stadi di tutta Europa negli Ottanta. Fino ai piedi dei clienti casuali di oggi, che non è la stessa cosa. Le Adidas Stan Smith sono tornate con furore, ma non se n’erano mai andate. Sono dappertutto come e più di prima, quando negli anni Ottanta diventarono un must per i casuals di tutta Europa. Da 53 anni icone del tennis, da 46 ai piedi di sportivi e non sportivi nei centri commerciali e nei negozi di sportswear più trendy del mondo. Le abbiamo incontrate allo stadio, sul tram e in diretta via satellite da Hollywood. Oggi le vediamo davanti alle scuole, ai concerti e sempre sul tram (resistono anche lì). C’è chi ci ha messo dentro due candelotti di esplosivo e le ha fatte saltare per aria su You Tube, e probabilmente ne abbiamo un paio in casa finite chissà dove. Se esiste un modello di scarpa sportiva che può ambire al titolo di Classico Definitivo, quel modello è l’Adidas Stan Smith. I motivi sono più di uno, e vengono tutti da lontano.

L’ALTRO NOME – Le Adidas Stan Smith vedono la luce nel 1964 come Adidas Haillet, scarpe tennistiche realizzate in collaborazione col celebre tennista francese Robert Haillet. Caratteristica principale: sono il primo modello di scarpa da tennis interamente in pelle, in un periodo in cui la tela è ancora il materiale di riferimento. Dal punto di vista estetico si punta alla sobrietà: non ci sono le classiche tre strisce sulla tomaia, che vengono sostituite da tre file di fori per la ventilazione. La scarpa è completamente bianca, in ossequio alla legge non scritta che vuole il bianco come colore d’obbligo dei tennisti DOC (anni dopo Tacchini e Lacoste infrangeranno la regola). Rispetto al modello che conosciamo oggi, inizialmente la suola è leggermente più alta – specie di progenitrice delle suole antishock – e il caratteristico trifoglio sul tallone non c’è ancora. In una prima versione tuttora ricercatissima dagli appassionati del vintage, sul lato esterno è stampato il nome di Haillet. Protezione, morbidezza, efficacia: ai tempi, l’Adidas Haillet ha tutte le caratteristiche del classico istantaneo, ma poi cambia qualcosa. Il nome, innanzitutto.

STAN SMITH – Nel 1965 inizia il rapporto di collaborazione tra Adidas e Stan Smith, tennista statunitense sulla rampa di lancio verso un futuro da star. Sul campo Smith mantiene le promesse: classe 1946, dopo avere conquistato per tre volte il titolo di All American, nel biennio 1967-68 è campione NCAA nel singolo e due volte nel doppio. Vince anche a Wimbledon e all’ Open USA: nel 1972, Stan Smith è il numero uno. Dopo avergli fornito un modello di Haillet che Smith usa in campo, nel 1971 l’Adidas – col tennista all’apice della carriera – lancia sul mercato il modello ribattezzandolo Stan Smith. Differenze: il nome sulla linguetta, il trifoglio sul tallone (su sfondo verde, poi blu, nero e infine anche rosa) e in seguito la scritta Adidas in rilievo sul fianco. Lo stesso modello che è arrivato senza troppe modifiche fino a oggi, con qualche variazione sul tema.

DAGLI SPALTI – Le Stan Smith sono un instant hit in ambito strettamente sportivo. Negli anni Settanta la mania dello sportswear tecnico non ha ancora invaso strade e vetrine, e la scarpa sportiva – quella da tennis e/o basket – resta in tela: Converse All Star e Superga (in Italia) il prototipo. L’impulso iniziale, che si trasformerà in un’ondata imprevista, parte dall’Inghilterra intorno a fine 1978. Gruppi di ‘gente da stadio’ misti a fans della scena musicale post-new wave in primis nelle province delle Midlands e in città come Manchester e Liverpool (vedi l’essenziale film ‘Awaydays’) si fanno notare per un vestiario che abbina marchi di casual wear ad alto costo a vestiario e scarpe di estrazione tecnico-sportiva. Due regole tassative: 1) i marchi devono essere difficili da reperire, meglio se italiani (omaggio post-mod al concetto di eleganza biancorossoverde, dagli anni Sessanta un classico tutto british); 2) i capi vengono preferibilmente trafugati dai negozi: i casuals in genere hanno pochi soldi e l’acquistarli è segno di una disponibilità economica irrimediabilmente out negli ambienti che contano. Inizia la leggenda di Fila, Tacchini, Head e delle loro serie limitate abbinate a capi sportivi classici maschili come Pringle, Aquascutum, Burberry, Barbour e altri (la rivoluzione tecnologica inaugurata a inizio anni Ottanta da Massimo Osti con CP Company e Stone Island in seguito spariglierà le carte). In principio nelle sottoculture legate a doppio filo alla musica le Stan Smith hanno generalmente una valenza anti-rock (dal post mod all’elettronica, in contrapposizione alle Converse All Star, un classico dal frat rock al punk, ma le cose cambieranno in futuro) e sono predilette a causa della difficile reperibilità in Inghilterra. Dopo un iniziale periodo di adozione delle Adidas Samba, diventano le scarpe d’ordinanza per il loro aspetto semplice e sobrio: lo stile si spande a macchia d’olio in Europa, anche in contesto non da stadio. In Italia si trovano dappertutto, con tutti i marchi agognati a portata di mano: da noi e in Germania saranno decine gli inglesi in trasferta arrestati per furto nei negozi di sportswear. Le Stan Smith diventano uno dei primi veri casi di classico non imposto da campagne pubblicitarie a tappeto ma nato dalla strada, prassi in seguito inseguita e fagocitata con alterni risultati da pressochè tutti i marchi di sportswear. Per Adidas è una manna: a fine 1992 le Stan Smith oltrepassano i 30 milioni di paia vendute nel mondo, record che viene celebrato con una t-shirt a tiratura limitata (omaggiatami all’epoca nel corso di una visita a un magazzino dell’azienda. La conservo tuttora).

NUOVO E REMAKE, PRO & CONTRO – Le Stan Smith rimangono in produzione fino alla fine degli anni Novanta. Dopo uno stop di qualche anno, nel 2000 vengono riproposte nella serie Millennium e in decine di colori e varianti che fanno infuriare i puristi, per i quali il bianco dell’originale è sacro (“Dark shirt, white shoes”). Dopo l’insipida versione velcro d’inizio anni Novanta il susseguirsi di modelli di ogni tipo arriva a oggi: alte, a scarponcino, a punta all’insù, in mesh, tela e in nuove guise e colori che fanno inorridire i fondamentalisti. Anche di fronte alla riproposta della versione classica i fedelissimi storcono il naso: la pelle utilizzata è troppo rigida, la suola un po’ troppo bassa e la calzata troppo stretta. Da qui la frenetica ricerca di paia vintage, quelle degli anni d’oro 1971-1990: il web pullula di specialisti. Tra i modelli più quotati le originali Robert Haillet, le Stan Smith con il volto del tennista stampato in oro e quelle con dicitura Made In France. Esagerazioni a parte, i pregi delle Stan Smith fabbricate almeno fino al 2005 superano probabilmente i difetti. Vero, il tipo di pelle utilizzato nella versione post-2000 è un po’ rigido, ma forse è più robusto. Vero, la suola è leggermente più bassa rispetto all’originale, ma si tratta di millimetri. Vero, la calzata è un po’ stretta (un numero in più è consigliato), ma almeno fino a un certo periodo si è trattato di una caratteristica Adidas in generale e non delle Stan Smith in particolare. Il prezzo non è di quelli inavvicinabili (intorno ai 70 euro, di solito), e a volte nell’outlet fortunato può capitare di trovarle a 30 e anche meno (mi è successo in due occasioni). Il fatto che si trovino facilmente e siano alla portata di tutti non detrae dallo status di vero classico, nonostante il no-no del reducista casual da medaglia sul petto, passato nel frattempo ad altri marchi e inorridito dall’accoppiata unisex Stan/pseudo parka moderno verde in voga negli ultimi tempi.

LESS IS MORE – In negozio è la prima cosa che salta all’occhio: ogni marchio sportivo ha prodotto la sua versione di Stan Smith: da anni le griffe concorrenti hanno invaso il mercato (persino Hermés), e questo è il vero tributo. L’appeal imperituro del suo minimalismo fa pensare che in questo caso abbiano ragione i fautori delle teorie alla Jill Sander del Less Is More (meno è meglio). Di sicuro non hanno avuto torto gli ideatori del modello insieme lui, Stan Smith. Il quale a 71 anni vive felice e contento nel South Carolina dispensando consigli e incoraggiamenti ai giovani tennisti. E che forse dovrà precisare ogni tanto di essere una leggenda del tennis, e non un designer di sportswear.

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