Quelli che scelgono la pallavolo

14 Settembre 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni in esilio alle Asturie aspettando le visioni di Covadonga come succedeva ai tempi in cui Giacomo Crosa, la vecchia aquila del nostro grande salto in alto prima del periodo blu dove vanità faceva rima con chiamamammà, ventralista nei giorni dell’illuminazione Fosbury al Messico, telecronista e uomo di luce televisiva, cavaliere errante di alla ricerca di verità matematiche attraverso il matrimonio, voleva capire perché Cesare Rubini odiasse tanto il Mike Fratello (“un parrucchiere”, tuonava il Principe parlando di un eccellente allenatore NBA) che insidiava la “purezza” di Binelli e Magnifico promettendo mondi nuovi oltre Atlantico mentre lui pensava che potessero portare soltanto le borse. Vero e falso. Certo disturbava in un Mondiale che già non andava bene. Nessuno dei due è andato nella NBA, il primo sarebbe stato il dilapidatore Rusconi, ma molto tempo dopo.

A Covadonga seguendo la strada di Confucio: “L’uomo superiore comprende ciò che è giusto, l’inferiore quello che vede”. Be’, siamo in totale confusione. Quelli della WADA dopo il polverone antidoping e la squalifica dei russi adesso ci dicono, attraverso il NY Times che la cosa si sgonfia visto che per 95 su 96 atleti sospesi mancano le prove. Quelli che erano ad Istanbul per seguire Azzurra ora et labora, rimasta schiacciata sotto i grandi alberi della Serbia ed eliminata come ormai succede al basket italiano da 13 anni, insomma dopo l’argento olimpico di Atene 2004, hanno archiviato la sconfitta premiando la squadra per il lavoro fatto e Messina per aver pilotato un moscone quando gli altri pensavano che gli avessero dato un sottomarino Azzurro. Tutti entusiasti del clima che si è creato in 40 giorni di lavoro. Non c’erano dubbi se a guidare la ciurma c’era uno come il prode Ettorre che ora se ne torna in Texas e dice addio più che arrivederci.

La cosa buffa è che mentre i giannizzeri sotto l’albero alla torre di Galata parlavano della Nazionale ascoltando il flauto di Petrucci (“Conta solo quello che fai in maglia azzurra, il resto è cronaca locale”) qui, nel Brutto Paese senza ius soli dove nascondono i soldi per prevenire disastri ecologici, se ne strafottevano. Il famoso popolo invocato da chi si crede sempre al centro della scena, pifferai non tanto magici, nella notte in cui Azzurra veniva congedata dall’Europeo, si divideva su tribune lontane da quel mare. Se qualcuno si chiede cosa faranno a Milano, in autunno, quando l’AX di Armani esordirà in Eurolega nello stesso giorno in cui Sacchetti guiderà a Torino la Nazionale che gli è stata affidata, è stato servito: a Desio, campo dal tetto sgocciolante, casa di Cantù, dove i canturini hanno già fatto sapere che non andranno perché costa troppo, erano in 5.000 per la presentazione dell’Emporio, in campionato si chiamerà ancora così. Badate, non della vera squadra che Simone Pianigiani porterà alla supercoppa, ma questo misto di uomini tesserati davvero e altri ancora in prova, aspettando i reduci dalla Turchia e il nuovo centro Arturas Gudaitis, lituano di Klaipeda come il comandante Ramius, un 2.11 che terrà in caldo il posto per il lungodegente Young. Insomma il popolo ha preferito i profiterole di Armani alla sofferenza per Azzurra ora et labora. Ma non erano i soli. Dove si giocavano tornei c’era gente. L’Italia? Che si arrangiassero da soli, tanto a quelli che commentavano Confucio faceva una pippa.

Dovremmo ripensarci, invece, prima che Petrucci si metta al tavolo per rielaborare i progetti, magari cominciando dal reclutamento. Eh sì, caro Presidente, se le gemelle di Gregor Fucka, l’MVP dell’Europeo vinto a Parigi nel 1999, oggi vice allenatore a Trapani, vanno a giocare a pallavolo cosa dobbiamo pensare? Sono già altine, 1.86, una è a Trento, l’altra è stata tesserata nel Club Italia a Milano. Come comprendere il lamento di Portnoy Pessina ad Istanbul, eh i lunghi non si trovano facilmente, se poi quelli alti te li ruba tutti il volley? Eh sì esistono, ne abbiamo avuti anche noi, chiedere in giro se incontrate Marconato o Chiacig. Ci sarebbe da capire perché, ad esempio, appassionati di basket come il primatista italiano di salto in alto Tamberi e il campione olimpico dei 1500 di nuoto Paltrinieri, quando si incontrano parlano quasi sempre di basket e, se possono, vanno a vederlo insieme. Ora speriamo che Petrucci non faccia come il Giomi dell’atletica che ancora deve mandare a quel paese i finti dilettanti che gli hanno rovinato le giornate anche prima del mondiale flop a Londra.

Capire quello che è giusto non può essere facile se al CIO vogliono Olimpiadi luna park, venghino venghino, con tutto il rispetto per chi surfa e fa curve paraboliche con lo skateboard. Giusta l’amarezza per aver visto Parigi vincere i Giochi del 2024 che voleva Roma, ma andiamoci piano con i progetti costosi per eventuali Olimpiadi invernali nel 2026 e dei 5 milioni stanziabili per il congresso CIO a Milano nel 2019, teniamone da parte un po’ per rendere meno comica la situazione impianti della città più europea che ama le tavolate, le tapasciate, ma poi non sa dove far nuotare o correre futuri campioni.

Le visioni di Covadonga per riportarci purtroppo al finale di Istanbul che non aveva quote per Azzurra tenera. Certo la vigilia, a parte Messina che conosceva e conosce tutti i polli del reame, era un po’ quella tronfia di calciatori che andavano verso la Spagna per una sfida decisiva. Parole al vento. Ma qui chi ci fa caso? Sei primo nel cortile di casa, paroloni, titoloni, storie più o meno vere, se va male è colpa del mister, se va bene è merito dell’agente che vede e provvede anche quando c’è da pagare la bolletta della luce. Insomma il calcio ha fatto un flop a livello di Champions, non parliamo della Nazionale che è tornata a mostrare la coda dopo un golletto ad Israele. Quelli del basket seguivano la stessa onda, ma sapevano di non poter competere e, infatti, si accontentavano di essere fra le prime otto, anche qui nel fumo delle valutazioni infedeli perché la Lituania che ci aveva strapazzato a Tel Aviv e la Francia che ci aveva umiliato a Tolosa restano comunque davanti e non sono le uniche, direbbero i croati o alla Fiba dove collocano Azzurra al 35esimo posto, un po’ lontano dagli argenti olimpici ed ori europei. Chi siamo, dove andiamo? Ah saperlo.

A bocce ferme, purtroppo sono passati pochi giorni dal titolone più che roseo “vittoria da urlo” contro la Finlandia, non cambiamo opinione su una squadra che ha lavorato bene, che ha dato un esempio, come dice Hackett, pregando tutta insieme. Adesso di questo gruppo al subentrante Sacchetti non resterà quasi nulla per le qualificazioni mondiali. Vedremo dove andrà a cercare le risorse, certo gli avversari non sono terribili, anche se l’Olanda ci ricorderà il pugile Gallinari che ieri ha mandato un messaggio ai compagni abbandonati (“Fiero di voi”). Uhm. Non si potrà squalificare nessuno, Datome ha già detto che la prossima estate non sarà in raduno, Belinelli ha confessato di aver chiuso il viaggio. Certo resta una generazione molto ricca, ma senza titoli dove, per fortuna, le maglie larghe dello sport, hanno permesso almeno di mettere in maglia azzurra un Filloy, il Biligha sorpresa oltre al Burns sprecato e che alla fine ha dimostrato di valere almeno come i prescelti titolari al centro, e anche Abass che all’Europeo è stato solo in panchina.

Aspettando il nero di seppia della questione FIP-Caserta, con minaccia di una causa da 20 milioni di euro, segnaliamo che nella NBA, dove cercano di tutelare l’uguaglianza competitiva con i fatti, dei 60 milioni versati dallo sponsor giapponese Rakuten ai Golden State campioni il 50% andrà ai giocatori, il 25% alla società e il restante 25% alle altre franchigie della Lega. Capito legaioli nostrani come funziona dove hanno già inventato tutto prima di voi?

Aspettando di conoscere i reali compensi dei giocatori e degli allenatori vi segnaliamo il bel libro del bolognese Franceschini, corrispondente di Repubblica da Londra, con un titolo intrigante “Vinca il peggiore”, che si avvicina molto al ‘Vale tutto’ di Lorenzo Sani, dove la storia di Rollie Massimino è una meraviglia e non soltanto perché il figlio del ciabattino alla vigilia delle partite portava la squadra a casa per una spaghettata con vongole.

Meraviglioso anche il racconto presentato da Gigi Riva sul lavoro di Abdul Jabbar per i 50 anni di amicizia dentro e fuori dal campo con John Wooden, il maestro della UCLA patito dei western,”Sapevi che i buoni erano buoni e i cattivi erano cattivi”, il genio che curava i dettagli anche se poi, come abbiamo visto con Messina, non basta, perché se nel ciclismo, rispondeva Tano Belloni, servono i garroni, nel basket serve metterla nel cesto, anche dopo aver faticato tanto per non subire punti.

Per chiudere con i libri, pensando all’adorabile schermaglia fra Messina è i grandi serbi, il suo ex mattatore Danilovic oggi presidente federale, il suo avversario di molte sfide Djordjevic, chiusa con la famosa frase di Ettorre ”Sono amici, li stimo, ma sono anche due grandi paraculi”, ecco servito un capitolo nuovo per il libro che ha scritto Nicola Roggero, un tesoretto chiamato “Caro nemico”, storie di sport, rivalità ed amicizia che andrebbe regalato a tutte le famiglie dove portano la sacca al ragazzino che cerca una strada nello sport.

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