Alla ricerca dei Fucka

18 Settembre 2017 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla casa milanese degli spiriti vicina a via Washington dove è nato Sandro Gamba. Una palazzina di guerra. Contesa per la guerra. Era il consolato serbo. Dopo anni scoprirono che nel trattato di pace quella bella villa fra alberi secolari toccava alla Slovenia. Non ci sono mai entrati. Purtroppo sembra che l’abbiano ceduta. Forse nascerà un palazzo ad otto piani, tanto per gradire, ma d’altronde, come diceva Celentano per la sua via Gluck, anche le giunte illuminate cedono al potere del matton$ là dove c’era l’erba..

Premessa per giustificare il travestimento che abbiamo trovato domenica sera, in pieno diluvio, per vivere la finale europea del basket vinta meritatamente da una meravigliosa Slovenia sulla Serbia due, quella tradita da molte assenze e da Teodosic. Il posto ideale per trovare gli spiriti guida e farci raccontare questa storia moderna che contraddice i sapientoni di Hollywood quando ci vorrebbero convincere che nelle favole moderne è l’ora dei cattivi. Dicono che piaccia alla gente. Solite balle da incesto. Poi se non fossimo andati fra quegli alberi che miagolano temendo la motosega dove avrebbero capito il nostro entusiasmo? Forse soltanto a casa di Gregor Fucka, sloveno di Kranj portato in Italia da Tanjevic a 19 anni, campione d’Europa per Azzurra non certo tenera e vezzeggiata come queste ultime di Pianigiani e Messina, miglior giocatore dell’edizione 1999 a Parigi. Per Gregor trovammo la strada, gli educatori giusti e adesso sembra che, finalmente, Petrucci abbia scoperto come riattivare il Boscia deciso a dormire tranquillo sul vecchio porto di Trieste che un tempo era il regno del padre di Matteo Boniciolli allievo e figlio prediletto fino al divorzio romano, citta di grande bellezza dove si arriva spesso alla nefandezza.

Era ora, caro Boscia Tanjevic, di tornare nella parte del basket italiano che più è stato illuminato dalla passione di un allenatore capace di donare, sempre, con visioni che continuano anche oltre i 70 anni. Quando si staccò da Milano e Stefanel (colpa sua, colpa nostra, colpa della città matrigna e non ancora ricivilizzata dall’EXPO) la telefonata che faceva sempre iniziava più o meno con “Era ora” riferimento ironico all’inseguimento di un titolo che poi è arrivato soltanto dopo vent’anni. Adesso glielo diciamo noi che non abbiamo mai creduto ad un vero ritiro dalla trincea, che era ora di vederlo tornare al servizio della causa, dimenticando gli invidiosi che lo fecero fuori ad Antalya, europeo balordo dopo le glorie di Parigi e i peccati collettivi, suoi, dei giocatori, delle ambiguità di cui si ciba anche oggi il movimento dalle società più ricche a quelle in braghe di tela, che ci negarono una medaglia a Sydney quando avevamo davvero la Nazionale più forte.

Certo stare in panchina costa fatica e poi è davvero difficile sintonizzarsi con le troppe famiglie che circondano le Nazionali se non hai la fame e la curiosità di uno come Igor Kokoskov, classe 1971, serbo di Belgrado che ha portato l’oro in Slovenia, cittadino del mondo, assistente allenatore nella NBA dai Clippers a Detroit, da Phoenix a Cleveland, dagli Orlando non tanto magici a Utah dove è uno dei 10 aiutanti di Quinn Snyder. Ecco, lui, fiero del successo, imbarazzato dalle lacrime sei fratelli serbi, avrebbe potuto stare con noi nella casa degli spiriti, lui è piaciuto di sicuro a Boscia che non dovrebbe ritirarsi adesso mentre arriva l’SOS dalla famiglia sportiva che lo ha voluto come maestro, allenatore, nobile membro di una casa della gloria che non c’è. Petrucci ha bisogno di un nuovo Rubini? Allora perché girare intorno, ascoltare gli eroi del voto, quelli abili nel capire se le gomme valgono più dei pennini?

Avanti con Boscia. Era ora che tornasse a lavorare, anche perché nel tardivo commiato dei giornali che poi lo hanno intervistato è stato l’unico ad indicare una strada e a spiegare come avrebbe fatto per far tornare la luce dove ora ci sono molte ombre. Certo lui si è spinto oltre la balaustra papale quando ha detto che serve un patto fra gentiluomini in Lega per ridurre ad un massimo di 4 la presenza di stranieri in squadre dove, è verissimo, vanno spesso in campo quintetti di stranieri. Inutile anche ricordargli che la Reggio Emilia esploratrice che aveva osato sfidare i ricconi con tanti italiani si è poi trovata in casa i ragazzi d’oro che guardavano le statistiche mentre la squadra andava alla deriva dopo due stagioni da finale scudetto. Boscia ha cercato di consolarci dicendo anche il falso perché, secondo lui, con Gallinari e Gentile saremmo andati più avanti. Grazie per non aver citato Bargnani, ma davvero crede che avremmo potuto battere squadre che non fossero la brutta copia di Israele o la Finlandia del Markannen sacrificato alla furbizia tattica?

Comunque sia facciamoci coraggio e facciamolo a Romeo Sacchetti che se davvero avrà al suo fianco un Boscia Tanjevic potrà rivivere gli splendori dei tempi dell’accoppiata Rubini-Gamba anche se lui, all’inizio, guardava con sospetto chi aveva vissuto l’epopea della grande creatura inventata da Bogoncelli. Cari patrioti del cesto, spesso chiamava così i giornalisti italiani lamentosi il Boris Stankovic, uno dei padri spirituali del Boscia, il vero cervello con Jones della nuova FIBA così diversa da quella di oggi, l’Europeo mascherato dal provincialismo e dallo snobismo ci ha detto la verità. Siamo in seconda fascia e non sappiamo proprio come uscirne.

Alla fiesta mobile che andrebbe cambiata, la formula non funziona, le tribune sono state spesso deserte, saremo anche arrivati fra le prime otto, per gli zelanti che leccano i piedi persino settimi, ma tutti sanno che la Lettonia era molto meglio di noi. Slovenia-Lettonia la più bella partita con crudele eliminazione della seconda illuminata da Porzingis che meritava di essere nel quintetto ideale dell’Europeo certo più del lunatico Alexei Shved delizia, ma soprattutto croce, della Russia. Che la Francia dei vanitosi avesse qualcosa di più lo sappiamo da Tolosa. Certo che abbiamo dato un sei politico a tutti, bravi ad essere squadra e a fare cena col poco che avevano tecnicamente in tasca, ma non chiedeteci di tenere l’audio acceso quando ci sono fraticelli che scoprono i canestri del capitano, quando ci dicono che le torri serbe erano impossibili da affrontare se poi uno dei protagonisti contro le belle gioie Gasol, contro la Serbia, è stato il granicero Gasper Vidmar, un 208 che gioca al Banvit, un leone di Lubiana come noi non riusciamo più a trovare nelle desolate palestre dove il volley ruba i talenti fisici, perché i caporali di oggi non assomigliano ai generali di ieri e certo non andrebbero in giro per le campagne a cercare talenti come il Pentassuglia che trovò i fratelli Errico. Esempi. Ce ne sono tantissimi. Boscia liberò il giovane Bodiroga dagli orrori della guerra e ne fece il campione vero della scuola europea lanciandolo minorenne nella serie A che non era certo roba per femminucce protette da famiglie più o meno nobili, da agenti più o meno competenti.

Ciao Europa, ciao ciao FIBA che adesso mandi in confusione gli arbitri adattando il regolamento sui “passi” a quello della NBA facendo partire la cosa a cavallo fra amichevoli e gare ufficiali. Si torna a casa. la supercoppa bussa alle porte di Forlì, Eurosport si presenta alla Terrazza Martini di Milano dopo aver preso il posto di SKY nel cortile di casa, nella speranza che trovino una coppia competente e coinvolgente come quella che c’era nel ciclismo prima che Salvo Aiello fosse abbandonato dal Riccardo Magrini in revisione cardiaca ai piedi dell’Angliru, un po’ prima, ma la montagna del diavolo fa più scena.

Non c’è ansia per il campionato che parte. Milano da sfidare, Milano che può soltanto perdere se l’eurolega mangerà energie nervose e certezze come l’anno scorso. Pianigiani uscito dalla casa di Shining sembra la garanzia. Chi ha potuto parlarci perché non era in lista nera, eh sì il maccartismo impera anche nel piccolo mondo antico di questo basket, lo ha trovato bello carico e tonico. Lo ricordavamo così nelle notti senesi, sui campi delle finali giovanili dove c’era sempre, viaggiando anche di notte. Meglio per l’Olimpia che certo avrà invidiato la Slovenia perché il prodigio Doncic portava davvero le scarpette rosse. Maramaldo gira fra le società dove, finalmente uno, il collega Longhi presidente di Trento, dice che il sistema è incancrenito, anche se legare il professionismo allo sviluppo del giocatore italiano è una cosa davvero difficile.

Grazie a Doncic e Bogdanovic, ai lettoni, alla Slovenia tutta, cominciando da un grande allenatore, a Sahin che, non avevamo dubbi e certo il Djordjevic ululante non poteva avercela con lui, ha rappresentato benissimo in finale la scuola italiana come del resto Mazzoni nella finalina di bronzo, ci siamo goduti 18 giorni di qualità cestistica medio-alta. Parliamo del campo. Non del contorno.

Si torna a casa come Lassie e cosa troviamo? Bologna ha fatto il pieno di abbonamenti per la Virtus della coppia Aradori-Gentile, per la Fortitudo che in A2 rappresenta l’atto di fede. È il centro di gravità permanente, la reggia del Dozza, e sarebbe bello se diventasse anche la casa della gloria come sognava Enzino Lefebre mentre cercava di far arrivare aria fresca nel regno Seragnoli. Anche altri, a parte Cantù, hanno fatto tanti abbonati, trovando il prete giusto per matrimoni sportivi moderni. Che la forza sia con loro, ma capiremo chi sono veramente appena Petrucci, speriamo con Tanjevic, proporrà la rivoluzione e anche qualche ghigliottina per chi lucra sul talento altrui.

Ai reclutatori estinti chiediamo perché da noi nascono giocatori così diversi dal Klemen Prepelic, 1.91, marine di Maribor che gioca a Parigi Lavallois dove si aggregherà il poeta Diaw, vero protagonista dellla semifinale con la Spagna e del finale coi serbi quando Doncic era fuori e Dragic 35 aveva i crampi? Colpa del bayon.

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