Taylor e i tifosi diventati clienti

3 Febbraio 2017 di Paolo Sacchi

Football is football. In Inghilterra ogni giorno è buono per giocare a calcio e le ultime ore del calciomercato invernale non fanno eccezione. Mentre si chiudono le trattative, anche il Championship – la serie B inglese – e dunque Bristol City e Sheffield Wednesday sono in campo. La partita è delicata: gli ospiti sono in corsa per la promozione mentre i padroni di casa, quart’ultimi in classifica, si guardano alle spalle con preoccupazione. Al fischio finale del primo tempo il risultato è sul pari. I rimpianti sono tutti della squadra in trasferta, passata in vantaggio con merito grazie a un gol dell’ex genoano Fernando Forestieri. C’è voluto un rigore allo scadere – sacrosanto quanto regalato dalla difesa – per ridare fiato al City e morale ai propri tifosi. Quando le due squadre imboccano il tunnel verso gli spogliatoi sulla città sta scendendo quella pioggerella quasi invisibile che gli inglesi chiamano drizzle. Lo stadio presenta un eccellente colpo d’occhio anche se ad Ashton Gate il morale non è altissimo e non certo per la pioggia. Il City non gioca un bel calcio e fatica a far risultato. Non è una novità: da anni ormai si barcamena senza grandi sogni e anche in questa stagione è lontanissimo dalle parti nobili del Championship che per tre formazioni apre le porte del paradiso: la promozione in Premier League.

A Bristol la massima serie calcistica l’hanno vista solo di sfuggita, per nove stagioni in tutto tra le due squadre cittadine. A secco i più piccoli Rovers, che nella top flight non ci sono mai arrivati in 134 anni di storia. Il City quantomeno annovera nove apparizioni, anche se in tempi lontani: dal 1906 al 1911 e per altre quattro stagioni alla fine degli anni Settanta. E dire che per dimensioni della città – nona in Inghilterra per numero di abitanti – e per seguito (la media ad Ashton Gate è intorno ai 21.000 spettatori a partita) almeno per i “rossi” del City i requisiti per affrontare la Premier League ci sarebbero tutti. In attesa del ritorno a bei tempi, la maggiore delle due compagini locali ha adeguato la propria casa alle necessità odierne attraverso con un eccellente rinnovamento dell’impianto, nel pieno rispetto della tradizione.

Dall’ultima apparizione nell’allora Division One, stagione 1979/80, il calcio inglese è molto cambiato. Senza neppure rendersene conto i supporter, sostantivo che origina dall’organizzazione di attività e iniziative a sostegno economico della propria squadra del cuore, incluse vere e proprie collette, nel frattempo sono diventati clienti; i giocatori, da esponenti della working class britannica in tutto e per tutto, si sono trasformati in ricchi professionisti. In più, molti di loro provengono da ogni parte del mondo, attirati soprattutto dalle sterline, anche nelle divisioni inferiori.

Nel momento in cui Bristol City e Sheffield Wednesday entrano negli spogliatoi l’abituale corsa del pubblico dalle tribune verso i chioschi e i bagni è meno frenetica del solito. Gli occhi restano puntati verso il tunnel, da dove sta uscendo lo speaker ufficiale dello stadio. Con lui c’è un’altra persona. Si tratta di un calciatore, anche se indossa in abiti civili. La sua presenza è la ragione per cui in parecchi sono ancora al proprio posto sugli spalti. All’annuncio del nome, scatta un lungo, accorato applauso. La soddisfazione è palpabile. Il calciatore si chiama Matty Taylor, ha quasi 27 anni e in questa stagione ha già realizzato 19 reti in League One, la terza divisione. È il nuovo, anzi nuovissimo acquisto del club, in coincidenza della chiusura della finestra dei trasferimenti invernali. Non è non campo perché il suo contratto è stato depositato giusto poche ore prima. Con soddisfazione mostra al pubblico la maglia rossa del City col proprio nome scritto sul dorso. Non la indossa solo perché piove e fa freddo, ma è evidentemente felice: dopo anni di gavetta nelle divisioni inferiori finalmente è arrivato ad un club ambizioso e in un campionato importante come il Championship, che annovera una media spettatori analoga alla serie A italiana. Il trasferimento è costato trecentomila sterline alle casse del City e la speranza è che possa replicare un percorso analogo a quello di Jamie Vardy: seppur non di primo pelo e senza esperienze ad alto livello, Taylor si è rivelato una macchina da gol nelle stagioni precedenti. Anzi, è stato il protagonista dell’ascesa della propria ormai ex squadra dalla quinta divisione fino alla terza: 118 presenze e 61 reti, due promozioni di seguito. Un altro dettaglio non proprio insignificante è che questi gol li ha realizzati con la maglia del Bristol Rovers, i detestati e un po’ snobbati rivali cittadini, di cui era la stella.

Prima del 31 gennaio 2017 l’ultimo passaggio diretto di un giocatore tra i due club era avvenuto nel 1987. Anche in quell’occasione si trattò di un centravanti, Trevor Morgan. Da allora il nulla. Si tratta dunque di una sorta di evento storico. Il Bristol Rovers è un club di provincia senza grandi ambizioni ma capace di garantirsi una presenza costante nella Football League. Anzi, è stato straordinario nel risollevarsi nel 2015 immediatamente da un estemporaneo scivolone nella Conference, la quinta divisione. Grazie anche e soprattutto ai gol di Taylor sono arrivate poi due promozioni consecutive. Ora è chiaro che la cessione del giocatore nell’ultimo giorno di mercato – e dunque senza un rimpiazzo – non aiuterà la possibile ascesa proprio verso il Championship in cui giocano e sono a rischio i rivali locali. Ci si accontenta dunque di rimpinguare le casse sociali, non proprio floride. Concetto peraltro talmente chiaro ai Gasheads, il nomignolo con cui i fedelissimi dei Rovers sono chiamati dai rivali, la cui origine deriva dalla presenza di un gasdotto dalle parti del vecchio stadio del club. Seppur non a corto di pragmatismo, anche al di là del fatto che Taylor abbia personalmente spinto per il passaggio al City, quel che però i gasisti non ritengono accettabile è che dopo la firma al contratto non abbia rivolto alcuna parola o un messaggio di commiato verso i “vecchi” sostenitori. Una delusione cocente, evidente ed espressa in ogni forma, tanto che monopolizza per qualche giorno la scena in città. “Lo ringraziamo per l’impegno sul campo e le soddisfazioni che ci ha dato, però almeno un saluto poteva e doveva riservarlo a chi lo ha sostenuto e applaudito e, in fin dei conti, a chi gli ha pagato lo stipendio attraverso l’acquisto di biglietti e abbonamenti”. Un concetto replicato all’infinito nelle chiacchiere al pub riprese dai media locali e rimbalzate ovunque sui social. Per quanto in Inghilterra ci sia una crescente – se non assoluta – consapevolezza che il calcio di oggi preveda legami meno intensi tra club e atleti, nelle realtà più piccole, lontane dalle logiche commerciali che hanno stravolto il mondo attorno alle big di Premier, si ritiene che i rapporti vadano oltre le ambizioni personali. Anche nel 2017 i giocatori conoscono personalmente molti tifosi, persone che vanno allo stadio per pura passione per il loro piccolo club, per senso di appartenenza ad una collettività. Supporter, più che clienti-tifosi.

Nel frattempo, mentre il mercato di gennaio chiude ufficialmente i battenti, ad Ashton Gate arriva il triplice fischio. Il City è riuscito a strappare un pareggio sofferto. Dopo essere andato nuovamente sotto, in seguito al forcing finale è arrivato il gol del pari, un po’ casuale ma almeno tutto sommato meritato. A realizzare la rete è Tammy Abraham, attaccante della nazionale inglese under 21 in prestito dal Chelsea. É tra i più applauditi dai tifosi di casa insieme a Milan Đurić, già punta del Cesena, il cui impatto nel finale è stato molto positivo. Con questa gamma di punte a disposizione, al fischio finale quel che appare chiaro è che il neo acquisto Taylor dovrà lavorare sodo per guadagnarsi un posto da titolare e scalare la graduatoria in quello che in inglese di definisce “pecking order” tra i tanti galli del pollaio dell’attacco dei Robins. I suoi nuovi tifosi si augurano che riesca a farlo e valorizzi l’investimento. Al contrario di chi lo ha sostenuto fino a ieri: “che possa marcire in panchina” ha scritto uno di loro sulla pagina Facebook di BBC Bristol, raccogliendo centinaia di consensi.

Nel calcio, a ogni livello, esiste una sottile linea invisibile tra professione e rapporti umani, un mondo in cui si intrecciano lavoro, partecipazione emotiva, delusioni, gratitudine e senso di appartenenza. Qui si generano aspettative che non esistono in alcun altro contesto lavorativo, che talvolta investe i calciatori di responsabilità “morali” oltre alla professionalità e si pretendono legami privilegiati, illogici se non assurdi in qualsiasi altri contesto professionale. Ma se è quanto meno presuntuoso pensare che un professionista superpagato sia in qualche modo legato affettivamente ad una maglia, magari dopo averne cambiate diverse in carriera, negli ambienti piccoli e di provincia, nei campionati lontani dalle stelle della Champions League, i rapporti umani sono la chiave dei legami e ancora al centro di tutto. Per questo motivo, più che la scelta e la destinazione, al netto delle ambizioni professionali e personali, ai supporter – in senso letterale – del Bristol Rovers sarebbe bastato un semplice grazie ed un ciao. Peccato che a Taylor non sia venuto in mente, finendo per essere giudicato un insensibile più che un traditore. Perché, in fin dei conti, football is football.

Paolo Sacchi, da Bristol

Share this article