Negroni sbagliato (Murillo non è da Inter)

21 Novembre 2016 di Stefano Olivari

Quello dopo Milan-Inter è un lunedì come tanti altri, per lo meno al Champions Pub. L’elezione di Trump, la morte di Veronesi, l’esercito a Milano dopo la morte del dominicano in piazzale Loreto, la fine di Sarkozy e il Renzi contro tutti per il referendum sono argomenti delle ultime due settimane buoni giusto per riempire il Tg1, ma scompaiono di fronte al 2-2 di San Siro. Che nella periferia ovest di Milano è oggi l’unica cosa che tenga attaccati alla vita, insieme agli sconti del Simply, al videopoker e al centro massaggi Tuina.

Sono le due del pomeriggio e Paolo-Wang sta servendo ai dipendenti della Tuboplast uno dei nuovi caffè forniti da Ping, liberamente ispirato al Kazaar della Nespresso (Ping si sta facendo un nome, forse non in positivo, nel difficile mercato delle capsule compatibili). Paolo-Wang è reduce da quasi due settimane di seghe, rigorosamente prima della farcizione delle piadine per gli impiegati e con lavaggio mani a volte dimenticato (va detto per onestà intellettuale che nel bagno del Champions Pub, senza pulizia dai tempi del Nino, manca il sapone, e che la carta igienica è un’opinione), perché la Algoritmic aveva scommesso sullo Standard & Poor’s 500, in previsione della vittoria di Hillary Clinton. Poi Trump alla Casa Bianca ha ridicolizzato le previsioni non solo di Riotta e della Botteri ma anche degli analisti finanziari: lo S&P 500 è così salito e la Algoritmic, che da Dublino opera grazie un cugino di Paolo, ha chiuso con profitto (circa 28,7 euro lordi) la sua posizione. Non tanto bene è invece andata l’operazione sul petrolio, ma l’ottimismo nel gruppo di controllo (di cui fa parte anche Budrieri) è palpabile, così come la fiducia cieca nello strong buy che una nota banca d’affari ha riservato al titolo Zucchi. Durante la preparazione delle piadine prosciutto cotto e squacquerone Paolo-Wang ha provato a parlare di spread e di future sulle materie prime a Zhou, che però non lo ascoltava. Rafreddatissimo, lasciava che il muco colasse nei piatti destinati a quei falliti: era triste non soltanto per la sua Milano preda di country manager molisani, personal shopper di Treviglio e senior recruiter di Albenga, ma soprattutto per la morte di Mirko Stocchetto. In onore dell’inventore del Negroni sbagliato ha provato la scorsa settimana a proporre il cocktail agli avventori del bar. Ma le leggendarie (per Zhou) coppe del Bar Basso erano un’altra cosa rispetto ai bicchieri brandizzati Peroni mal o mai lavati da Paolo-Wang, per non parlare della clientela. Martini, Campari e Ferrari, mixati con impegno, per poi sentirsi dire da un salvadoregno tatuato che è meglio una Red Bull. Come se non bastasse, a 102 anni è morto anche Luigi Caccia Dominioni, anche se va detto che nessuna delle case lì intorno è stata firmata da lui o da suoi allievi.

Tosoni e Mariella sono sempre a Londra per lavoro e alla Tuboplast si sta spettegolando riguardo agli obbiettivi della loro missione. Nessuna illazione sul fatto che l’amministratore delegato si trombi la segretaria, questo è dato per scontato da tutti e non soltanto alla Tuboplast. Ma a Cogodi fra una strategia di mobbing e l’altra (l’ultima è quella di impedire l’accesso ai siti calcistici, e si sta rivelando efficace: già in due hanno chiesto un’aspettativa per motivi di famiglia) è sfuggito qualcosa circa un incontro che Tosoni avrebbe da poco avuto con un collaboratore di Yonghong Li a Canary Wharf. Non è un mistero che la Tuboplast non produca più niente e sia in sostanza una scatola vuota da poter usare per operazioni societarie di vario tipo, così non è fantacalcio pensare che in qualche modo Tosoni, juventino che fa rimpiangere l’equilibrio di Hossam, possa entrare nel discorso Milan. Il closing del 13 dicembre potrebbe avvenire soltanto a condizioni molto diverse da quelle concordate, quindi nell’affare spunterà senz’altro qualche nome nuovo. Del resto se la Gazzetta ritiene credibile uno come Fassone allora si può dare una chance anche a Tosoni e a Mariella, che purtroppo ha avuto dal collaboratore di Yonghong Li, un laureato a Stanford con l’aspetto del sedicenne, la conferma del significato del tatuaggio sul polpaccio.

Lifen ha trascorso il sabato sera al Calafuria con Samantha, Ylenia e Hadiya: scambio di confidenze fra giovani donne. Negli ultimi giorni è stata picchiata soltanto una volta dai vecchi Tong, quando l‘hanno scoperta a piangere per la scomparsa di Cranio Randagio, la cui musica aveva conosciuto grazie ad un’amica di Prato che lavora nel settore tessile con orari abbastanza impegnativi. Così come i Daiana Lou hanno abbandonato X Factor, lei vorrebbe abbadonare la famiglia e ormai è entrata nell’ordine di idee di accettare le proposte di Zhang Gang: è obeso e anche, si dice, omosessuale (ma il padre Tong le ha detto, con una delicatezza per certi aspetti commovente, che alla bisogna lei può sempre usare un vibratore di quelli che i Tong distribuiscono nei sexy shop), però potrà mantenerla ed in fondo uscire da quella casa val bene un matrimonio combinato. A proposito: Hadiya è un po’ inquieta per una telefonata fattale da zio Hazem: l’imam moderato che lo ospita a Bolzano, quello che vuole costruire ponti e non muri, sta infatti cercando una moglie al suo settimo figlio, sui 25 totali stimati. Un trentenne magrissimo di rara bruttezza, zio Hazem è stato onesto nel descriverlo, ma grande lavoratore (opera nella macellazione halal, con mansioni imprecisate) dalle due grandi passioni: il Corano e Diletta Leotta, che riesce non si sa come a sognare in burqa mentre sbaglia a leggere il risultato di Benevento-Trapani. Lo zio non è andato oltre, ma il messaggio è chiaro. Il fatto che la sposa ricercata debba essere vergine non tranquillizza Hadiya: non è che il non esserlo possa salvarla dallo zio, anzi. Karl-Heinz è sempre irreperibile, le ultimissime dicono abbia chiesto la protezione di Eva Klotz, scrivendole una accorata lettera in cui si lamenta che l’Italia non sappia difendere un suo cittadino. La ragazza spera comunque che la caccia dello zio duri all’infinito o almeno fino a quando un altoatesino di quelli veri, non una macchietta come Karl-Heinz (passi per Sturaro, ma prendere sul serio la Christillin no), alla fine lo ammazzi.

Ylenia ha letto sul Televideo del suo Mivar che Los Angeles adesso sembra favorita per i Giochi del 2024 e non può non pensare al dolore che sta provando in questi giorni Malagò. In un mondo superficiale e basato sulle pubbliche relazioni lui era l’unico a lavorare in silenzio per le generazioni future, meritava davvero un altro trattamento. E anche l’eventuale poltrona all’Alitalia non sarebbe alla sua altezza. Sente che è triste, vorrebbe consolarlo. Che differenza fra Malagò e quella schifezza di Danny… Due settimane fa il fratellastro ha registrato il faccia a faccia fra la Boschi e Onida, ospiti dalla Gruber. E se lo è rivisto più volte, correndo sempre in bagno per una impellente sega pensando al suo costituzionalista preferito. Che non è la Boschi. Peccato che pochi giorni dopo il tribunale di Milano abbia respinto i ricorsi di Onida e quindi il referendum del 4 dicembre si farà. Danny è impazzito, continua a parlare di spacchettamento come una volta discuteva di deltoidi, urla che a Palermo c’è un complotto perché i Cinque Stelle hanno in realtà raccolto 31.876.543 firme soltanto di siciliani, ma le hanno perse perché hanno commesso l’errore di digitalizzarle e metterle su un floppy da 5 pollici e un quarto, poi rubato da elementi dei servizi deviati. Ylenia ormai lo detesta. Venerdì scorso si stavano quasi mettendo le mani addosso quando Danny si è messo a urlare slogan contro Spalletti e Totti, dopo aver letto che Berdini vorrebbe ridurre le dimensioni del complesso immobiliare del nuovo stadio della Roma. “Sei un fallito, pensi in piccolo”, gli ha urlato Ylenia, “Secondo te la gente dovrebbe stare in casa davanti al computer ad aspettare il reddito di cittadinanza. Invece l’Italia ha bisogno di nuovi stadi, perché oggi lo sport è soprattutto entertainment: si può costruire con il massimo della trasparenza, basta mettere come garante Cantone”. Di politica non riesce a parlare più nemmeno con Samantha, conquistata da Energie per l’Italia: secondo lei con il carisma di Parisi il centro-destra potrebbe finalmente trovare una sua unità programmatica.

Max è disperato. La sua carriera di spacciatore di shaboo stenta a decollare, anche con Ibrahim siamo al ‘Le faremo sapere’. Diciamolo: Max non ha le palle. Per tutta la vita lavorerà sotto Pier Luca e Vincenzo, riempiendo di post inutili i loro siti di merda. Due settimane di SuperMegaInter.com senza i nazionali gli hanno almeno fatto rivalutare il lavoro a Hidegkuti. In totale 1.878 post sull’ingaggio di Pioli, il ritorno di Samuel, l’Argentina che avrebbe bisogno di Icardi, l’amichevole con il Chiasso, la nuova idea di Moratti per tornare al comando e tante altre cose che con i vecchi giornali cartacei sarebbero state almeno buone per pulirsi il culo. Ha iniziato ad uscire con Luana, subendo l’umiliazione di lei che paga il conto: lunghi capelli neri, un fisico quasi da nuotatrice ma non mascolina, tacco 26, Luana è una dominatrice sul lavoro ma anche fuori. Ha tolto subito ogni speranza a Max dicendo che gli uomini le fanno schifo e il suo sogno nel cassetto è quello di non doverne toccare più uno. Così dopo il loro ultimo appuntamento Max si è dovuto accontentare di una sega pensando all’amica, con il televisore in soggiorno acceso su Telelombardia mentre Ravezzani diceva che per Simeone all’Inter era fatta e Pompilio urlava qualcosa di incomprensibile su Donnarumma. Inoltre Vincenzo l’ha insultato dopo aver letto su Ultimo Uomo, su segnalazione dell’amico web journalist (ma di un portale prestigioso) Alessandro, un pezzo di un paio di mesi fa, intitolato ‘Era più forte Jan Koller o Carsten Jancker?’. Sono proprio i pezzi di qualità che, secondo Vincenzo, mancano in Hidegkuti e che un po’ tutti adesso, intelligentemente, propongono a lettori sempre più informati e curiosi. Simone, un amico di Pier Luca, gli ha detto invece di condividere la filosofia di una nuova pubblicazione sportiva di qualità, chiamata Identity. 256 pagine, con versioni online a cartacea, che si presenta coì: ‘Una pubblicazione che esplora i riverberi del calcio nella società e nella cultura’. Nel primo numero la storia di Luciano Vassallo con sullo sfondo della decolonizzazione italiana nel Corno d’Africa, la guerra civile spagnola e la squadra che fece la rivoluzione, la situazione del calcio in Libano, la primavera di Donetsk, la diaspora caraibica, gli azzurri di Ciudad Evita. Arte pura, a cui si avvicina soltanto Ridge Bettazzi, che da Pinarella ha mandato 93.200 battute sul primo gol in carriera di Valderrama, con descrizione di ogni azione di quel memorabile Union Magdalena – Deportes Tolima. Detto così potrebbe sembrare un pezzo noioso, ma lui lo ha scritto alla Buffa, mettendo in campo i soliti Happel e Michels che mentre ascoltano Tupac Shakur nella villa bifamiliare comprata a Compton discutono se Valderrama sia stato il Gullit biondo o Gullit il Valderrama nero. Alla fine i due santoni non si ricordano nemmeno perché sia nata quella sciocca discussione, si abbracciano e guardano in videocassetta Betamax gli allenamenti dell’Ascoli di Mimmo Renna, in particolare quelli sulle coperture preventive. Chiusura con la solita citazione di Senad Gutierrez, rubata a un articolo del quotidiano spagnolo antifranchista e adesso anche antitrumpista (lo hanno scritto sotto la testata) Explotadores y Explotados: “Quando Roccotelli crossava, Ascoli si trasformava in una piccola Rosario. Le sgroppate di Pasinato erano un grido contro la giunta militare che opprimeva quella terra, le chiusure di Anzivino rappresentavano la dignità degli ultimi, l’intelligenza di Moro era uno schiaffo all’ottusità predatoria delle multinazionali che depredavano le Marche. Ambu era il Che e il Del Duca la loro Sierra Maestra”.

Salvatore da Locri non ha mandato pezzi, ma è purtroppo rimasto a Milano. La visita di nonna Agatuzza con il professor Castellazzi Debord è andata bene, anche troppo. Il luminare, figlio e nipote di altri luminari, li ha ricevuti nel suo studio in Corso di Porta Vittoria, non lontano da quel Policlinico dove lavorano almeno altri 16 Castellazzi Debord, con una statistica a parte per amanti e figli di amici. Il racconto della visita, fatto da Salvatore a Max, è piuttosto interessante. Castellazzi Debord li ha accolti sfogliando l’ultimo numero di Golf & Turismo. Nonna Agatuzza ha iniziato con l’elenco di tutti i suoi malanni fisici, con particolare riferimento al femore, mentre Castellazzi Debord telefonava a quella che il vispo Salvatore ha intuito essere l’amante (“Vorrei venirti nel culo, adesso”), facendo intanto cenno alla nonna di continuare nell’esposizione delle disgrazie, che la stava ascoltando. A un certo punto l’anziana calabrese gli ha consegnato una pila alta un metro e mezzo di documenti e lastre, relativi soltanto agli esami effettuati negli ultimi tre mesi, e Castellazzi Debord ha finto di leggerne qualcuno con la sua classe innata. Quando lei ha detto “Mi spoglio?” il professore ha fatto cenno di no con la mano, aveva capito il problema: “Mia bella signora, io di solito non critico i colleghi ma devo dire che l’hanno curata davvero male. Tutti i suoi guai dipendono non dal femore ma dallo scafoide del piede destro”. Agatuzza l’ha guardato come Bernadette avrebbe guardato la Madonna e gli ha allungato 500 euro in contanti che Castellazzi Debord si è infilato in tasca mormorando “Lei mi mette in imbarazzo”. Immediata prescrizione di TAC e risonanza magnetica, con raccomandazione: “Vada pure in questo centro privato, a nome mio. Non passi dal pubblico, che ormai è allo sbando”. Così Salvatore e la nonna hanno abbandonato Rozzano per trasferirsi a Milano, a casa di una cugina di 28esimo grado residente a Corsico, domani hanno la TAC e giovedì la risonanza. Niente di drammatico, tanto Salvatore è disoccupato e Corsico per certi versi gli ricorda Locri. Sta cercando di mettere insieme le idee per un pezzo sul pick and roll dei Sonics 1983-84, con a parte un profilo di Danny Vranes scritto un po’ alla Buffa.

A casa Budrieri sono giorni di altissima tensione. Il capofamiglia, si fa per dire, il sabato dell’altra settimana è andato a Gorino per mettere finalmente in vendita l’appartamento ereditato dalla zia e la cui IMU supera ormai il valore di mercato (teorico, non essendoci alcun mercato). Il Gianni si è offerto di accompagnarlo, un po’ perché gli piace guidare in autostrada la sua Maserati brandizzata Vuitton e molto perché aveva in programma di passare da Formigine, dove negli anni Ottanta praticamente viveva, da affezionato del Picchio Rosso. Comunque prima ha accompagnato l’amico a Gorino e la sorpresa è stata subito amara: il Comune di Goro, di cui Gorino fa parte, per dare un segnale forte contro le accuse di razzismo ha con un’ordinanza requisito una casa sfitta, una sola, e questa casa è stata purtroppo quella di Budrieri. Non che glielo abbiano comunicato, così Budrieri non è nemmeno riuscito ad aprire visto che un fabbro dalemiano aveva già cambiato la serratura (con fattura mandata a a Milano a Budrieri stesso, ma questo ancora non si sapeva). È tornato in macchina dal Gianni quasi piangendo e l’amico ha allora avuto una di quelle intuizioni che lo rendono irresistibile: “Niente chiavi, suono il campanello”. Budrieri scoraggiato è rimasto in macchina e così è toccato al Gianni fare l’amara scoperta e raccontargliela dieci minuti dopo: “Allora, Budrieri, cerca di prenderla bene perché tanto se la prendi male è lo stesso. Mi hanno aperto la porta esterna senza nemmeno chiedermi chi sono, poi quella dell’appartamento era socchiusa e sono entrato. Non sono stato ad approfondire ma ti dico quello che ho visto: cinque negre, delle quali a occhio almeno tre incinta, con un numero di bambini che non ho contato, e due uomini, loro bianchi con l’aspetto dell’Est, che smanettavano su un computer e non mi hanno cagato di striscio. Una delle negre non incinta, o per lo meno incinta ai primi mesi, mi ha detto ‘Chiedere Comune, chiedere Caritas, chiedere Anpi. Loro detto di dire ‘Grazie signor Burruderi, costruire ponti e non muri’ e io dire questo a te’. Fra l’altro una bella figa, tette spaziali, da darle due colpi se non ci fosse stato un tanfo pazzesco. Ecco, ti consiglio di non entrare, con l’album dello zio Oreste penso abbiano pulito il culo ai bambini. Quanto ai dischi autografati da Milva, scordateli. Se vuoi ti accompagno in comune che andiamo a protestare”. Budrieri ha chiesto allora un incontro con il sindaco Viviani, ma di sabato non c’era. Sono allora andati in un ristorante lì davanti, per dimenticare gli effetti della globalizzazione grazie alla buona cucina ferrarese. Però non si sa come come nel locale è arrivato un sedicente ex partigiano, nato però nel 1997, che ha dato a Budrieri del fascista e del populista mentre il pensionato ATM cercava di mandare giù un’anguilla ai ferri mormorando “Io ero un socialista nenniano”. Il Gianni ha mandato affanculo il partigiano millennial, che poi si è scoperto chiamarsi Ricky Martin Rossi, e lui si è vendicato sulla fiancata della Maserati urlando slogan contro Melania Trump alternati ad altri pro Isis.

La serata è stata anche peggio della giornata, perché sulla via del ritorno il Gianni ha portato Budrieri al Picchio Rosso, scoprendo che era chiuso da anni. Niente discoteca, rotta su Milano, sognando una bella cena all’autogrill Arda Est. Il Gianni ha preso una Rustichella mediterranea e un Rustico, Budrieri un Camogli e una schiacciata con il salame Milano, ma nemmeno il pensiero della zingara gli ha tolto di dosso la sensazione di essere stato vittima di un sopruso. Uscendo dall’autogrill un napoletano gli ha proposto camicie Brooks Brothers originali, ma l’attenzione di Budrieri è stata attirata da una maglietta intravista nella sua Honda Civic azzurrina: sembrava della campagna elettorale di Trump. L’imprenditore gli ha spiegato che gli organizzatori di una festa per la notte elettorale americana gliene avevano ordinate trenta di Trump e 500 di Hillary, lui le aveva appena fatte stampare. Budrieri ha chiesto quella di Trump, Make America Great Again. Tornato a casa, nella notte, non ha trovato nessuno, nemmeno l’Erminia, che molto carinamente aveva almeno lasciato un biglietto sul frigo: “Sono a un convegno sul neocolonialismo, non aspettarmi”. Sul tavolo Budrieri ha trovato un sollecito sedicente ‘bonario’ di Sky per il pagamento del Multivision, che lui non ha (ma nemmeno è abbonato a Sky). Nel frigo c’era soltanto uno yogurt Yomo, bianco, aperto, scaduto nel 2015. Ha acceso il televisore su Rai Tre e visto un giornalista con la giacca di velluto dire che la Clinton avrebbe vinto, perché il bianco della classe media o piccolo borghese preferisce la sicurezza della sua vita attuale e l’esperienza dei professionisti, non certo l’avventurismo alla Trump. In quel tranquillo sabato notte Budrieri ha potuto togliere dal controsoffitto la ciabatta della zingara e annusarne l’immortale fragranza, sognando di sfidare il sistema insieme a lei: bruciare una sede di Equitalia, tirare una molotov in un’agenzia di credito al consumo, prendere a calci chiunque indossi delle Hogan. Purtroppo la zingara adesso le Hogan le compra, magari timbra anche il biglietto quando prende la metropolitana e si rallegra del fatto di pagare 10 euro un bicchiere di prosecco, quando una volta avrebbe rubato l’intera bottiglia con tanto di chip antifurto.

Stamattina altro litigio con D.J. John, che come al solito era attaccato a Deejay chiama Italia: vedendo Saviano ospite di Linus si è messo a smadonnare, gridando che gli verrebbe voglia di affiliarsi ai casalesi: “Almeno loro il merito lo sanno riconoscere. In questa Italietta del copia e incolla, che legge i libri di Saviano credendo di compiere un atto di civiltà, rimangono a galla soltanto i gattopardi alla Linus. Poi è chiaro che senza una cultura della legalità gli Albertino e i Fargetta sono costretti a emigrare”.

Mentre Lifen arrotonda per difetto i resti da dare ai dipendenti della Tuboplast, Budrieri cerca di leggere la Gazzetta sul bancone della Sammontana ascoltando in sottofondo il Gianni e il Walter che stanno analizzando gli aspetti tattici del derby insieme alle altre cime che pendono dalle loro labbra, manco stesse parlando Saldanha. Il pensionato ATM cerca di stare sulle sue, ma a un certo punto sente una frase del tipo “L’Inter aveva bisogno di una persona di buon senso come Pioli, si vede già la sua mano”.  Qui Budrieri non ce la fa più, getta via la Gazzetta che titola ‘Cardioderby’ e affronta a muso duro il resto del Champions Pub. Anche se lui che visto giocare Massimo Pellegrini e Mazzantini non può mettersi a discutere con gente che crede che l’Inter sia stata inventata da Jovetic: “Non so quale partita abbiate visto, ma Joao Mario dietro a Icardi era il minimo sindacale per dare una svolta alla stagione: un po’ perché Joao Mario si inserisce e crea un po’ di casino mentre arrivano i soliti 200 cross, un po’ perché lui dentro significa Banega fuori. La vera svolta rispetto a De Boer è questa. Male Ansaldi, ma quando mai è andato bene? Medel difensore centrale mossa non inedita ma anche questa quasi obbligata: i difensori centrali sono peggiorati rispetto a un anno fa, Miranda e soprattutto Murillo. Bell’atleta che ha però da mesi perso sicurezza, è incerto negli appoggi e spesso rimedia a cazzate fatte da lui stesso: una specie di Cordoba 2.0, più alto e bello a vedersi ma pur sempre quel tipo lì di giocatore. Non era da Inter Cordoba, non è da Inter Murillo”.

NonèdaInter (Copertina eBook)‘Non è da Inter – Alla periferia della vita’ contiene le puntate pubblicate fino al giugno 2015 ed è disponibile per Kindle di AmazoniPad-iPhone-Mac , ma anche per tutti i gli altri tipi di eReader attraverso la piattaforma di Bookrepublic. Prodotto da Indiscreto, ma giusto perché non lo abbiamo voluto dare a Mondadori e Feltrinelli, costa 4,99 euro. Il cialtronismo della cifra non è nostro, in periferia sappiamo benissimo che si tratta di 5 euro, ma dei poteri forti dell’e-commerce che pretendono che un prezzo termini in questo modo. 

Avvertenza per i nuovi lettori: Non è da Inter trae ispirazione dalla realtà, ma non è la realtà. Chi lo ritiene volgare o si ritiene offeso può semplicemente non leggerlo. 

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