Il blues di Jovanotti

27 Settembre 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni impegnato come il neo cinquantenne Jovanotti a riflettere sul vuoto che ti lascia ad una certa età il blues. Ma se questo potrebbe fare chiarezza, sono altri i vuoti che abbiamo sentito più profondi nella presentazione del 95esimo campionato di basket nella casa dei Toranaga del regno Armani al Forum boario di Assago. Questi vuoti, però, non hanno fatto chiarezza. Soltanto confusione e, come ha detto il Barocci sul Corriere dello Sport, non ci sembra davvero un mondo basket lontano dal mondo cane lasciato con la delusione di Torino. Solidali con chi rimpiange la Guida al campionato, il cartaceo insomma, nell’orgia di scodinzolamenti per questa nuova avventura legaiola, con un marchio rinnovato, aureola in basso, ferro che divide, come ci hanno ricordato i poeti organizzatori, la vittoria dalla sconfitta se entra o non entra nella corona magica il pallone che, per sua fortuna, è rimasto più al centro degli atleti e degli allenatori adesso che si farà tutto per i “tifosi”.

Come vi abbiamo già detto anche la seconda parte dei cattivi pensieri, a pochi giorni dall’inizio del campionato, ci ha trovato impreparati: non tanto alle solite scortesie, di qualche servitore con la coda impigliata nelle scale mobili del Forum, quanto a questo parlare senza riuscire a farci capire le parole. Niente da dire al presidente Bianchi che ci sembra entrato bene in una parte dove troverà Iago a colazione, tanti infelici a pranzo, molti doppiogiochisti a cena. Qualcosa da obiettare al direttore generale Zurleni. No, il pantalone che non tocca la scarpa è una sua scelta forse hipster e non ci influenza, ma davvero è strano sentire che c’è bisogno di un altro sport, non avendo ancora risolto concretamente i problemi del basket come sport che ha bisogno di una base sana e di un vertice illuminato e mai egoista. Ora sarà anche eccitante sapere che molti seguiranno il basket persino dai telefonini, basta che non lo facciano guidando, certo è contagioso questo entusiasmo per il nuovo, per guardare sempre più avanti, modificando tutto, dal sito al logo, dai rapporti interpersonali, ma ci è sembrato di vedere fuochi d’artificio come in Benvenuti al Sud, quando Bisio fa partire i razzi prima che la festa cominci.

Non abbiamo avuto bisogno d’interpellare le amatissime scarpe di gomma del presidente federale Petrucci che ha riportato la Lega nel recinto, felice di avere un pastore fedele, pur sapendo che il serpentario generale è un po’ anche quello che lo circonda nel governo dello sport che è stato il suo trampolino per una grande carriera dirigenziale. Ottimista pur nell’infelicità della non qualificazione. Gli altri depressi. Chi ha visto Messina in partenza lo ha trovato proprio giù. Il circolo magico di via Vitorchiano non proprio unito anche se molti hanno tirato un sospiro di sollievo perché il Silvano Tedeschi di Monterenzio, presidente del comitato regionale bolognese, avrà le mani già piene guidando gli arbitri italiani, sempre in guerra l’uno contro l’altro, e quindi non correrà per diventare vicepresidente come si diceva, anche se ci sembra il più in sintonia col Petrucci che ha trovato la via d’uscita all’infelice dichiarazione sulla nazionale migliore di sempre come suggerito anche in sala trucco a SKY: “Ho detto migliori di sempre, ma sulla carta”. Ah, volevamo ben dire, sogghignavano gli azzurri del passato, quelli che hanno vinto cose importanti, ma se non è vero che il varo di Azzurra tenera per Torino e, prima ancora, per l’Europeo, è stato funestato da una bottigliata che ha spaccato subito la chiglia, bisogna anche dire che, conoscendo certi soggetti, li sentite e li vedete anche adesso, non era proprio il caso di accarezzare tutti quei pavoni che fanno azienda uninominale. Lo ha detto e bene il povero Giampaolo della Sampdoria che dal giorno di quella intervista non ha più vinto, peggio, ha perduto in finali rocamboleschi quasi ci fosse una fattura in nero degli agenti offesi, dei giocatori permalosi. Ora anche Tedeschi si è presentato dicendo che in Italia abbiamo gli arbitri migliori al mondo. Esclusi, pensiamo, quelli che hanno volteggiato nella supercoppa.

A proposito tornando al cyberspazio di Federico Zurleni, gioiosi territori per chi non è “vecchio”, non ha bisogno di carta e penna come il Sandro Gamba che implorava almeno un foglietto, una cartellina per prendere appunti, non ci dica che è sfuggito ai suoi droni quel comico impatto fra Repesa e l’arbitro, con conseguente fallo tecnico, o, magari, quelle scene da sbarcati nel nulla per i minuti di sospensione. Tutto provocato dall’invadenza dei cartelloni pubblicitari che hanno tolto un metro al corridoio tecnico, ridotto al minimo lo spazio per la gente in panchina. Spieghiamo il timore. Se tutto deve essere spettacolo, rumore, allora si capisce perché né gli arbitri, né le panchine hanno aiutato, avvisato il Dragic caduto scivolando su una chiazza di sudore lasciata da chi era caduto prima, poi ricaduto di nuovo rischiando tendini e il resto. Ci si distrae sul fatto che la gente dovrebbe stare al palazzo molto prima e andarsene molto dopo la fine delle partite. Come no. Cioè una gara alle 20.45 quando dovrebbe finire per lorsignori? Al lunedì non si va più a lavorare, a scuola? Il prima sarebbe intrigante, ma se ci fosse garanzia sulla qualità e sui prezzi. Perché scimmiottare la NBA, essendo soltanto un campionato di seconda fascia europea, in un paese calciocentrico, dove si continua a sfidare, masochisticamente, la concomitanza con il pallone non a spicchi, difendendosi col fatto che sono le stesse reti televisive a volere questo, ci fa pensare ad una presuntuosa visione da sommo merliniano. Perché Rai e SKY fanno questo autocanestro? Vallo a capire, anche se poi immagini che ci sia un po’ di masochismo fra quelli che poi ti diranno: hai visto gli ascolti? E allora il basket cosa vuole?

Avevamo promesso le pagelle negate nella prima parte di queste riflessioni dopo aver visto l’ammiraglia dell’Emporio Armani entrare nel primo porto della felicità senza ammutinamenti, l’unica speranza che possono avere gli avversari per far diventare incerto un campionato dove si corre per il secondo posto. Da come andrà la stagione, dopo una campagna acquisti intelligente, per mettere basi solide, anche italiane, fidelizzare il pubblico a gente che non è di cartapesta o con la vocazione di essere soltanto il ras del quartierino, capiremo se questa Olimpia ottantunenne è tornata ad essere quello che è sempre stata: società con un muro invalicabile dall’esterno, a difesa della squadra e, quindi, dei suoi tecnici, allenatori o medici che siano.

10 A SARDARA che orgogliosamente si è rifiutato di perdonare l’errore nella regia della presentazione perché doveva essere lui a consegnare il premio Cherchi, anima della vera Dinamo. Ora se uniamo questo alle dichiarazioni fatte a Giampiero Marras sull’Unione Sarda, al Pasquini sempre più padrone di se stesso, si dovrebbe credere che la prima avversaria vera dell’Emporio sarà ancora la perla dell’ Isola.

9 A Kruno SIMON che ha dimostrato, anche a 31 anni, cosa vuol dire pensare basket in positivo. Lui è un artista di una scuola benedetta, ogni tanto si assenta perché la natura è quella, diceva Novosel dei suoi campioni un tempo, serbi o croati non importa, ma, se ci pensate bene, se guardate le facce di chi ha avuto tutta l’estate per curare difetti, allora comprenderete la differenza fra il dire e il fare.

8 Al POLONARA che pensavamo di aver perduto nel fumoso dopo europeo, in una stagione dove ci teneva sin troppo a dialogare col pubblico perdendo sempre tre o quattro metri per il rientro in difesa. Lo fa anche adesso, ma recupera più velocemente. Ora speriamo che Reggio ci restituisca il vero Della Valle, quello che ha meritato di stare fuori dalla Nazionale anche se non eravamo d’accordo, perché lui e Pascolo rappresentano qualcosa di nuovo. L’ex trentino ha già capito, il genietto figlio Carlo sembra ancora a metà strada.

7 Ad AVELLINO, quindi società, Alberani, Sacripanti, perché hanno fatto ancora una bella squadra e il Pino, che molti vedono come sostituto in Nazionale se Messina si dichiarerà troppo depresso, non si è fasciato la testa dopo aver sbattuto contro la Maginot di Repesa e preso cannonate: “Sappiamo da dover ripartire per poter fare meglio”.

6 A DE POL che entrerà fra i commentatori tecnici della Rai dopo aver accettato la decisione di Verona ed essere tornato al lavoro nella vera miniera, quella dei giovani triestini, a DELL’AGNELLO che ti giura come sempre, che non sarà lui a retrocedere con Caserta, ad ESPOSITO che dimostra come il sole non entri in palestra a Pistoia, faccia pallida, ma occhio vigile, testa fina, a FROSINI che è diventato per Reggio Emilia un eccellente dirigente dopo essere stato un buon giocatore, perché parlando con loro, con De Raffaele, ci siamo sentiti lontani dal vuoto dove vorrebbero confinarti i maleducati del giorno.

5 A BIANCHI, Lega, e PETRUCCI, federazione, se non apriranno presto il tavolo delle riforme che sono diventate urgenti, la denuncia viene da una base dissanguata con tassazioni inique, multe esagerate, il grido di dolore dalla maggior parte dei tecnici, se non faranno in fretta, anticipando questo basket che punta ai droni che portano una Coca allo spettatore, una palla meno pesante al giocatore.

4 Al LEUNEN che è rimasto di sale quando gli hanno fischiato un assurdo fallo antisportivo. Doveva inchinarsi perché se un arbitro prende una decisione del genere vuole anche umiliarti. Lui avrebbe dovuto urlare ai microfoni che così si avvelena il basket. Certo ha troppa classe per farlo, ma almeno prima di veder diffondere la moda della chiamata ad penem di segugio era giusto far sapere ciò che ha indignato persino i cantori televisivi.

3 Agli OTTIMISTI che per far cassa parlano di campionato davvero interessante sapendo che questo accadrebbe soltanto se il fuoco amico destabilizzasse l’Emporio. Ai PESSIMISTI come noi incapaci di stare in silenzio se chi propaganda un prodotto già venduto esagera, va sempre oltre il mandato professionale, vestendosi da servo in scena.

2 Alla FIBA se non ci spiega perché c’è così poca eccitazione per l’esordio europeo di Varese a Lisbona. Lo sanno tutti il motivo, ma questo braccino di ferro per far sapere chi comanda ha soltanto messo al guinzaglio chi, come Trento o Reggio Emilia, aveva tanto da dare e imparare in una Europa senza chierichetti malvestiti.

1. Di nuovo a PETRUCCI perché difendendo la baracca di Baumann, negando alle società con più italiani gli spazi giusti, ci vorrebbe far credere che l’eccezione di quest’anno per Milano l’anno prossimo non ci sarà più. Pinocchi a congresso?

0 Alla LEGA che ci ha lasciato senza guida cartacea, alle società assenti alla presentazione, al mancato spazio, in mezzo al campo, per allenatori e giocatori, a queste formule dove prima si mangia e poi, non avendo digerito, si deve fare sì con la testa scuotendo le mani che prudono.

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