La sala pesi della Trost

5 Settembre 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sul lago Smeraldo, a Fondo, nella Val di Non, che era regno di Franco Grigoletti, nel giorno del ricordo, con amici, non tutti, ma il tempo fa dimenticare, divide, impone di cercare scuse per mancare al brindisi, e badanti, che almeno regalano libri per cambiare il punto di vista sul mondo intorno a noi. Nel caso “L’arte della vittoria” di Phil Knight, l’uomo che ha fatto diventare la sua idea folle lo splendore dello swoosh Nike. Sono sorprese come sarebbe piaciuto a Grigo che, invece, di questo giornalismo educato con  “Il Discorso della servitù volontaria” di Ètienne de la Boétie, non sarebbe mai andato d’accordo. Badate bene non è il solito rimpianto, la rabbia verso la ganasseria dei piccoli padroncini di oggi che ridacchiano sulle memorie, ma una dolorosa constatazione.

Non era meglio il giornalismo di ieri, ma certo non viene in mente a quelli di oggi, di pubblicare uno studio sul 400 di Van Niekerk a Rio come ha fatto Gianni Merlo, figlio dell’indimenticato Dante, educato da un padre che considerava l’atletica cultura e scienza dell’uomo dove al centro c’era il cuore, ma dove era il cervello a dover comandare. Nel lavoro di Ziga Skraba ci viene in mente il giornaliero tirocinio con Alfredo Berra in Gazzetta: mai fermarsi nella ricerca, guardare dentro una prestazione, chiedersi da dove nascono certe motivazioni, ma anche spiegare quel passo in più, in meno. Grazie al conte Aquari per la segnalazione. Lo sappiamo impegnato con i “folli” del toto Rio nella giornata terra-mare di Formia del 20 settembre che ai maligni sembrerà una riunione per ribaltare chi si è già ribaltato da solo, soffocato dai risultati mediocri, dalle beghe che fanno titolare un doloroso divorzio la telenovela Trost-Chessa.

Studiare sempre, anche le relazioni liquide che fanno diventare fantastiche, incredibili, pure le flatulenze. Per questo ogni anno ci facciamo guidare dal giganton Dallera verso il nido di Franca Grigoletti ad Amblar, perché serve almeno una giornata di riflessione, meglio se ad una buona tavola e lei la trova sempre, come le parole per non sentirsi tristi davanti ai fiori del cimitero e al Grigo sornione con berretta d’ordinanza per il nobile pescatore che ancora cerca la trota azzurra. Questa volta la meraviglia da scoprire era il piatto di giornata prima dello stinco: gnocchi crudi serviti al burro e speck. Non esiste mai una sola verità, confessatelo voi patiti degli gnocchi classici. Insomma è un po’ come scoprire che alcuni giganti della storia, per la verità, erano bassi: m. 1.53 Napoleone, 1.56 il re sole Luigi XIV, 1.50 Alessandro il Grande, 1.51 Alessandro Magno, 1.54 Attila.

Fra Knight, il lavoro di Skraba che conta i passi e segna i tempi per Van Niekerk, Michael Johnson, Kirani James e Merritt, abbiamo dimenticato la gelida estate della nostra atletica che ha esiliato da tempo molti maestri dello sport, ha reso sorde le aule di scuole sportive che i predecessori avevano inventato, sostenuto, facendole diventare università. Abbiamo sentito in una diretta atletica della scuola francese per gli ostacoli.  Accidenti, professor Calvesi, non monti subito in bestia e a cavallo, lei che ha  cercato nell’anima di Ottoz e Liani, se questi non sanno che  nella sua tenuta bresciana venivano a studiare Drut ed Hemery. Succede che la gente nella spocchia del momentaneo comando tenda a cancellare.

Se le dovessimo raccontare cosa fanno quelli del basket di oggi si metterebbe a ridere  anche se sarebbe curioso di scoprire cosa farà da grande il giovane Fontecchio cestista, figlio di un eccellente ostacolista, uno cresciuto leggendo i testi sacri della sua scuola, di una grande cestsita come Mali Pomilio. Ma per fortuna nessuno la dimentica. A Brescia,  a Formia, a Schio, nel mondo. Magari ci fosse ancora lei per questo Fontecchio che servirebbe tanto saltatore, ma pure difensore, al progetto Repesa. Comunque sia, cari estinti che ci guardate da non so dove, non prendetevela troppo se adesso divaghiamo, cercando il corpo dei nuovi re, alti o bassi non conta. La vicenda del divorzio fra una buonissima saltatrice in alto come la Trost, niente paragoni con la Simeoni per carità, e il suo allenatore, ci ricorda altre rotture dolorose, ma chi subentrava non rubava nulla ai Mascolo, ai Bragagnolo,  ai tanti che avevano trovato la perla, il diamante. Nella vicenda che, per i giornali di oggi, mercato a sfinirsi, calcio a strafottersi, brevi per tutti persino per il ciclismo eroico se non è targato, è diventata una soap opera. Se è vero quello che dice il Chessa, onore al suo lavoro, ci sarebbe da fare un’ inchiesta sui motivi per cui la sala pesi per un’atleta “spesso pigra” come ha detto lui (ahi ahi, direbbe il giudice per la separazione) è stata pagata dall’allenatore di sua tasca. Non c’è stata smentita. Sarà vero. Allora è una verità che spiega tutto il resto e non solo le zero medaglie.

Ci voleva Amblar, il labrador di Fondo che non ci ha fatto arrivare al burrone, per trovare serenità in altri ricordi mentre il cronometro scandiva enfaticamente le ultime ore  per il mercato calcistico. Tutte facce da prima linea, una comica come pensava il grande Sofisti, caporedattore al Giornale, cercando di capire cosa fosse quel lenzuolo, nascosto, per salvarci, da Tony Damascelli, di una nostra bracciata da Tel Aviv per un partita di coppa della grande Varese:  “Neanche per la guerra  del Kippur”. Siamo al delirio urlato e questi si giustificano: lo vogliono i nostri capoccia. Urlate, qualcosa resterà anche di voi costretti alla servitù volontaria, quella che porta ad escludere, mai ad includere, che fa girare  dall’altra parte testoline che nascondono bassi famosi che non sono Mozart (1.52) e  vorrebbero essere almeno Tamerlano (1.45)  mentre  cercano di spremere l’uva insterilita dal troppo caldo dei fiati e delle trombe.

Gnocchi crudi da portare al Danilo Gallinari che sembra davvero uno da red carpet dello sport mondiale anche se non ha nessun anello o scudetto da mostrare. Gli fanno festa i giovani convinti che sia lui il miglior giocatore italiano del momento rendendo più difficile il lavoro di chi insiste sulla grandezza di Alessandro Gentile che 2 scudetti li ha pure vinti. Lana caprina. Skraba dimostrerebbe, dati alla mano, che non è davvero oro tutto quello che luccica se siamo la 35esima nazione al mondo per il basket maschile. Ma questi  hanno altro a cui pensare. Milano lo ha capito prima di tutti, per sua fortuna, e allora, avendo alle spalle il colosso Armani, ha fatto in tempo a fare due squadre perché la stagione sarà pesante: 30 partite di eurolega, tutte difficili, sicuramente le 15 fuori casa, perché avrà contro altri colossi e per scalzare dai primi 4 posti CSKA, Barca, Real, Fenerbahce, ci vorrà qualcosa in più. Sì, il campionato altre 30 gare più i play off al ritmo demenziale, servirà per studiare altre cose fatte meglio degli anni scorsi: la base squadra. Ne sono rimasti 8 dell’ultimo scudetto, grazie all’intervento di re Giorgio ha potuto continuare in questa contrada il Bruno Cerella amato dal pubblico più di tanti altri.

A Gallinari dobbiamo, grazie al direttore di Indiscreto che guerineggia, anche una sincera intervista sulla caduta preolimpica che ha mandato Messina nel bosco delle meditazioni tristi come dopo il primo fallimento, anni fa, nell’europeo tedesco: ”Saremo anche bravi, ma non più degli altri e 11 anni di non vittorie lo dimostrano”. Verità gente. Provate a dirla un po’ tutti mentre preparate le trombette per “lanciare” un campionato dove si gioca per essere secondi, bronzei terzi, felici medaglie di  legno. Non date la colpa a Milano se è così ricca e superiore. Con Repesa ha trovato un generale che sa cosa è la strategia, anche se il fuoco amico riprenderà nei tempi e nei modi dettati dalla filosofia dei ser Biss che stanno intorno ai manovratori. I suoi nemici, anche nostri carissimi amici, la chiamano furbizia e ci hanno fatto capire tante cose. Ma non è così. E  se la squadra che sta nascendo ha un buon futuro lo si deve alla visione di chi dirige, di chi doveva costruirla pur immaginando che Ale Gentile avrebbe potuto andare via. Non è successo. Strana gente in Europa che non riconosce e non ha più di un milione 200 mila euro da offrire al migliore giocatore italiano secondo il Devoto Oli profumati del nuovo giornalismo. Criptico, invece, il Gallo sul mancato matrimonio dei Razzi di Houston (quindi D’Antoni) col matamoros di casa Gentile: secondo lui non hanno indagato abbastanza. Boh.

Misteri gloriosi. L’atletica se li inventa. Il basket finge di averli risolti. Diteci voi se merita una corsa all’abbonamento l’estate di Gerasimenko e di Cantù? Eppure è così che sta andando. Non è rimasto quasi niente della vecchia società, tutti congedati, alcuni anche in malomodo, ma chi fa le grigliate presidenziali ha capito o crede di aver capito minacciando chi potrebbe avere dei dubbi. Meglio così. Bella idea il torneo organizzato a Varese dalla 4 società che vivono grazie ad un consorzio, futuro prossimo venturo. Ha vinto Trento sulla squadra di Moretti, hanno fatto una bella figura Pesaro e Siena che deve ancora combattere con il saio della povertà, nella speranza che il basket trovi  una Violante di Baviera, regina delle contrade da lei delimitate, come la presidentessa del nuovo calcio senese.

Non vorremmo che Basile si ritirasse a 41 anni, siamo contenti che Chiacig, pure lui over 40, si presenti a Taranto dicendo che non devono preoccuparsi.

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