Cancellazione di Labranca

31 Agosto 2016 di Andrea Ferrari

Premessa: Tommaso Labranca sapeva essere stronzo come pochi altri e la sua capacità di litigare con chiunque aveva un qualcosa di scientifico. Chiunque abbia lavorato insieme a lui (noi, fra i tanti) può testimoniarlo. Tuttavia l’ostracizzazione che gli hanno inflitto i media e il mondo intellettuale non è spiegabile solo con il suo carattere difficile. A leggere diversi necrologi (con Oscar del trash vinto da Repubblica che s’è inventata un “esilio svizzero” che non c’è mai stato visto che lui era sempre fra Pantigliate e Milano) pare che l’attività di Labranca si sia risolta nella pur geniale definizione di trash che elaborò nei suoi primi lavori degli anni Novanta e poco più. Un ricordo di comodo e paraculesco. Negli ultimi anni solo Libero, Radio 24 e pochissimi altri hanno dato spazio al più grande scrittore italiano vivente. Perché?

Da almeno quindici anni Labranca s’era messo a demolire con acume implacabile, sia sui libri che nelle sue apparizioni online, l’establishment culturale italiano, per intenderci coloro che se la cantano e se la suonano da Fabio Fazio, il demi-monde “equo e solidale”,  Saviano e i suoi temi delle medie, gli ossessionati dal Berlusconismo (lui che seppe descriverlo in modo formidabile in tempi non sospetti), il romanocentrismo del mondo culturale, gli studenti meridionali che vengono a Milano e non fanno che lamentarsene, la retorica terzomondista sugli immigrati così come molti altri dogmi “de sinistra”.
Facendosi nemici che non l’hanno combattuto a viso aperto, non avendo la caratura per fronteggiare una persona dotata di cultura e intelligenza straordinarie, ma che semplicemente non l’hanno fatto più lavorare. Eliminandolo con la sufficienza che si merita lo scemo del villaggio che sa solo parlare di trash e affini. Confrontare il numero di articoli post mortem su Labranca con il numero delle recensioni, sugli stessi giornali, dei suoi ultimi libri, conferma la bontà delle sue tesi, valide anche al di fuori del piccolo mondo editoriale italiano.

Alla fine il coccodrillo migliore glielo ha scritto involontariamente chi si è inventato la professione del “Running Motivator” che gli avrebbe strappato una risata e che forse sarebbe finito in una nuova edizione di “Chaltron Hescon”. Caro Tommaso, non mancherai a un popolo di cialtroni.

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