Alla ricerca del calcio perduto, l’arte dell’intervista

30 Giugno 2016 di Stefano Olivari

Montanelli sosteneva che l’intervista è un articolo rubato, ma si riferiva all’abuso di interviste, soprattutto a politici di terza categoria, per riempire pagine senza idee. Una buona intervista è in realtà un’arte, o meglio ancora un artigianato, riservata a pochi. Nello sport a pochissimi, considerando il tempo a disposizione dei giornalisti e le preferenze di molti lettori. Uno di questi pochissimi è Nicola Calzaretta, del quale abbiamo appena finito di leggere Alla ricerca del calcio perduto – secondo tempo, da poco pubblicato dalla Goalbook Edizioni di Pisa. Leggere? Meglio rileggere, perché tutte le interviste del libro sono già state pubblicate nella rubrica Amarcord del Guerin Sportivo (la prefazione è di Matteo Marani, adesso a Sky Sport, che da direttore del Guerino rese fissa la rubrica) e non ce ne siamo mai persa una, delusi perché avremmo voluto leggerne subito un’altra e un’altra ancora. Come dice il titolo stesso, questo è il secondo volume e siccome il calcio avrà sempre un passato scommettiamo già sul terzo e sul quarto.

Gli intervistati sono personaggi calcistici del passato, di varie epoche e non tutti giocatori (ci sono anche Fiora Gandolfi Herrera, la moglie del Mago, Ferlaino e Biscardi), che Calzaretta ha scelto secondo un criterio evidente: il più possibile fuori dal giro di adesso, il più possibile con qualcosa di inespresso. Come al solito Rivera dice cose interessanti e pesanti, ma Rivera per noi è come se non si fosse mai ritirato. Per questo la nostra avidità di lettori e di rilettori è stata soddisfatta soprattutto da Tricella, Furino, Riccardo Ferri, Pascutti, Juliano, Wilson e Virdis. L’autore, nato a Oppido Lucano ma toscano di adozione, ha avuto l’intelligenza di scegliere sempre persone che abbiano avuto una buona o almeno discreta carriera, in modo da evitare quella retorica della sfiga che di solito ammorba questo tipo di articoli-libri insieme al tremendo ‘Una volta era tutto meglio’ che ormai ha stancato anche i professionisti della nostalgia. Forse eravamo meglio noi, ma soltanto perché eravamo più giovani.

Le domande non sono mai generiche, ma vanno dritte ai casi più controversi delle singole carriere: a Rivera si chiede di Mandelli e Valcareggi, a Juliano del suo rapporto con Ferlaino, a Boniek di come lui e Platini fecero fuori Furino, a Ravanelli delle accuse di doping, a Pagliuca della sua rottura con Sacchi, soltanto per citare le prime cose che ci vengono in mente. Si capisce che ogni intervista è stata preparata accuratamente e che il giornalismo con i tempi giusti, non vogliamo dire slow perché il termine e chi lo usa ci fanno politicamente ribrezzo, batte in scioltezza il giornalismo delle photogallery e dei post che devono diventare virali (ma quelli li batte anche il daytime di Amici) ma anche tanti libri sportivi inutili che spesso vengono pubblicati, non è un segreto, con un contributo dell’autore. Non è che tutti siano Agassi o Ibrahimovic, bisogna prenderne atto e lavorare di conseguenza. Calzaretta l’ha fatto e ha tirato fuori una serie di piccoli capolavori. Li possiamo leggere con nostalgia, senza vergognarcene perché a molti di questi personaggi abbiamo dedicato gli anni migliori, ma anche per imparare cose che non sapevamo.

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