Gli odiosi sono più di otto

29 Febbraio 2016 di Oscar Eleni

Oscar Eleni alle prese con gli enormi buttafuori del Dolby Theatre di Los Angeles, dove non hanno voluto farci entrare nella notte per l’assegnazione degli Oscar cinematografici anche se avevamo in mano la prova di una commedia all’italiana che meritava di essere premiata dopo il maestro Ennio Morricone. Eh no. Su quel palco con Di Caprio, era ora, Brie Larson, Alejandro Gonzales Inarritu regista che vale il Repesa sornione di Milano, avremmo voluto far salire l’autore della piece Coppa Italia apparsa sul sito della Lega dove sei privilegiato soltanto se ci vedi molto bene.

Citiamo dalla fonte legaiola: tre giorni di emozioni, spettacolo, canestri mozzafiato, esaltazioni e delusioni, in campo e sugli spalti. Diteci voi se questa non è fantascienza. Qualcuno al Forum ci è andato, non tantissimi, insomma pallavolo basket tre set a zero per presentazione, organizzazione, cornice, spettacolo sul campo, qualcuno ha visto da casa. Ehi, masochisti del palinsesto che avete messo Sassari-Avellino insieme a Juventus-Inter, non tormentateci se poi, alla fine di tutto, quando farete sapere che il picco di share, nella coppa Italia, è stato dell’1.05 per cento in occasione di Sassari eliminata da Cremona, o, magari, la pietosa media di 0.56 per 533.000 spetatori televisivi presunti, vi dichiarerete insoddisfatti.

La realtà è questa, cara gente, e non è certo salita l’audience quando i creativi di Armani hanno fatto indossare la maglia celebrativa per la coppa Italia che tornava vent’anni dopo a Milano con la coccarda tricolore sbagliata. Segnalazione che premia la fede dei Marino e di chi crede al sole dell’avvenire per il basket venduto a Sparta e Atene in una televisione di piazzisti, più che di critici che aiutano a crescere, perché questo errore in sala taglio e cucito è stato segnalato da un lettore al giornale genovese Secolo XIX, dimostrazione evidente che la coppa Italia l’hanno vista anche in una regione dove il basket non ha quasi più niente da ricordare e da vedere e vive soltanto sul primo posto in classifica del ligure Lino Lardo nella Udine mortificata in terza serie e nei ricordi della banda Tanelli o di quella dei Parodi e Dal Pozzo.

Ora a questi energumeni che non ci fanno entrare vorremmo lasciare anche la sceneggiatura annunciata dal simpatico Stefano Michelini nell’ultima trasmissione di Dai e Vai dove, giustamente, ad un certo punto, è stato detto che dovrebbero prevalere le immagini sulle parole: dunque questo eccellente critico, allenatore di qualità, arguto maestro per giovani che abbiano voglia di crescere, ci ha detto che questo campionato alla fine ne farà vedere delle belle. Ohibò. Lui pensa davvero che all’Emporio Armani, primo in classifica senza discussione, possano rinascere i gruppi degli scoprioni che hanno mandato a fondo Banchi e la sua idea di squadra? Ora se non sarà così, e il garante è quel Gelsomino Repesa che farà squittire di rabbia l’angolo del Pavaglione che non lo ha mai digerito, il gruppo che cerca di influenzare la penisola intera, ci saprebbe dire chi ha le armi, la resistenza fisica per reggere un play off al meglio delle cinque e sette partite con la Milano bislunga che ha tutto e di più e può permettersi di aspettare sul fiume?

Certo che Reggio Emilia, se risanata, darà fastidio, anche perché giocare su quel suo campo dal soffitto basso, con tutte quelle righe per terra, è già un ‘impresa e c’è un record d’imbattibilità a dimostrarlo. A proposito nella bonifica impianti, voi dite che non si potrebbe partire almeno da questa purificazione del fondo già esageratemente e pericolosamente imbrattato da troppe sigle. Cara gente, se volete guadagnare con l’indotto sbirciate in Spagna. Quelli hanno sponsorizzato persino gli spazzoloni che dovrebbero pulire il terreno di gioco. A proposito, annunciamo a tutti i dirigentoni che a fine anno premieremo con la sòla d’oro chi avrà capito che una società si giudica anche dai ragazzi che asciugano, spesso gente svogliata che mette a rischio giocatori costati tantissimo.

Comunque sia, non riusciamo a vedere rischi reali per Milano anche se a Sassari dovessero convincere Mitchell che il basket ha un senso diverso, se vuoi stare in una squadra, se trovassero il modo per togliere a Varnado l’idea di essere un perseguitato quando, invece, sembra proprio che sia lui a farlo con i poveri allenatori alla ricerca del suo centro di gravità anche non permanente come il Sacchetti che, giustamente, dava la colpa a chi doveva innescarlo. Hanno cacciato lui e Marquez Haynes, ma neppure Calvani, che già lo conosceva, riesce a riaccenderlo anche se adesso ha trovato in Akognon uno che può far respirare il professor Logan anche quando va in acido, finale contro Avellino, e non vede tutto lucidamente come tante volte.

Voi dite che Venezia tornerà in gioco adesso che sembra scoppiata la pace fra Green e Goss, ora che le gambe girano un po’ meglio? Puà darsi, ma intanto faranno una gran fatica a stare nelle otto se a Cantù dovessero aver imbroccato gli innesti per la rimonta impossibile. Su Cremona anti Milano abbiamo già visto che non può essere perché il Vitali da una partita ogni due giorni non ci sarà mai, anche se hanno sempre belle reazioni di gruppo. Belle, ma distanti dalla Moscova di Repesa.

Diciamo questo aspettando di vedere come Alessandro Gentile rientrerà in un gruppo che all’inizio sembrava stordito, spesso deludente come abbiamo detto anche a Repesa che ha schivato il pranzo delle beffe come capitò allo Zare Markovski che voleva una cena per rinforzare credibilità e venne fatto fuori prima di poter spiegare a chi lo pagava che il lavoro di costruzione merita pazienza. Se a Milano avessero ragionato come allora, con il Repesa eliminato al primo turno di eurolega, dando ascolto ai professionisti del fuoco amico che già avevano mandato a fondo Luca Banchi e Sergio Scariolo, prima di lui, ci troveremmo davanti all’ennesima e costosissima incompiuta. È andata bene all’uomo che conosce i santuari e il basket, a quello che arrivò a vincere lo scudetto con la Fortitudo quando chiese a Pozzecco di stare a guardare, ma fuori. Non glielo perdonarono mai gli adoratori del giocatore che ha reso verde la valle di Recalcati a Varese e in Nazionale, ed erano pronti a farlo cadere, approffittando dell’infortunio del capo giocatore intorno al quale era stata costruita la squadra negando con questo il concetto stesso di gruppo.

Viaggio negli equivoci, sempre da parte del vero fuoco amico: meglio Milano con o senza Gentile? Certo hanno vinto anche partite importanti in eurolega senza il matamoros, certo hanno dominato la seconda parte del girone di andata, stravinto la coppa Italia senza Alessandro promesso sposo dei Razzi di Houston, ma è fin troppo evidente che per finire in gloria ci sarà bisogno di questo giocatore che nessuno mette in discussione, del giovane capitano a cui Messina telefona per fare gli auguri di pronta guarigione perché, soprattutto adesso, dopo l’ennesimo infortunio di Gallinari e la sosta premio del solito Bargnani, ci sarà bisogno del suo furore per battere prima i croati e poi guadagnarsi Rio.

Non riusciamo a vedere avversari per chi ha messo la ricchezza nelle mani di uno non abituato a sperperarla. Forse Michelini ha ragione dicendo che ne vedremo ancora delle belle per la salvezza ora che a Bologna sembrano vivere in una strana nuvola: magnifica l’idea di riportare Alberto Bucci in società, lui sa certo cosa dire anche a chi è soltanto un mercenario, lui è virtussino per meriti in battaglia, pur essendo nato in Fortitudo, lui è il guerriero a cui la giovane nidiata potrebbe ispirarsi, ma nella sostanza questa fondazione Virtus potrebbe far sapere di esistere e di contare davvero se intervenisse su una squadra a cui mancano dei pezzi, da troppo tempo e che non è ancora affogata in quell’angolo di Bologna che sembra Venezia, dove ci portava sempre il papa Parisini, perché a Torino neppure Vitucci è riuscito a risanare un gruppo da discoteca con legnate, gente che adesso non piace più neppure alla sua gente ed esce fra gli sputi dopo aver lasciato il servizio in casa alla Varese che Moretti rende decente anche se tutto, intorno a lui, non lo è, in un altro consorzio dove le parole si sprecano, ma i denari che girano servirebbero a pagare due dei sedici giocatori di Milano.

Ci piacerebbe, caro Michelob, vederne delle belle. Sì, non sarà tutto noioso, ma questo non è più un giallo dove si dovrà aspettare la fine per sapere chi ha ucciso il campionato. No, per carità, non ricordateci che l’unico scudetto Armani è arrivato giocando in finale con Siena dichiarata fallita, prendendo ai campioni inseguiti dal fisco, allenatore e giocatori chiave, che sempre la Milano armaniana era partita come unica favorita. Tutto vero. Ma adesso non vediamo chi possa far rotolare a terra questa squadra che sembra completa e, umanamente, facile da mettere insieme perché si è conosciuta meglio nell’emergenza e il recupero di Cinciarini è la prova.

Pagelle ascoltando il CD con l’opera omnia, senza i Gli odiosi otto, del Morricone che abbiamo regalato a Boscia Tanjevic felici che, seppure in ritardo, si siano ricordati di invitarlo domenica alla festa per gli ottant’anni Olimpia, una “Zona” della sua vita che potrebbe anche interessare Mathias Enard, accento sulla E, lo scrittore che ha trovato l’ispirazione fra Barcellona, Beirut, Damasco, Tunisi, Venezia e Roma quando ci ha parlato di battaglie di re e di elefanti, quando ci ha portato nella “Zona” d’azione per tutte le guerre nate con la stessa matrice, i soldi, cara gente, altro che la religione.

10 A KAUKENAS, grazie Cantù di averlo portato in Italia, grazie Siena di averne compreso la grandezza, perché in questi giorni dove si parla di campioni che non sanno scegliere il momento del ritiro, lui ti dimostra che esiste una montagna dove puoi scalare anche se fuori è inverno e hai sfumature di grigio tutto intorno. C’è una rabbia in lui, un orgoglio in Ress, una fede in Basile, che ci ispirano anche adesso che tutto sembra nebuloso.

9 A TRIESTE, non soltanto perché ci vivono Tanjevic e Rumiz, dove al basket, per una squadra da media classifica in A2, vanno quai 6.000 persone. Guardate la vera A1, quella dove i campi vengono quasi sempre affittati ai grandi sponsor, non certo ai Cesare Rubini come nella sua città di nascita, come non faranno mai in quella dove è stato grande come la Milano Olimpia inventata da Bogoncelli che lo scelse eleggendolo generale-principe. Beh, soltanto la Bologna invitata dal cuore di Bucci, con una squadretta, ha fatto meglio.

8 Al CAMPANI che ha portato la Varese inguaiata in acque meno torbide, nella giornata dove è facile trovare italiani protagonisti, cominciando da Della Valle, anche perché ne abbiamo bisogno adesso che ci siamo davvero spaventati dopo l’infortunio di Gallinari. Eh sì, senza il Gallo anche Messina avrà problemi come il suo predecessore nel penultimo europeo.

7 Alla GENTE DI VENEZIA che non avrebbe mai cacciato Recalcati dalla Reyer, ma che non fa mancare il sostegno al DE RAFFAELE che mai, in nessuna intervista, si è dimenticato di ricordare l’uomo con cui ha condiviso tutto anche in una stagione nata con acquisti sbagliati.

6 Ai SINDONI fra una squalifica e l’altra, ogni lunedì sono nei premi del giudice, hanno saputo trovare in Boatright il nocchiero giusto per portare Capo d’Orlando dove chi vede il basket soltanto come affare per grandi città non la vorrebbe mai.

5 Agli AGENTI di BARGNANI che non sono riusciti a convincerlo che un’altra stagione passata a guardare, a rosicare, non lo aiuterà certo. Va bene l’orgoglio di chi non vuole tornare a casa dopo aver sbattuto la porta, ma così si fa del male e ne fa pure al nostro piccolo basket che in gente come lui sembra credere ancora.

4 A Stephen CURRY il magnifico, l’uomo dei record, del basket reinventato anche per la “gente normale” perché adesso sarà davvero difficile spiegare a tutti che esiste una zona dove si può arrivare anche migliorando quello che il talento ti ha fornito. Ce lo ricordiamo Curry umile nella squadra americana. Quando entrava, però, si capiva, che la luce diventava più forte, tutto splendeva. Era il 2010 quando ancora non era il semifenomeno del 2014.

3 A Lindsey VONN se non porterà CERELLA e il medico che lo ha operato al ginocchio, mandandolo in campo dopo 48 ore, nella stessa trasmissione dove i campioni che non si fermano mai raccontano cosa li spinge a rischiare. Certo anche i medici saranno curiosi di scorprire questo bisturi magico.

2 A TORINO perché deludere una città che aveva così fame, che ci servirà bella carica nel preolimpico, sembra un crimine, ma vallo a spiegare a questi “ragazzi” d’oro che scappano dai ritiri per finire ubriachi a mangiare carne che intossica come è capitato a quelli del Bayern e della Juventus.

1 All’ACCADEMIA che assegna gli Oscar cinematografici per non aver preso in considerazione l’opera di fantascienza sul basket italiano oggi in attesa dellla rivoluzione in Lega, del cambiamento per non cambiare nulla. Ci sono degli illusi di aver portato la vera nuova Grande Bellezza nella città dei canestri che andrebbero ascoltati, certo premiarli è sempre difficile perché   la realtà è sempre diversa da chi pretende di   utilizzarla proponendo la propria immagine come liberatoria dal passato ingombrante.

0 Alla VIRTUS Bologna che ha fatto benissimo a rimettere il dottor Stranamore Alberto Bucci al centro del sistema dove serviva una figura alla Villalta appena scacciato, ma che avrebbe fatto meglio a preoccuparsi di rinforzare una squadra che a questo punto è fra le indiziate alla retrocessione. E nel basket che dà 80 mila euro di bonus televisivo per chi retrocede non ci sono certi i miliardozzi del calcio, male imitato e scioccamente sfidato. Gli americani che vorrebbero una franchigia italiana la preferirebbero dove una Virtus dovrebbe sempre stare. In alto. Non basta far credere di poterlo fare senza farlo.

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