Serie A, il vero miracolo della pallacanestro italiana

21 Gennaio 2016 di Indiscreto

Il successo di pubblico della serie A di pallacanestro, ma anche della A2 soprattutto in certe piazze storiche, è il vero miracolo italiano. Perché siamo nel 2015, con la possibilità di vedere ogni partita NBA che vogliamo, fra Sky e League Pass, per non parlare dell’Eurolega. Quindi i 3.798 spettatori di media del girone di andata, con picco di 8.541 a Milano, sarebbero un motivo di autocelebrazione ben superiore al torneo preolimpico che ospiteremo a Torino a luglio (lì a Petrucci è bastato pagare, con soldi pubblici). Siamo in calo rispetto ai 3.977 della scorsa stagione regolare, e circa 400 unità sotto rispetto ai picchi di inizio anni Novanta, ma assolutamente a livelli da anni Ottanta quando, va ricordato, si riusciva al massimo a televedere una partita NBA alla settimana e soprattutto nella pallacanestro italiana giravano soldi veri. Questa è una serie A di livello medio scadente rispetto anche soltanto a quella di inizio millennio (che viaggiava sotto le 3.000 presenze medie), quindi con la sentenza Bosman purtroppo già operativa, per colpe proprie ma anche perché, semplicemente, ci sono meno giocatori decenti disponibili sul mercato in confronto agli anni d’oro: rispetto agli anni Ottanta la NBA ha 7 squadre in più e una lega di sviluppo che è un’opzione sempre più credibile per chi coltivi il sogno, per non parlare della quantità di campionati che adesso si contengono le briciole rimaste. Certo nessuno obbliga a tenere il mercato sempre aperto, tamponando piccoli infortuni ed errori di valutazione con ingaggio di stranieri a gettone, ma in ogni caso la qualità media non potrebbe essere quella di un tempo ed è inutile rimpiangere il passato. Le riflessioni da fare sono quindi quattro. Continua sul Guerin Sportivo.

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