Occhi di ragazza

24 Dicembre 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sulle scalinate del Pala Dozza bolognese, nella nobile piazza Azzarita, cercando di stonare il meno possibile per cantare Occhi di ragazza al basket delle idee pronto per il quinto tempo nel derby all’ultimo mestolo fra Fortitudo e Ferrara. Natale con i tuoi. Loro sono noi perché, come diceva l’avvocato Porelli, noi siamo noi. Abbiamo scelto un esilio meravigliao su quelle scalinate dove, ragazzini, si discuteva con i fratelli Bonaga, se fosse meglio avere in squadra Lombardi o Gianfranco Pieri. Guardare nel librone di Arceri e la risposta è già scritta. Ci vogliono occhi di ragazza, come li vedeva Lucio Dalla in quel canto libero pensato da Baldazzi e Bardotti, musicato con Franceschini, dal nostro playmaker più amato, per agitarsi davanti alla classifica del campionato dopo la terzultima di andata.

Cinque insieme lassù, o laggiù. Mai previsto, mai pensato. Certo va tutto bene a Milano che nel periodo del nero seppia, fra infortunati, cali di zuccheri, incomprensioni, fughe dalle responsabilità, resta pur sempre al comando. Tutti la guardano invidiosi dopo aver saputo che bella vita farebbero con metà del budget previsto per stipendi che aumenteranno se dovesse arrivare davvero un polacco al centro, un regista che sia meno vago e più tonico di quelli che giocano adesso. Sì, compreso il Cinciarini Andrea che ci pare tanto triste, non tristo, sia chiaro, che dovrebbe prendere esempio dal fratello Daniele che ha sfidato i leoncini di Avellino, li ha portati nella tana e poi sbranati quando quelli già pensavano di averlo come dessert prenatalizio. Venti dei vecchi miliardi non bastano ancora per essere stradominanti. Ehi, non sono i soldi a fare canestro. Vero. Ma i capitani di ventura che circolano adesso bisogna pur pagarli tanto, anche se non valgono molto e se Milano gambe larghe ha problemi a trovare gente forte, affidabile, figurarsi gli altri.

Non direte che a Sassari hanno speso e spenderanno molto meno pur con il peso dello zero in eurolega? Non lo diciamo. Spiegherà tutto Sardara adesso che è tornato a saltare vicino alla panchina, felice di aver ascoltato la ragione e non il cuore quando ha voluto Calvani per avere una squadra che anche in momenti di buio offensivo possa tenere alto il ponte levatoio e difendere la rocca dei mori. Certo non sembrava la faccia di uno che a fine stagione lascerà per aver vissuto da separato in casa un periodo doloroso. Ora gli è tornato il sorriso. Forse la voglia. Capiremo nella coppa Italia di febbraio. Quella da difendere in casa dell’adorabile nemica, sapendo che Sassari in mezzo al gruppo è una mina vagante da temere.

Stretta natalizia anche per le vittorie in trasferta: una sola, quella di Caserta ad Avellino e lo diciamo per i moltissimi che hanno lasciato la poltrona, la diretta di SKY per andare a fare compere. Tanto, pensavano, è già finita dopo 20’: Avellino sta crescendo, sembra quasi completa anche se Ragland è un soggetto da rivedere dopo il flop milanese, Caserta deve aggiungere alla povertà, agli infortuni, il divorzio da Amoroso e gira sulle spiagge del campionato in mono pezzo, senza lunghi. Sbagliato. Come ci diceva Gianni Brera, maledicendo il basket a voce alta quando lo avevamo portato, cercando l’illusione, a vedere Italia-Stati Uniti alle Olimpiadi di Montreal del 1976: “Diffida sempre – soprattutto degli italiani, diceva lui su suggerimento di Machiavelli -, quando li vedi troppo ottimisti, in quel momento sarai fregato”.

La penserà così anche Pancotto che a Varese pensava alla nona e si è trovato alla fine soltanto con la consolazione della bella reazione contro la squadra diroccata che hanno dato al povero ed eccellente Paolino Moretti. Non parliamo poi di Menetti, generale degli Arzan intossicati da troppi elogi, che ha diritto di pretendere rinforzi per non fare la fine dell’ape operaia, o della vittima designata di chi è nato per essere mantide religiosa, tipo l’Emporio Armani. Certo nessuno poteva immaginare che Polonara dopo la bella estate azzurra, lo stupendo campionato della finale scudetto, andasse così indietro. Involuzione che non può essere nata nella culla della Reggio basket, un bel posto dove fare il professionista. Sarà meglio che qualcuno dia un occhiata all’esterno, senza trascurare di ascoltare cosa dicono i musi di certi giocatori che davanti a tutti sembrano angeli, ma poi sono come quel corista al fosso del fango. Per fortuna ha recuperato Della Valle che deve aver messo cera nelle orecchie ed è tornato a giocare creando per tutti, non soltanto per se stesso come all’inizio.

Non si fiderà certo di certi giocatori anche il Buscaglia che ha scoperto di avere una bella squadra anche quest’anno. Certo ogni tanto sbanda. Ma averne di gente così. Su Pistoia niente da segnalare: basta guardare gli occhi di Esposito per capire come si costruisce una squadra con pochi soldi e tanta fede, lavorando davvero in palestra e non bussando sempre alla porta dei padroni, dirigenti, per avere il ritocco, il rinforzo. Ogni giorno un’offerta, come fanno al supermercato. Certo i ritocchi servono, dicono cantando a Pesaro e vi diciamo la verità che avremmo voluto essere davanti alla villa di Pavarotti, dove per la stupenda cuoca del tempo il tenorone era sempre Lucianino, perché mercoledì notte avremmo voluto vedere la processione dei credenti, le facce di chi si meritava una sera alla grande, tornando a battere Milano, ispirati dal figlio di Darren Daye, nella festa di Lacey. Sì, carissima Elisabetta, caro Elio, stimatissimo ed amatissimo Valter S., stupendo Arione, sagace Maurizio, straordinario Alceo, tutti voi che per la Vuelle soffrite davvero, siamo riusciti soltanto a pensarvi, felici di non dover spiegare perché questa Milano zoppica così tanto e dura, al massimo, tre tempi, in trasferta, perchè a casa, salvo col Limoges poi tornato in Francia a prendere legnate, temono che la gente se la prenda un po’ e quelli ci tengono alle auto, ai profumi, agli occhiali scuri.

Naturalmente non prendiamo neppure in considerazione viperignu di Bologna che su Gelsomino ha già detto molto, quasi mai a favore e, in questo caso, forse, è davvero colpa sua perché nessuno lo obbligava ad accettare tutto, anche se l’assunzione era avvenuta nella casa famiglia con l’approvazione dell’intero clan. Magari lo stesso che ora si presenta all’ufficio facce cone la piega amara alla Bartali: tutto da rifare. Forse anche da rivedere. Cominciando, magari, dalla festicciola per gli ottant’anni dell’Olimpia che, a sentire gli invitati, verrà sbrigativamente vissuta nell’intervallo della partita interna contro Sassari che chiuderà il girone di andata e farà conoscere gli accoppiamenti per la coppa Italia che Milano giocherà in casa e quindi dovrà assolutamente vincere, non come due anni fa, non come a Desio l’anno scorso quando si ruppe la boccia e il sodalizio fra Gentile, in senso lato, e Luca Banchi.

Pagelle prima della pasta di fagioli con polipo glassato proposta dalla sezione cucine della Gazzetta dove si sono trovati davvero male, davanti ai nuovi che sembrano amministratori uguali ai vecchi: tagliare, tagliare, se per molti non saranno feste in rosa. Meglio la cucina del resto, ma chissà se in lega basket capiranno mai che un campionato giocato troppo avanti nella sera diventa zucchero amaro se si prende le briciole in giornate dove la fantasia al potere ha dato persino una pagina agli stadi di calcio che dovrebbero essere utilizzati nelle Olimpiadi romane del 2024 che, come sapete, bene, non sono state ancora assegnate e forse non andranno neppure fra le buche romane e i vermi del Colosseo senza centurioni finti.

10 A Sandro DELL’AGNELLO perché ci vuole davvero una grande fede a resistere dove le nozze di bilancio sono sempre coi fichi secchi, se poi nella cesta capita anche un giocatore come Amoroso allora è ancora più difficile. Ma al nostro Sandokan piace e allora se arriverà davvero Crosariol ci divertiremo a vedere come si trasforma un giocatore esiliato in uno da amare.

9 Al PAOLINI che predica pallacanestro nella Pesaro dove se ricordi Aido Fava, se pensi al passato, da Riminucci a Bertini, hai sempre un grande brivido perché quelli di oggi sembrano così distanti. Lui ha cercato di avvicinarli e, per incanto, anche l’astronave che fa rimpiangere l’hangar, ha trovato la gente per creare un atmosfera che possa far dire a chi ci viene battuto: eh, a Pesaro è sempre dura.

8 A Vincenzo ESPOSITO per non aver tremato davanti alla sfida con il bellissimo periodo dell’era Moretti. Ora raccoglie a Pistoia fiori e incenso, sapendo che la fatica sarà nemico aggiunto. Regge come può perché la coperta e la panchina sono sempre corte. Certo questo Kirk glielo vorranno prendere subito.

7 Al VALLI virtussino che ha davvaro imparato l’arte della guerra se è riuscito a trovare una squadra nel momento in cui volevano togliergliela. Non è ancora salvo, non è lontanisasimo da un sogno play off. Però esiste, vive, si batte. Bravo.

6 Agli UFFICI STAMPA che lavorano davvero per i colleghi, lo fanno con affetto e non con spocchia da sciuretti vestiti per la festa del parroco. Diciamo che la Prandina di Blu basket Treviglio, quelli della LNP, il Tarozzi virtussino sono da podio, ma vogliamo bene a tutti, anche a quelli che rifiutano di aiutare e non accettano la prova Marino: far sedere il presidente di Lega nelle varie tribunine stampa di serie A, fargli trasmettere un articolo, accompagnarlo nella sala delle sviste e delle interviste. A sorpresa, sia chiaro. Altrimenti sarebbe come gli aerei alle sfilate del Duce.

5 Al professor LOGAN che è tornato ad incantare, non soltanto Sassari. Avesso giocato così anche nell’ultimo periodo con Meo forse tutto sarebbe stato diverso. A meno che. Soltanto lui potrà dire alla fine perché la Sassari di Calvani sembra adesso una squadra che non ha bisogno di un miracolo al giorno per togliere gli avversari di torno. Avendo criticato le scelte prima, restiamo dell’idea che certi uomini sono sbagliati.

4 A Pino SACRIPANTI se non ha portato la sua Avellino di superficialoni nella passeggiata a piedi nudi verso i lupi dell’Irpinia. Uno scherzo del genere, un Natale rovinato in questo modo non merita più trattati di pace. Che i giocatori se li guadagnino, gli euro che pretendono quando firmano.

3 Alla CANTÚ che si è presentata per quello che è veramente al nuovo generale Bazarevich. Ora sapere se avrà gli assatanati visti ridimensionare Trento, oppure quelli che una Virtus guerriera ha messo davanti alla realtà del loro talento da verificare, sembra difficile. Certo sa con chi consultarsi, ma non sarà facile farsi capire, farsi accettare, lui, come chi lo paga. Hanno tutto il girone di ritorno per spiegarci dove sbagliavano quando i soldi erano pochi.

2 Alla GAZZETTA se non confessa che il declino della sua TV, che ora vuole addirittura chiudere, è inziato la sera stessa in cui hanno perso la diretta del basket. Paga gente innocente, brinda lo stesso chi ha sempre un‘idea nuova, mai vincente, spesso copiata, spesso finita male.

1 Ad Ettore MESSINA e al suo capo e mentore POPOVICH se non spiegheranno in una lettera di Natale ai giovani che sognano la NBA perché il sensazionale Marianovic che esaltava Belgrado non trova spazio, salvo qualche scampolo di partita, a San Antonio. Possibile che sia così indietro? Certo lui ci dirà di chiedere in giro, citofonare Bargnani, o dove c’è persino il Gallo visionario che si è sognato Rio.

0 Ad Achille POLONARA perché siamo rimasti davvero delusi dalla sua crudeltà nel far vedere il peggio di se stesso in televisione dove lo guardava, singhiozzando, l’ex maestro CAPOBIANCO. Per fortuna chi commentava aveva risposte che noi non riusciamo a trovare, ma ci fidiamo del MICHELINI che fa così bene la spalla tecnica. Ironia e competenza. Considerando che in estate organizza un campus per giocatori che devono migliorare individualemente gli consigliamo di aprire il bosco anche per chi deve spiegare qualcosa che non sia evidente come quello che vediamo tutti.

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