Dalla Russia e dall’America con amore

7 Novembre 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni con il sacco a pelo sul Volga per vedere come è fatta la fabbrica Ottobre Rosso del colosso Gerasimenko che ha comperato il 65% di Cantù facendo squittire l’uditorio per questa rivoluzione fra i canestri che potrebbe aprire la strada anche al ritorno degli americani, visto che c’è gente interessata a costruire una seconda squadra nella Milano che nel basket continua a bere cicuta. Dalla ex Stalingrado via di corsa, sfruttando le magie fotografiche di Savino Paolella che ha tolto dieci anni dall’immagine presa al mefitico Forum quando ancora non sapevamo che all’Emporio Armani avrebbero scoperto cosa succede quando il gregariato smette di essere funzionale alla stella dichiarata sparita dietro la nube della stanchezza, mostrando in difesa qualcosa di più del difetto che di solito si trova in attaccanti Rodomonte come Alessandro Gentile.

Una corsa lenta per arrivare alla Eotvos Lorand University di Budapest dove è stato portato a termine il più grande studio sulla dinamica delle stupidità umane. Vero che stupidi lo siamo tutti, anche i privilegiati, quelli che si considerano davvero intelligenti per grazia ricevuta dalla famiglia, dal mecenate di turno. Ma nelle modalità comuni per il rilevamento di questa caduta dei sensi e della logica abbiamo riscontrato cose che ci avvicinano molto al basket italiano di oggi, quello che si è sdraiato ai piedi di Gianni Petrucci domandandosi perché il presidente di Lega, il Marino del mare televisivo, considera importante (diciamo salutare?) per il basket italiano l’ingaggio di Ettore Messina come allenatore della Nazionale. Non abbiamo mai difeso Pianigiani più del dovuto, neppure dagli strali del direttore di questo sito, ma adesso ci aspettiamo una dotta spiegazione sull’uscita di Marino che deve aver fatto sorridere anche l’Ettorre diventato più cauto ed autocritico, persino più ironico di quanto lo fosse nelle cene bolognesi, rigorosamente ristrette ai suoi “amici”, quelle dove usciva il vero Tancredi nascondendo l’uomo che ammette di “stare spesso sulle balle” ai giocatori, ai giornalisti quando ci si frequenta troppo spesso.

Nel caso Pianigiani-Petrucci, questa guerra dei Roses dove nessuno dei due, per fortuna, è rimasto appeso ai lampadari per l’ultimo insulto ed assalto, avremmo agito diversamente. Le cose non andavano bene nella casa della squadra fintamente venduta come la migliore nazionale di sempre. C’era tensione. Il presidente voleva ottimismo e niente vittimismo. L’allenatore, senza tutor, convinto da se stesso che era arrivato il momento dell’onnipotenza, comandando su tutto e su tutti, rivolgendo la parola soltanto al suo specchio e, per necessità fisiologiche sul piano tecnico, ai collaboratori prescelti che dovrebbero restare tutti nella quadrilla di Manolete Messina, ha esagerato mostrando doppia personalità: buon viso e sboronismo davanti all’uditorio, paura delle ombre al momento di mostrare i cammelli della vittoria. Comunque sia vedremo come sistemeranno le cose per il cimento più arduo della gestione del Petrucci che sarà presidente anche senza Rio, anche dopo Rio perché resta il candidato migliore, oltre che unico.

Per Messina le valutazioni della “ forza lavoro”, i giugadur insomma, via Skype, guardando ogni tipo d’immagine che arriverà dall’Italia amica, da Fioretti e Dalmonte, da Consolini e, forse, da Vitucci se il veneziano non troverà una casa comoda e stimolante, magari proprio in Veneto. Nei suoi viaggi americani con San Antonio dovrà capire cosa è questa nuova crisi di Bargnani che a Brooklin, la squadretta che ha dato la prima vittoria dell’anno ai malandati Lakers del vecchio Bryant pistoiese, gioca pochissimo, segna qualche volta, cosa succede con Belinelli che a Sacramento avrà anche soldi e spazio, ma potrebbe cadere nella pericolosa involuzione di chi vede restringersi il campo e il concetto di squadra. Resta Gallinari che a Denver va benissimo. Ma ad Azzurra Tenera servono puntelli al centro e anche una visione diversa in regia. Il problema di sempre. Il regista come braccio armato del tecnico, il centro come punto di gravità permanente di una squadra.

Chiedete a Milano se non sentano un po’ di nausea vedendo ballonzolare la barca di Repesa con nocchieri che non tengono bene il timone, con questa incapacità di sviluppare il gioco perché la palla si ferma sempre troppo. Era il male di ieri, sta diventando anche quello di oggi e non fatevi incantare da chi vede luci nuove sulla distribuzione del bene comune. Certo che l’astro della casa, l’Alessandro Gentile giustamente capitano in una società a sua immagine e somiglianza, sta facendo progressi, vede il campo più largo, ma ora serve entrare nella fase dove se vuoi essere Coppi o Bartali devi convincere i gregari che per il bene comune dovranno lavorare per garantire sicurezza al castello difensivo, senza risparmiarsi se difese raddoppiate o triplicate sul matador, daranno a loro la possibilità di mostrare se possono anche brindare con il vino che tengono in borraccia per le feste promesse.

Certo l’Europa sembra davvero crudele con il nostro basket. Reggio Emilia e Trento si difendono al meglio, ma intanto prosciugano forze. Venezia ha fatto una tale figuraccia nell’ultima uscita a Valencia che ci è tornato il dubbio dei primi giorni. Un dubbio che dovrebbe tormentare le notti di tutti quelli convinti di essere stati sagaci strateghi nelle ricostruzioni: in partita, come diceva quel grande allenatore di baseball , in quelle vere, tutto è diverso dagli allenamenti e da certe sfide esibizione.

Non parliamo di Sassari, dove per la prima volta dopo tanti anni di splendida gestione guardando l’orizzonte alla Galeano, un passo avanti alla volta e l’orizzonte si farà più grande, abbiamo visto le facce truci del giocatore a cottimo che vive il suo mercenariato senza guardarsi intorno. Certo rifare una squadra che ha vinto lo scudetto è difficile, perché chi è rimasto ha perso un po’ di fame e si aspetta di trovare la stessa tavola, chi è arrivato si stanca subito di ascoltare il racconto di chi c’era nell’anno del triplete. Hanno altro a cui pensare, il telefono amico con l’agente li distrae. Vero che anche l’anno scorso Sassari veniva bastonata una settimana sì e l’altra pure, in eurolandia siamo ad 1 vittoria su 13, salvo poi sorprendere tutti quando le partite contavano davvero, ma adesso la sua debolezza sotto canestro appare più evidente. A Malaga la Dinamo si è spenta proprio a rimbalzo concedendo banchetti alla squadra di Plaza, l’uomo che sa cosa passa nella testa di chi si sente prigioniero degli schemi visto che lavorava in un carcere.

Tornando a Milano, bisogna dire che ci sono grossi guai in zona Lido: per avere il quarto posto serviranno imprese. Intanto vincere a Limoges, dove sembrano pure depressi. Poi sperare nel colpo a Vitoria che è cresciuta tantissimo e non finirà mai di benedire le oche del Forum che la fecero tornare dall’inferno del meno 20 al meno 2 che ora potrebbe valere oro e qualificazione. Resta il Cedevita Zagabria che, tanto per gradire, sta cercando un rinforzo per la giovane truppa dove ci ha colpito il diciannovenne Arapovic. Loro avranno il campo amico per la sfida decsiva. Mancare questi successi vorrebbe dire eliminazione e scendere al piano di sotto nelle coppe europee toglierebbe armi alla difesa di chi giustamente dovrebbe chiedere alla FIBA, per la nuova eurolega, un trattamento almeno simile a quello riservato alle turche che non hanno mai vinto niente. Milano le sue coppe le ha in bella vista. Certo ogni discorso si chiuderebbe vincendo lo scudetto e questo, anche dopo la partitaccia coi croati, ci sembra possibile, considerando il valore degli avversari, tutti scoperti dove Milano è più debole, ma per il diritto calpestato non ci sarà bisogno di chiedere l’aiuto della brillante avvocatessa Bongiorno che ora difenderà il presidente del calcio Tavecchio, come fece con Totti, come farà con il Simone Pianigiani se ci sarà bisogno, perchè questo, nello sport, nella vita, è il Paese dove ti dicono che sei innocente, che sei bravo, dopo vent’anni di fango.

Per chiudere torniamo a Budapest per farvi scrivere sul taccuino le modalità più comuni nelle quali si manifesta la stupidità: 1) la fiduciosa “ignoranza”, 2) la mancanza di controllo, 3) l’agire in modo irrazionale. Guardatevi intorno, ascoltate questo basket televisivamente super diffuso, valutate certi allenatori e certi dirigenti sapientoni e scoprirete che ci stanno bene alla casella uno, due e tre.

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