Jura e Milano, ritorno al futuro

9 Ottobre 2015 di Stefano Olivari

Pochi minuti prima di scrivere questo post stavamo leggendo www.gazzetta.it e abbiamo notato che l’articolo sul ritorno di Chuck Jura a Milano aveva 66 ‘Mi piace’ mentre il video dei selfie di LeBron James ne aveva 4. Risultato ancora più clamoroso alla luce dell’età media di chi ha visto giocare Jura (ultima stagione italiana nel 1984-85, Master Valentino Roma) e di chi può apprezzare LeBron. Interessante anche il confronto con la notizia calcistica del giorno, cioè la sospensione di Blatter e Platini, messa giustamente in apertura mentre per trovare la sezione basket bisogna impegnarsi: 80 ‘Mi piace’. Con questo non vogliamo dimostrare che una squadra come la Pallacanestro Milano, che manca dalla serie A da 35 anni, interessi di più di altri argomenti, ma soltanto che esiste un significativo gruppo di persone che avrebbe voglia a Milano e molto probabilmente anche a Roma (un delitto che la Stella Azzurra sia in B, con tutti i talenti che ha lanciato in panchina e in campo, da Valerio Bianchini a Bargnani), di una squadra di pallacanestro di discreto livello ma centrata su italiani e possibilmente cresciuti non lontano. Senza rimpiangere il passato pre-Bosman, anche se onestamente lo rimpiangiamo, la serie A2 attuale sarebbe la dimensione ottimale per una squadra fortemente radicata sul territorio. Cosa che non è la Virtus Roma di Toti, paradossalmente più adatta alla serie A vera (se ci fossero i soldi di qualche anno fa) che alla categoria inferiore dove si è autoretrocessa (però la squadra di Saibene ci piace), e che l’Olimpia di Armani non vuole essere avendo come prospettiva l’Eurolega e non una decente sopravvivenza in Italia. La Pallacanestro Milano attuale, che dopo varie vicissitudini e l’impegno eroico di Fabio Guidoni (coach campione d’Europa 1978 con il Geas di Mabel Bocchi e poi dirigente illuminato: deve ringraziare il basket per qualcuno dei suoi infarti), è gestita proprio puntando sul settore giovanile e il territorio. Nessuno della squadra che milita serie C Regionale (dopo il terremoto dei campionati è diventata il quarto livello, dal sesto che era) potrebbe giocare in A2, forse, ma esiste un pubblico già concreto fra quello di ‘una volta’ (3.000 spettatori circa, eliminando i morti) e quello di oggi tipico delle minors, legato a rapporti personali che fanno sì che tutti vadano a vedere tutti. Con 500.000 euro a stagione, cifra alla portata del nostro dentista, si fa l’A2 al risparmio ma con dignità (cifra almeno da raddoppiare se si hanno altre ambizioni), mentre la C costa sugli 80.000. Il problema è che noi non facciamo i dentisti e che quindi ci accontenteremo domani sera (potevamo fare soltanto queste due righe, ci siamo allargati), insieme a centinaia di appassionati, di salutare Jura al La Belle Alliance e di assistere al ritiro della sua maglia numero 11 alla presenza della squadra adesso presieduta da Daniele Cattaneo. Paradossalmente è proprio un grande passato che deve far evitare la nostalgia, perché quel passato era pieno di idee ed iniziative per l’epoca nuove (lo yearbook della Mobilquattro fece sensazione, nei grigi anni Settanta, così come la promozione nelle scuole qualche anno prima, ai tempi della All’Onestà), quindi qualsiasi iniziativa nel 2015 dovrebbe prescindere dal ‘come eravamo fighi’ e partire da qualcosa di originale. Una filosofia lontana dal campionismo o dall’essere una NBA per sfigati, una sorta di via italiana al basket che non sembri polverosa. E magari anche un campo decente, visto che la Pallacanestro Milano attuale è costretta a giocare a Bernareggio e la stessa Armani quasi si è dovuta vergognare nel mostrare ai Celtics in quali condizioni si allena.

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