Puny, la nostra stella polare brilla ancora

25 Settembre 2015 di Fabrizio Provera

PunyLo stato di profondo malessere della stampa italiana, il suo essere così pericolosamente e perigliosamente lontana dal cazzeggio colto che invece è la nostra ragion d’essere giornalistica, ha fatto sì che nessuno – da maggio ad oggi – desse col dovuto risalto la notizia che più di tutte ci rincuora, che ci lascia un barlume di speranza vanziniano-nostalgico-ottantista. Puny, il celeberrimo ristorante di re, regine, divi e starlette, di capitani d’industria in perenne fuga dai capitani (della Guardia di Finanza), non ha né chiuso né cambiato gestione. Mesi fa, in primavera, s’è anzi sparsa e consolidata la voce che il leggendario Luigi Miroli (Puny), ormai arrivato seppur splendidamente a solcare gli ottanta anni, non ha passato la mano alla sempre più chiacchierata catena alberghiera che c’avrebbe messo l’immancabile chef stellato. Puny è sempre lì, splendido, maestoso, uguale a se stesso, a godere e far godere ai suoi clienti il panorama più leggendario tra gli spicchi di mare celebrati dal jet set. Abbiamo mandato in avanscoperta, per appurarlo, (indiscretamente, ca va sans dire), Lele Cavallotti, indiscreto dentro, nato agli albori dei Settanta e protagonista, a fine Ottanta, di due atti eroici in una notissima discoteca sovrastante la magica Portofino: una zuffa d’altri tempi con ‘Bisteccone’ Galezzi e l’aver dato un passaggio a Nelson Piquet, che arrivò in discoteca con amici e si fece accompagnare all’uscita del locale.

La storia di ‘Puny’ Miroli è un calembour di evocazioni magiche. Sua nonna Santa aveva un ristorante in Liguria già nel 1851. Si sposò con un maresciallo della dogana, un piemontese: ebbero vari figli tra cui la madre di Puny, che faceva la controfigura di Francesca Bertini, bella ed elegante. Il padre apparteneva a un’importante famiglia genovese che fallì, così alla morte del nonno la famiglia venne in una pensione a Portofino. Lì i genitori di Puny s’incontrarono, si sposarono e andarono a Genova. Nel 1944 il padre morì e Puny rimase solo con madre, sorella e zio. A quel punto aprirono un ristorantino, come la nonna. Nel 1945 aprirono a Portofino Il Navicello, poi venne l’epoca di Puny, con l’inossidabile e inconfondibile tenda verde, in una posizione appena riparata sulla celebre piazzetta, ossia piazza Martiri dell’Olivetta. Tra i clienti di Puny c’erano Rex Harrison, Clark Gable, il Duca di Windsor che portava il cane in giro per Portofino a fare pipì. E poi Ava Gardner, Liz Taylor e Richard Burton, che bisticciavano molto spesso. Veniva Arnoldo Mondadori con i suoi scrittori più famosi, ma anche il filosofo inglese Isaiah Berlin, che adorava le focaccine con il formaggio. Alec Guinness scriveva “Penso alle tue lasagne al pesto”. Venivano il re di Spagna, il re di Giordania, sua moglie, Costantino di Grecia, il re del Belgio.

Puny, ancora oggi, è una elegante trattoria di mare: ci si mangia antipasto di pesce, pappardelle di pesto e pomodoro (vecchia ricetta genovese), spaghetti con i moscardini, gnocchetti con i piselli e i gamberi, le trofiette con i fagiolini e le patate al pesto, gli spaghetti con le vongole, i muscoli e riso con un filo di curry, piselli e gamberi. E poi l’orata alla genovese con patate, olive nere, alloro, vino bianco e limone al forno. I moscardini al rosmarino e limone e i gamberi al forno. Un delizioso gelato alla fragola o sorbetti di frutta. Non date retta ai censori accigliati che blaterano di conti da capogiro. Da Puny chi scrive ha speso sempre tra i 70 e gli 80 euro a persona, vini compresi (Indiscreto si fa un punto d’onore nel pagare il conto, in modo da poter criticare, quando anche un blog da due lettori all’anno prova a scroccare). E da qualche tempo Puny accetta anche carte di credito e bancomat (per decenni, invece, si è dovuto pagare in contanti). In certe discoteche di Milano, per la stessa cifra vi daranno pasta scotta e portate di carne che marciano da giorni. E non avrete neppure la vista impagabile che si gode dai tavoli di Puny, specie quelli più vicini alla piazza.

Difendiamo Puny, del quale abbiamo scritto anche altre volte, perché è l’archetipo dello spirito Indiscreto. Difendiamo Puny perché la sua è un’idea diversa della ristorazione, rapportata a quella di oggi che invece concepisce quasi soltanto guru o catene di montaggio. Difendiamo Puny perché il Direttore, ormai, è ai dettagli per concordare il trasferimento della redazione di Indiscreto (da maggio a settembre) proprio all’interno del locale, con obbligo di camicia bianca e maglioncino leggero sulle spalle, portato alla Guido Nicheli o alla Ugo Bologna. Manca solo la firma, come si scrive nei pezzi di mercato. Prossimamente su questi schermi grandi novità nel settore enogastronomico. Sempre pagando il conto.

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