Ehunmilak, fatica basca con orgoglio

14 Settembre 2015 di Silvana Lattanzio

Siamo a Beasain: nord della Spagna, Paesi Baschi. L’ultra trail Ehunmilak è basca persino nel nome: Ehunmilak, 100 miglia. Dunque 168 sono i chilometri che i valorosi atleti devono affrontare, con 11.000 m di dislivello positivo, in un tempo massimo di 48 ore. Giro in zona ritiro pettorali, un campo dove usualmente i ragazzini giocano alla pelota, c’è un gran fermento. Le gare sono su tre distanze: 168 chilometri, appunto, 88 e, per la prima volta, anche 42, con partenze differenziate, ma tutte dalla piazza centrale del paese. Oltre mille i partecipanti. Per la più dura lo start è alle 18, a seguire le altre. Bene, ci siamo: sotto l’arco si assiepano i lunghisti, una musica da brivido incalza e dà coraggio. È di Vangelis: Conquest of Paradise, Conquista del paradiso. Un titolo, una speranza. Sono concentrati, sanno cosa li aspetta. Via! Partono questi cavalieri della montagna per la loro personale crociata. Un vecchietto seduto sulla panchina a godersi il fresco dice che torneranno “Muy scansados”; già, di certo molto stanchi, ma vogliono misurare il loro limite, spostare l’asticella un po’ più in alto. Grande pubblico, musica più forte, applausi, emozione: tutto questo dovrà bastare per un bel po’.

Animo, buena suerte! Così grida il pubblico fino all’ultimo concorrente che, in coda, chiude le fila. Li seguo nella notte, nei tratti in cui si può, su efficientissime ambulanze, corricchio dove riesco. I track passano dall’essere corribili e nei boschi a quasi arrampicate rocciose e gli atleti alternano momenti di solitudine a pubblico che li incoraggia quando attraversano i loro paesini e arrivano nei punti ristoro, presepi nella notte. Qui c’è di tutto: dalla pasta calda a frutta, formaggi, biscotti, minestra, tè, caffè. I primi li passano di fretta, mangiano concitati e scappano via, con la loro luce frontale accesa, lucciole nel buio. Applausi agli arrivi e alle ripartenze, grande partecipazione. Mandubia, Zummaraga, Gorlako… Passa la notte, un mattino livido accoglie i concorrenti sparsi lungo i tanti chilometri di percorso. Meglio. Il caldo renderebbe tutto più difficile. Tolosa, 77esimo chilometro, 1° punto vita: qui i concorrenti possono cambiarsi con vestiti preventivamente messi nelle loro sacche, si riposano un po’, ma poco perché in gare così super lunghe non si sa cosa riserva la montagna, più si sta in giro e più si è a rischio imprevisti. E infatti, dopo una giornata incerta, arriva una pioggerellina che nella seconda notte diventa quasi tempesta, nuvole basse come nebbia. L’ambulanza accoglie qualche ritirato, una ragazza sale con un’andatura contratta, come di mal di stomaco. Negli occhi dolore/dispiacere/delusione. Non le chiedo niente, non avrebbe voglia di rispondermi.

Primo a traguardare la finish line è Imanol Aleson, dopo 24 ore e spiccioli. Faccia tirata e muscoli di più, ma con la gioia negli occhi di chi ce l’ha fatta. L’anno scorso aveva sfiorato il podio in un quasi testa a testa (anche se terminato con più di un’ora di vantaggio), con Dominguez Ledo Javi che in questa edizione, la sesta, è rimasto fuori dalla gara causa infortunio, ma che è al di là delle transenne per stringergli la mano, che si allarga in un abbraccio tra i due campioni: il principe e il re. A Extegarate il secondo e ultimo punto vita, sembrerebbe quasi fatta ma l’ultima parte è tra le più impegnative. Si tiene duro, si arriva e si passa sotto l’arco. Incontro Marco e Cristina, manager a Milano e trailer qui. “La notte al monte dopo San Adrian, dopo 139 km, abbiamo trovato vento forte, pioggia battente, nebbia, freddo fino a 0 gradi e, soprattutto, zero visibilità. Difficoltà a individuare le balise e conseguente allungamento spropositato del tempo”. Due aggettivi per definire la gara: “Durissima e calorosa”. L’adrenalina di colpo sparisce, resta il mal di gambe ma anche la grande gioia di avercela fatta. Il primo come l’ultimo, la stessa felicità, sono tutti campeones. Si stanno smontando i battenti della gara, svolazza qualche nastro segnaletico bianco e rosso, i ragazzini sono tornati a giocare alla pelota nel loro campo.

Silvana Lattanzio, da Beasain (Paesi Baschi)

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