Ibis e Mauro Shampoo, i peggiori del mondo

18 Agosto 2015 di Enzo Palladini

Il 15 novembre è una data molto importante in Brasile. Nel 1889 in questo giorno venne proclamata la Republica Federativa do Brasil, mettendo fine alla monarchia. Ma anche il 15 novembre del 1938 ha un suo significato, so- prattutto nella storia del calcio brasiliano “povero”. È la fondazione dell’Ibis Sport Club, che viene considerata “la migliore tra le peggiori squadre del mondo”. Paradossale come definizione, ma a suo modo geniale. Questo è un club che ha fatto delle sua sconfitte una bandiera. Ha collezionato una serie interminabile di ultimi posti in classifica nei campionati del Pernambuco, ha delle statistiche che farebbero rabbrividire qualunque presidente e qualunque tifoso. Ma l’Ibis ha una torcida fedelissima, che segue la squadra indipendentemente dai risultati. Non solo: ha anche moltissimi fans in giro per il mondo e addirittura un club in Giappone. La maglietta rossa e nera con la scritta ‘o pior time do mundo’ è ricercata in tutto il Brasile e dal punto di vista del marketing se la gioca con club di livello mondiale come il Flamengo, il Corinthians e il San Paolo.

Fondato dagli operai tessili delle fabbriche di cotone diffusissime in Pernambuco negli anni ’30, all’inizio della sua storia ha anche vinto qualche titolo locale, ma poi ha segui-to la sua vocazione di lanterninha (quello che in italiano è il fanalino di coda) e da un po’ di anni si fregia del soprannome di Passaro Preto, passero nero. Il timbro definitivo sul titolo di “peggior squadra del mondo” risale agli anni ’80, quando l’Ibis è riuscita a infilare una serie di tre stagioni consecutive senza vittorie e una striscia di undici sconfitte consecutive. In totale 55 partite, 48 sconfitte e 7 pareggi, un’impresa registrata ufficialmen- te nel Guinness dei Record.

Tutti i club del mondo vantano una gloria, un local hero, un campione che almeno da bambino è passato per quel campo e ha vestito quella maglia. In Brasile ci sono talmente tante società nelle categorie di base che è impossibile non trovare in uno spogliatoio sperduto una foto di Rivaldo, di Garrincha, di Dunga, di Carlos Alberto, di Rivelino o di uno dei tantissimi fuoriclasse che sono passati per la Seleção. L’Ibis fa eccezione anche in questo caso. Il giocatore più famoso nella storia del Passaro Preto è un centravanti che si chiama Mauro Shampoo. Un vero cannoniere che in dieci anni di carriera durante gli anni ’80 ha raggiunto la considerevole cifra di un gol. Non è un refuso: il bomber-parrucchiere si è fermato a quota un gol. Qui bisogna aprire una parentesi, perché in realtà questo signore era un semiprofessionista che si guadagnava da vivere al cinquanta per cento con il calcio e al cinquanta per cento con il suo negozio di coiffeur. E appena ha dato l’addio al calcio, è entrato nella categoria dei benestanti proprio grazie alla sua attività apparentemente secondaria. Bastava ospitare ogni tanto la squadra dell’Ibis nel suo completo per una sistemata ai capelli e iniziava la fila per le prenotazioni. E siccome in Brasile come in altre parti del mondo ci sono sempre delle battutine sulla sessualità dei parrucchieri per signora o unisex, la segreteria telefonica per le prenotazioni dice così: “Buongiorno. Salone di bellezza di Mauro Shampoo, giocatore dell’Ibis, parrucchiere e uomo”. Tanto per chiarire.

Un bomber con un gol all’attivo in tutta la carriera in qualunque parte del mondo sarebbe dimenticato ungarettia- namente in un angolo e mai riceverebbe offerte di lavoro nel dopo-calcio. Invece Mauro Shampoo è un vero idolo nel- lo stato del Pernambuco. Partecipa a programmi televisivi importanti, commenta il calcio con arguzia e competenza, ha una simpatia trascinante ed è ormai una celebrità. Alla sua vita è stato persino dedicato un film indipendente. E siccome più che il calcio ha il marketing nel sangue, ha lanciato nel business anche i due figli. Nessuno sa esattamente come si chiamino, ma il ragazzo è conosciuto come Shampoo Junior e la ragazza come Creme Rinse, dal marchio di un famoso balsamo per capelli. Mai nella storia del calcio un giocatore con un curriculum così scarso è riuscito a sfruttare così bene lo sport che ha praticato.

La fama di peggior squadra del mondo si è un po’ affievolita nel nuovo millennio. Ha portato sfortuna, se così si può dire, la statistica fatta nel 2005, che parlava di 1064 partite ufficiali disputate nella storia del club con 137 vittorie, 145 pareggi e 782 sconfitte. Poi la presidenza del club (ha sede in una piccola città del Pernambuco che si chiama Paulista) è stata assunta dal signor Ozir Ramos, che ha commesso l’errore di voler togliere l’etichetta dalle maglie rossonere. Adesso non è più la stessa cosa: il tredicesimo posto (su quindici squadre) nel campionato pernambucano di A2 del 2012 o il nono posto in quello del 2013 sono risultati tecnicamente validi ma che hanno fatto ripiombare il club nell’anonimato. Eppure Ozir è contento così, vuole cambiare la storia e le quattro vittorie consecutive (record assoluto storico) ottenute nel 2012 lo riempiono d’orgoglio. Buon per lui. Paga di tasca sua e va bene così, anche se il marketing non è più lo stesso. In Brasile c’è un detto che equivale più o meno al nostro “dormire sugli allori”: Pegou fama, agora deita na cama. Letteralmente: hai raggiunto la fama, adesso sdraiati nel letto.

Certo i tempi di Mauro Shampoo non torneranno mai più. Adesso l’Ibis è una normalissima società professionistica (ma sarebbe meglio dire semiprofessionistica) i cui i giocatori guadagnano in genere un cosiddetto salario minimo, circa 350 euro al mese. Gli sponsor sono una grande concessionaria di macchine agricole e una piccola impresa locale, per un totale di 3500 euro al mese di contributi. Quello che manca per gestire la squadra viene coperto dallo stesso presidente, il quale ha ancora molto da lavorare se vuole raggiungere i vertici di popolarità del passato. L’Ibis versione Mauro Shampoo è un’icona che vanta moltissimi tentativi di imitazione in varie parti del mondo. Ma in nessun posto come a Paulista si può ricreare l’habitat naturale per un’iniziativa di quel tipo, per una nuova “miglior peggiore squadra del mondo” che possa cancellare l’Ibis dal Guinness dei Record.

(estratto del libro “Scusa se lo chiamo futebòl”, di Enzo Palladini, Edizioni inCONTROPIEDE)

Sergio e Lucio sono due giornalisti italiani, personaggi immaginari ma fino a un certo punto, innamorati del Brasile e del calcio, perfettamente padroni della lingua portoghese che si parla nel Paìs do futebòl e perfettamente integrati in quella realtà. Ogni trasferta in terra brasiliana è per la coppia di amici una buona occasione per andare a scoprire il futebòl. Non quello di Pelè, Garrincha, Zico, Ronaldo e Ronaldinho, che nel libro vengono citati senza essere mai i veri protagonisti. Ma il futebòl povero, quello che non viene visto da nessuno. A Enzo Palladini piace raccontare gli eroi dimenticati. Perivaldo, che doveva essere in campo al Sarrià nel 1982 e invece oggi fa l’ambulante a Lisbona. Jaguarè Bezerra de Vasconcelos, uno spazio in tutte le storie del calcio brasiliano, senza avere una data di nascita e una data di morte. Il campioncino con una gamba sola. Il nottambulo Paulo Cesar. Il Pelè del Sergipe. Carlos Henrique Raposo, l’amico dei calciatori. Biro-Biro, la zazzera bionda del Corinthians. Dadà Maravilha, il centravanti implacabile che sostiene di aver segnato 499 gol di testa. In “Scusa se lo chiamo futebòl” il lettore non troverà la storia dei Campionati del mondo, ma piuttosto della Taça das favelas. Dove al campo l’odore del churrasco serve a camuffare quello del fumo delle canne.

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