The Avengers, la classe di John Steed

26 Giugno 2015 di Paolo Morati

John Steed

Agente Speciale (The Avengers, nulla a che vedere con il fumetto e i relativi film) è stata una delle serie che abbiamo amato di più. Meravigliosa storia di un’organizzazione dedita allo spionaggio fantastico, produzione tipicamente anglosassone dell’epoca (realizzata negli anni Sessanta del secolo scorso la guardammo solo una decina di anni dopo) vedeva al centro John Steed – l’appena scomparso Patrick Macnee – affiancato nelle stagioni di maggior successo da belle compagne, la più famosa delle quali è senz’altro Emma Peel (la sportiva e affascinante Diana Rigg che dopo quattro anni abbandonò il set per girare 007). E sono proprio gli episodi di quel periodo che ricordiamo maggiormente, per lo spirito ironico e fantastico, tra bianco e nero e colore (sulla RAI non si poteva però ancora vedere) capaci di calamitare l’attenzione con trovate surreali.

Tanti gli intrighi fuori dagli schemi della normalità da avere sott’occhio in un immaginario di trovate, con il gusto di non esasperare la violenza preferendo mettere al centro il dialogo e la lotta, il mistero e l’ingegno. E naturalmente lo stile inglese che trovava in Steed/Macnee un perfetto interprete. Certamente la sua bombetta, il suo ombrello da difesa, quel fare pacato e impeccabile sono il simbolo di Agente Speciale insieme alle tute aderenti della Peel/Rigg, un’accoppiata vincente (senza nulla togliere all’ottimo cast in generale) su tutta la linea, scenografica così come d’azione, difficilmente replicabile secondo gli standard odierni e che non ebbe lo stesso effetto nemmeno nel sequel di qualche anno dopo intitolato Gli infallibili tre (The new avengers), comunque di buon successo anche da noi.

Da The Avengers è stato tratto anche un film del 1998 che non raccolse però degnamente l’eredità della serie, troppo perfetta per poter rivivere in altra forma nonostante l’impegno di Ralph Fiennes e Uma Thurman, che dovevano fare i conti con il carisma degli interpreti originali. Sarà la nostalgia, per dirla alla Sandro Giacobbe, ma produzioni come Agente speciale (o Il Prigioniero, per fare un altro esempio) sono irripetibili nella rumorosa televisione di oggi e la scomparsa di Macnee ci segnala come mentre il tempo passa e si invecchia i miti per fortuna comunque restano.

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