Credere ancora in Quinzi

23 Giugno 2015 di Stefano Olivari

Per Gianluigi Quinzi il passaggio da predestinato a ex promessa è mediaticamente breve, probabilmente lo ha già anche compiuto. Peccato che abbia 19 anni e 4 mesi, un’età in cui i tennisti italiani prendevano legnate anche in epoche in cui per un giovane emergere era più facile. Questo non toglie che al di là dei risultati il suo gioco sia ancora quello di uno junior evoluto e non di un adulto, per fare un facile paragone con Kyrgios (più anziano di quasi un anno, però) e il quasi coetaneo Kokkinakis, gente che lui batteva e che invece ha già da tempo svoltato nel mondo dei grandi. Dal vivo lo avevamo visto a Wimbledon, al Bonfiglio e in altre occasioni, poi sempre in televisione grazie ai bassifondi ben dragati da SuperTennis. Fino a oggi, quando abbiamo di nuovo avuto l’opportunità di osservarlo a tre metri di distanza nel primo turno del Challenger di Milano, in quell’Harbour Club che è una vera miniera del vipwatching (noi non potremmo permetterci nemmeno un mese di iscrizione, non a caso) e sullo stesso campo dove nel 1999 giocammo contro l’icona indiscretiana Alvaro Recoba.

L’avversario era di ottimo nome, visto che Flavio Cipolla è stato anche 75 del mondo (adesso è 404, contro il 422 di Quinzi) ma soprattutto è uno che non regala alcun punto: con il suo servizio e la sua carrozzeria non può concedersi cali di testa nemmeno momentanei. Quinzi, dicevamo. Partiamo dal servizio: il vincitore di Wimbledon juniores 2013 ha molto migliorato la prima palla, che quando è tranquillo serve quasi sempre sui 190 chilometri orari. Bene ma senza esaltarsi, ci sono donne (Serena Willliams, la Lisicki e altre) che stanno almeno 15 chilometri orari sopra.  La serve meglio verso l’esterno, sia da destra che da sinistra, ma sempre in modo molto leggibile e quindi l’ace rimane una rarità. La seconda è invece rimasta pessima, sui 120 orari ma soprattutto troppo corta, contro un ribattitore sparacchione (non Cipolla, quindi) andrà sempre in difficoltà. Il sottoprodotto di questa situazione è che nelle situazioni di tensione Quinzi serve una prima sui 155, con cui non si va da nessuna parte (anche se questa velocità è per il suo avversario di oggi quasi quella massima).

Il gioco è sempre da junior evoluto, al punto da far nascere questa sorta di dualismo con Matteo Donati che forse ha più lacune ma anche più colpi incisivi per il tennis vero (ha un anno di più di Quinzi, parentesi). Sempre in progressione ma raramente in avanzamento, quasi sempre in cross e con accelerazioni lungolinea, in linea teorica il suo potrebbe essere un gioco da cemento se soltanto fosse più robusto. La difesa attiva, sua grande qualità da junior, ha bisogno di una condizione perfetta. E al di là della struttura fisica (è pur sempre 1,90), il suo andare spesso in affanno è segno che ci sono margini di miglioramento. Difficile imparare a giocare a tennis a 19 anni, mentre sulla resistenza e su lacune specifiche si può lavorare.

L’atteggiamento di Quinzi in campo non è simpatico, da ex ragazzo abituato nelle varie categorie a dominare: fra un ‘Come cazzo rimbalza?’ e un ‘Campo di merda!’, fra contestazioni all’arbitro e pseudo-infortuni, tutto il bagaglio dell’italiano montato (fenomeno peraltro più frequente una volta, quando le aziende del tennis erano italiane e si vedevano mostri di presunzione già a dodici anni) viene tirato fuori. Questo non toglie che da quando andava alle elementari Quinzi, come del resto mille altri, abbia fatto sacrifici personali enormi e la sua famiglia abbia tirato fuori cifre notevoli (di recente abbiamo scritto di Nick Bollettieri, che ha valutato in 150mila dollari il costo di un anno giovanile ambizioso), quindi merita rispetto e di sicuro fiducia visto che ha ancora tre o quattro anni per svoltare ed uscire dall’inferno dei challenger che oltretutto attualmente è un miraggio (a Milano è entrato in tabellone con una wild card).

E la partita con Cipolla? Primo set 6-1 per Quinzi, sul velluto con Cipolla a remare, combattuto il secondo perché Cipolla non ha più avuto problemi nel rispondere, vinto dal 31enne romano per 6-4. Nel terzo crollo psicofisico di Quinzi, colpi da fondo campo sotterrati e nessun cambio tattico, con trionfo di Cipolla 6-1. Conclusione? Il suo tennis difficilmente lo porterà a vincere un torneo dello Slam o un Masters 1000 in quello che molti scout definiscono ‘best-case scenario’, perché troverà qualcuno fisicamente e mentalmente più forte, ma nella zona 30-40 dell’ATP c’è gente che alla sua età nemmeno gli avrebbe preso la targa. Fra tre anni, se non esplode di testa prima, la svolta.

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