Atto di accusa, nascita del thriller italiano

29 Giugno 2015 di Paolo Morati

Atto di accusa

Bello, bello, bello. Finalmente un thriller italiano come si deve. Atto di accusa, diretto da Giacomo Gentilomo, è un film quasi perfetto dalle inquadrature al cast, dall’intreccio al sottofondo sonoro, fino allo splendido bianco e nero che sembra uscito da un’opera della metà del secolo scorso. E in effetti è proprio così. Pellicola del 1950 che non sfigura con i grandi classici internazionali del periodo, Atto di accusa presenta un giovane Marcello Mastroianni (Renato) sugli scudi, innamorato di una giovane donna sposata (Irene, Lea Padovani) e sospetto omicida con un passato dietro il filo spinato. Non mancano i momenti divertenti, la caratterizzazione della vicina testimone (la brava Alda Mangini) stempera la tensione così come il padre scroccone di Irene, mentre il tedesco Karl Ludwig Diehl rende bene la parte dell’avvocato Ruska, anziano marito e vera bussola della storia che si fa trascinare dalla gelosia fino al baratro.

Evitando spoiler non graditi da chi non ha visto il film, possiamo comunque dire che Atto di accusa riunisce diversi elementi di suspense che partono fin dai primi secondi di una storia che sembra in apparenza sentimentale ma che poi rivela trame di sospetto, ricatti apparenti e un nuovo omicidio che complica ulteriormente le cose per il protagonista. Bellissimi i primi piani, usate con buon equilibrio le riprese sghembe, il racconto non manca di una certa malizia in alcuni dettagli, affidata anche ai ragazzi dell’orfanotrofio seguiti da Renato e che osservano quanto li circonda. Poi c’è il classico commissario che intuisce che qualcosa non quadra finendo per risolvere il dilemma.

Atto di accusa, in definitiva, vale la pena vederlo e riscoprirlo considerato che Gentilomo non è ricordato certo come un regista amante dei riflettori, individuare dettagli (Ruska che esce dal parlatorio e si dirige per sbaglio verso le celle… un caso?), sapere da subito il colpevole per poi osservarne le mosse, immedesimarsi nell’innocente e sollevare il proprio spirito mentre il filo logico degli investigatori mette insieme gli indizi e completa il quadro. Con la finzione onirica che rivela la realtà manifesta nello sparo sentito ma non visto, lasciando comunque aperto un ultimo dubbio. Consigliato a chi è stanco di indagini scientifiche, DNA e quant’altro.

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