La medicina di Datome

16 Marzo 2015 di Oscar Eleni

Oscar Eleni fra le volpi rosse di Valsavarenche, chiedendo una foto e un autografo a Stefano Unterthiner, aostano, genio dello zoom che ci è carissimo perchè ha scritto “Le notti dell’orso”. Nel suo Gran Paradiso fra galli forcelli, un meraviglioso ermellino, ci siamo identificati meglio quando nel suo “Sentiero perduto” ha mostrato la solitudine di due camosci. Ecco come ci si sente a frequentare il basket di oggi. Quello che non riconosce e non vuol capire che per essere quello che si sente non può dimenticare come era davvero. Nostalgie fra compleanni nobili, feste dove non tutti sono ammessi, non tutti sono stati invitati o ricordati nella maniera giusta. Anime allo sbando, come direbbe Renzo Bariviera nella sua isola del risentimento dove non è riuscito a mettere insieme i disperati del cesto, campioni che hanno perso tutto, soldi, ma anche famiglie, personaggi per il secondo libro che Lorenzo Sani sta scrivendo, almeno speriamo che lo faccia.

Europa senza cuore per l’italica gente del canestro. Tutti a casa. Resta in pista soltanto Milano che venerdì andrà a trovare l’Obradovic furente di questi giorni e poi, il 3 aprile, conoscerà davvero il suo destino nella seconda trasferta ad Istanbul per affrontare l’Efes di Ivkovic, l’unica volpe rossa che si possa ancora prendere, considerando che il meno 2 dell’andata potrebbe essere ribaltato all’Erdem Dome. Come sta Milano? Come una squadra ancora incerta sulla sua vera natura se le soluzioni al gioco d’attacco sono, quasi sempre, il gusto agrodolce del tiro da 3: 12 su 37 anche contro la Varese che cerca di organizzare almeno le barricate, anche se dietro deve mandare gente recalcitrante, abituata a vedere le cose dalla tana degli ermellini.

Su questa storia del tiro dall’isola dei rifugiati europei, ancora distante dalla piattaforma della NBA, si discute tantissimo. Opionini diverse, allenatori contro. Nella nostalgia delle dinastie cestistiche dominanti noi restiamo sull’idea che una grandissima squadra la ricordi per la sua voglia di correre, di sbranare tutti a rimbalzo, di mangiare le mani con una difesa senza debolezze, senza “prendilo tu che io devo pensare ad altro”. Ecco, l’Emporio dei record nazionali non ci entusiasmerà mai, perché nel “sacrificio” presunto per rendere luminoso il lavoro degli altri si nota sempre una maschera che nasconde la verità. Quale? Be’, quella che si può intuire leggendo le dichiarazioni di tutti, dall’allenatore ai dirigenti.

Giornata velenosa per Caserta, ma senza Domercant le cose non possono andare meglio, né si può pretendere un miracolo dalla fantasia di Esposito che va tutelato perché continui il suo lavoro anche negli anni futuri. Più brutta ancora per Avellino che pur cedendo soltanto nei minuti finali si è trovata nel palaghiaccio, con quello striscione che chiedeva a Vitucci di andarsene. Sembrava che nel tormento del basket campano, guai grossi anche a Napoli, ci fosse uno spiraglio per mettere nella stessa arena i dioscuri di Tanjevic e Marcelletti, cioè Esposito che è già nocchiero nel naufragio casertano, e Nando Gentile che veniva consideato fra i papabili per sostituire l’allenatore veneziano. Non è accaduto. Magari accadrà. Le crisi si risolvono se tutto funziona, se hai i soldi per farle funzionare. Lamentarsi e dare la colpa sempre ad altri non ha mai aiutato nessuno.

Ehi voi che state a terra e guardate la Laguna con un certo distacco, non vi sembra in ripresa Venezia? Certo in ripresa la Reyer del Charlie che qualcuno, dopo aver rinunciato a mandarlo in pista contro Petrucci nelle prossime elezioni federali, ora propone come presidente di Lega dove le cose non vanno così bene come i marchesi del Grillo che ci litigano dentro non sanno più come farsi del male se è vero che fra gli ostili del nuovo accordo con la Federazione c’è chi sta con i piedi in due scarpe e, stranamente, sente sminuita la Lega per non aver avuto il dominio sul settore arbitrale.

Com’era la domanda? Ah sì. Meglio, molto meglio questa Reyer dopo la delusione della coppa Italia, ma, come dice Recalcati, il vero doge, paragonare gli orogranata ai predoni dell’Emporio è una esagerazione pericolosa. Un trucco che non riescono più a vendere neppure i menestrelli televisivi dei vari canali, quelli che se un giocatore fa belle cose è un fenomeno, ha cuore, ma se sbaglia, se esagera, se è pigro, non lo fa per “cattive intenzioni”, ma soltanto perché ha un dolore, la febbre, la dissenteria. Strane visioni nella speranza di avere briciole dalla tavola imbandita per lorsignori, i giocatori meglio pagati, quando invece sarebbe necessario essere autorevoli nella critica perché è l’unica maniera per veder crescere un talento, una squadra, una società.

Non vi impressiona la nuova dimensione di Trento che va a vincere in trasferta anche se Mitchell, il suo “mattatore”, certe volte parlar bene dei giocatori è come sparargli nel cervello, continua a mangiarsi di tutto ? Contro Cremona 2 su 9 da 2 3 su 11 da 3. Eppure hanno vinto. Brutte notizie per Pancotto, migliori per Pianigiani che forse al raduno della speranza avrà il “dubbio” Pascolo adesso che Tiramolla sembra guarito e, finalmente, rieducato al gioco nella categoria superiore. Categoria dove non è mai voluto entrare l’Holllis di Cantù, uno, ma non l’unico dei problemi per Sacripanti nella caccia all’ultimo posto disponibile per i play off.

Ehi gente del Gran Paradiso, vi annunciamo che Danilo Gallinari sta facendo meraviglie per Denver e che, forse, Gigi Datome ha trovato a Boston quello che gli negava Detroit: avere la possibilità di far vedere le sue carte. Avendo un medico di base fanatico di basket era chiaro che fra una puntura e una ricetta il carissimo Max Barbieri che lavora come “doc” da panchina anche per Milano Tre, la squadra di basket del giornalista Pugliese che sul Giorno, ma anche in televisione, racconta Milano e il basket lombardo, ci tirasse nella trappola. Aveva provato in passato quando i “Veterani”, organizzati all’inizio dal Mario Natucci che sembra avere successo con il suo romanzo “Veloce come Vandalo”, sono passati ad una diversa gestione sputandogli in faccia, come capita spesso quando trovi galli e volpi e non valuti la dolcezza dell’ermellino. Non avevamo raccolto il suo grido di dolore. Perché al basket puoi fare bene se la passione ti spinge verso tante esperienze. Non è obbligatorio avere riconoscenza. Comunque sia, ecco cosa si è inventato. Ha scritto a Van Gundy, poi a quello di Detroit, insomma ha mandato a tutti i filmati sul Datome azzurro e in maglia Acea Roma. Gli hanno risposto. Adesso è la Nemesi, la mente vendicativa al posto di Gigi, ogni volta che fa una bella partita. Siamo contenti per tutti e due e sentendo Datome al telefono con Gandini a Sportitalia ci siamo convinti che gli ha fatto bene persino la quarantena americana, sarà più completo per Azzurra.

Non fare il furbo. Citi sempre gli stessi per Pianigiani, Gallo e Gigi, restando sul vago per gli altri. Non certo su Belinelli, se lui non sarà spremuto ci servirà davvero, anche se qui stiamo parlando dei galli per il recinto del piccolo principe senese, il Pianigiani che sa benissimo come andarono le cose quando le gerarchie di Azzurra tenerona non erano ben chiare. Bargnani? Sta andando bene nella New York allo sbando. Per lui un posto è liberissimo. Al centro siamo messi male davvero, fra infortuni e perdite di memoria tecnica. Tutti, soprattutto chi sta fuori, gli dicono che con i quattro NBA ci sarà da divertirsi all’Europeo. Attenti alle trappole. Le squadre diventano tali se hai il coraggio di mettere tutto in chiaro. Subito. Il tarlo dell’agente insoddisfatto, tutti vorrebbero fare i Lotito della situazione, mettere la tuta Italia, fare i consigliori, è il pericolo, doppio se questi mettono in giro la calunnia che stai prendendo in considerazione soprattutto giocatori della scuderia di chi cura i tuoi interessi. Insomma Italia a tutti gli effetti, quella dove mandano in galera per corruzione chi doveva difenderci dalla malattia.

Siamo rimasti davvero folgorati dal “suono” del Pala Rubini a Trieste per una bella partita dei giovanotti di Dalmasson contro la Torino che spesso batte in testa e sfugge e Bechi che non ha tanti affamati, ma molti risentiti, seppure ben pagati, per essere stati giubilati dalla serie A. Il suono di un palazzo senza beceri dai cori ossesionanti ed inutili indica competenza. A Trieste c’era. La sentivi come succede su molti campi di calcio inglesi. Bello  un palazzo dedicato al Principe. A Milano non accadrà. Non vi sembra un sacrilegio? Comunque sia questo Tonut nato da lombi nobili del grande Lulù che faceva impazzire tifosi, ma anche allenatori, potenziale cento, sviluppo del potenziale a metà, ci stuzzica. Ha qualcosa più di suo padre: non è convinto che tutto sia dovuto al talento naturale.

Nella telecronaca SKY, il cielo che potrebbe ritrovare anche la serie A perduta per spocchia e cattiva informazione interna, abbiamo riascoltato volentieri il professor Piccin che era spalla preziosa per allenatori dal sangue caldo come Tanjevic, oltre al Trigari ormai collaudato. A proposito, quasi tutti quelli nati nel vivaio bogarelliano di Sportitalia, prima della catastrofe e del fallimento, hanno ritrovato un posto di lavoro. Lo tengano presente anche i dirigenti di questo basket. Se la semina è buona i frutti nascono, pazienza se poi a goderseli saranno altri.

Via con le pagelle che fanno dovertire le nostre volpi e scappare gli adorati camosci.

10 A Paolo VITTORI, per il Garbosi di Pasqua, al Francesco MARTINI presidente del comitato regonale laziale per il trofeo delle regioni under 14 e 15 intitolato a Cesare Rubini. Pensate che coppia il veneziano e il triestino. Fantastici anche quando erano nemici, o finti tali. Il Rico Garbosi vinse il suo primo scudetto da allenatore nella maschile, il primo per Varese, lasciando Rubini seduto in panchina, fra gente ululante alla palestra dei pompieri, prima che i pretoriani Gamba e Pagani, sigaretta in bocca come l’allenatore, facessero aprire quel mare ostile.

9 A Gigi DATOME per essersi almeno ripreso una parte della sua vita. Poca roba, ma almeno ha fatto contento il Max Barbieri, medico, chirurgo, appassionato di basket che pe difenderlo è andato a tampinare il mondo NBA, prima gli allenatori, ma vedrete che troverà altri intelocutori sullo spazio di Facebook.

8 A TRIESTE dove il basket resta religione, anche senza tanti quattrini. Se la femminile è in fondo alla classifica, i ragazzi della serie Gold stanno andando bene e poi quesi 4.600 in tribuna ci dicono che la gente si affeziona se mandi in campo gente affamata, non cicisbei mercenari, e il fatto che ci siano più italiani può anche aiutare, ma è l’atmosfera del gruppo e l’americano al centro del gioco di Dalmasson sembra uno di nato su quel mare.

7 Al LOGAN detto sentenza che toglie molto spesso Sassari dalla riva tempestosa per portarla dove stanno bene gli uomini di Sacchetti. Giocatori come lui insegnano a vivere, a pensare in maniera positiva. Magari non fanno sempre bene, ma è nelle giornate di crisi che vedi il loro vissuto. Non vogliono sentirsi al centro del tutto, ma essere sempre importanti per poter espirmere tutto, insieme agli altri.

6 Ad Aldo OSSOLA per i suoi settant’anni vissuti senza girare troppo intorno ai ricordi: odiava Milano, gli succede ancora; era il “bronza coverta” che scatenava tutte le “ punizioni” nelle trasferte varesine fingendo di non c’entrare nulla, se lo lasci fare ci prova anche adesso; nel paragonare passato e presente non ha mai usato giri di parole: “Sono bravissimi, ma mi sembrano tutti saltimbanchi”.

5 Al PAOLINI che sta facendo un capolavoro per la salvezza della prima Pesaro senza Scavolini perché ha spiegato il controverso successo di Capo d’Orlando con una frase che piace ad allenatori fumosi, non a gente come lui che in palestra lavora davvero: “A fine primo tempo ci siamo parlati e tutto è cambiato”. No, continui a fingere di essere arrivato per caso fra certi finti maghi del minuto contemplativo, a noi piace tantissimo da come si è messo a suonare dal primo giorno. Un Rossini meno aggressivo, ma efficace. Uno che sa dipingere e dare armonia.

4 A DANIEL HACKETT, che ha distribuito caramelle per tutti i voraci dell’Emporio contro Varese, se dovesse pentirsi di questa scelta che sembra la più importante in una carriera dove si sente dalla parte di quelli meno gratificati, di quelli che pensano di valere la NBA anche se la propongono ad altri. Quando arrivò a Milano dopo il bel lavoro senese il campo si allargò davvero. Poi tornò a stringersi. Lui è uomo per comandare la barricata, dare i tempi giusti. Esiste gloria per sempre se fai questo. Milano ha onorato D’Antoni non per i suoi tiri, ma per come faceva giocare gli altri. Milano ricorderà per sempre Pieri perché da mattatore d’area accettò di essere l’allenatore in campo del Rubini che lo obbligò a mille andate e ritorno sul campo scaricando la palla il più in fretta possibile.

3 Alla LEGA disossata dove qualcuno sta fomentando la rivolta per non aver ottenuto dalla Federazione la gestione degli arbitri. Certo è una comica sapere che fra i più accaniti ci sono quelli che giurano di collaborare con Petrucci.

2 Ai giocatori come il Jeff BROOKS di Sassari perché accettano di stare nell’ombra quando avrebbero tutto il diritto di far sapere che è soltanto con gente come loro che puoi costruire delle grandi squadre. Con la sua malattia Sassari ha pagato il massimo, dal suo ritorno è rifiorito il concetto che la difesa fa vincere anche se è l’attacco a far vendere. Questi uomini andrebbero tutelati, tenuti da chi li ha visti per primo, invece la loro umiltà li fa spesso uscire dalla scena. Beati gli allenatori che hanno società dove ognuno fa quello che deve, senza invasioni, evitando che facciano le valigie i buoni e restino a servizio cattivi.

1 Al REPLAY che spesso tormenta le società dove non funziona, ma che ha mandato all’inferno Capo d’Orlando nel finale contro Pesaro. Sapevamo che sarebbe diventato anche questo moderno strumento per decisioni fondamentali nei finali di gara un oggetto odiato nel paese della doppia fila, mi fermo un momentino, scusi se scavalco, ho fretta. Non ci piace la regolarità. Preferiamo l’anarchico inseguimento del capro espiatorio.

0 All’ EUROPA che ha sbattuto in faccia tutte le porte al basket rappresentato dalle società italiane piene di stranieri e anche al povero Trinchieri tedesco. Ora ci resta soltanto Milano aggrappata ad un filo. Certo è la coppa più prestigiosa, ma per il resto sberle a tutti e rabbia postuma come quella del presidente di Brindisi che ha scoperto di avere in tribuna meno gente di quella che regolarmente va a vedere Trieste in serie Gold e Treviso in serie D. A proposito, dicono che un colosso come De Longhi resisterà se ci saranno obiettivi importanti, altrimenti addio. Ora sapendo di Roma, pregando ogni giorno per vecchi proprietari, ci auguriamo che Pillastrini, come del resto Bechi a Torino, si renda conto di avere in mano bombe a tempo che potrebbero scoppiare nelle mani di società che rivogliamo al vertice. Una grande responsabilità.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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